9 febbraio 1941, 80 anni fa, a Tivoli nasce Antonio Ciacci, in arte, Little Tony. Non solo un grande cantante – tra i volti simbolo dei favolosi anni Sessanta e, insieme a Celentano, il pioniere del rock in Italia – ma anche un formidabile attore che tra il 1960 e il 1970 ha preso parte da protaognista a ben 19 film, i celeberrimi “musicarelli” ovvero quelle commedie sentimentali, interpretate da cantanti di successo che, durante la storia, interpretavano parte del proprio repertorio e, come ultimo pezzo, sul finale la canzone principale che dava il titolo alla pellicola. I musicarelli erano figli di un’Italia spensierata, che stava vivendo il boom. La vita e l’arte di Little Tony, “il ragazzo col ciuffo”, è stata raccontata in Grande Tony. Little Tony. Storia Matta di un Cuore Rock, un bellissimo volume che vi consigliamo, scritto da Mario Galeotti e pubblicato da Arcana. Un libro, che colma un’evidente lacuna nel mercato editoriale italiano e che racconta “il ragazzo col ciuffo” attraverso le parole di chi lo ha conosciuto e lo ha amato. Una nuova biografia che ha l’ambizione di delineare finalmente un profilo giusto e veritiero del Grande Tony.
Intervista a Mario Galeotti
Per meglio indagare e conoscere la “carriera cinematografica” del grande Little Tony ho quindi deciso di intervistare l’autore del libro, Mario Galeotti.
Little Tony non è stato soltanto un cantante (probabilmente il primo grande simbolo della musica rock in Italia), ma anche un bravissimo attore. Negli anni ’60 prese parte a venti film, appartenenti al genere dei “musicarelli”. Come si può definire, in quel decennio, la carriera cinematografica di Little Tony?
Quella del Little Tony attore fu una carriera di grande successo. I cosiddetti “musicarelli” incassavano molto al botteghino. La critica, invece, li stroncava. Bisogna dire, in effetti, che non si trattava di capolavori. Quei film si reggevano soprattutto sulle canzoni che il cantante protagonista aveva in quel momento in classifica e sulla presenza di grandi caratteristi del cinema italiano che, con la loro verve e professionalità, tenevano in piedi la pellicola: pensiamo al grande Mario Carotenuto, a Pietro De Vico, Franco e Ciccio, Raimondo Vianello, Ferruccio Amendola, Renzo Montagnani, Nino Taranto. Per quanto riguarda i cantanti che nel corso degli anni Sessanta furono chiamati a interpretare questi film, molti (ma per rispetto non faccio nomi, lascio all’immaginazione del lettore) si dimostravano alquanto impacciati davanti alla macchina da presa. Little Tony, al contrario, era uno dei pochi che se la cavava molto bene, appariva disinvolto: evidentemente la sua esperienza di ospite musicale fisso alla TV inglese alla fine degli anni Cinquanta gli era stata molto utile.
In uno di questi film – “Un gangster venuto da Brooklyn” (1966, di Emimmo Salvi) – Little Tony, oltre ad avere un ruolo da protagonista, si ritrovò a finanziare il film durante le riprese. Ci può raccontare come andò?
E’ un aneddoto molto curioso, che Little Tony stesso ha raccontato nel suo libro autobiografico Immagini Della Mia Vita. Dopo aver preso parte, nella prima metà degli anni Sessanta, a una serie di film corali al fianco di molti altri protagonisti della musica leggera italiana dell’epoca (Mina, Tony Dallara, Peppino Di Capri, Edoardo Vianello, per citarne alcuni), quello di Un Gangster Venuto da Brooklyn, coproduzione italo-spagnola, fu il suo primo vero ruolo da protagonista. Interpretava il gestore di un nightclub. Si trattò di un’opportunità importante, ma la produzione era un po’ sgangherata. Nel progetto figuravano Raniero Di Giovanbattista, che partecipò anche alla stesura della sceneggiatura, e due società di nome C. C. Astro e Cine Radi. Ad un certo punto i produttori, evidentemente in difficoltà, chiesero a Tony un contributo economico per poter continuare le riprese e portare a termine il film. Lui, un po’ perplesso, acconsentì. Oltre a non percepire un soldo, dovette rimetterci di tasca propria ma non fu affatto un’intuizione sbagliata, perché quel primo ruolo da protagonista lo lanciò anche in ambito cinematografico e nella seconda metà del decennio fu una presenza costante sul grande schermo (ricordiamo Peggio Per Me… Meglio Per Te, Cuore Matto… Matto Da Legare, Donne, Botte e Bersaglieri, Zum Zum Zum, Vacanze Sulla Costa Smeralda).
Il regista Ruggero Deodato nel suo libro dichiara: “Little Tony non aveva nessuna formazione come attore ma era talmente sicuro di sé… e poi lui non recitava, era semplicemente Tony, il Grande Tony. Era spontaneo”. Anche lo storico doppiatore Massimo Turci disse che Tony aveva una bella voce che non necessitava di doppiaggio. Perché, pur avendo indiscusse doti da attori, Little Tony ha limitato la sua parentesi cinematografica tra il ’60 e il ’70?
In effetti, la sua spontaneità e la sua innata predisposizione avrebbero potuto anche consentirgli di intraprendere una carriera di attore più lunga e duratura, in generi diversi (ricordiamoci che il genere “musicarello” è tramontato all’inizio degli anni Settanta). E’ ritornato al cinema solo sporadicamente, in tempi più recenti. Bisogna innanzitutto tener presente che, finita l’epoca d’oro degli anni Sessanta, Little Tony si trovò ad affrontare una fase critica della sua carriera, dovuta principalmente al nascente fenomeno del cantautorato e ai nuovi gusti del pubblico. La sua popolarità, è importante sottolinearlo, non è mai venuta meno, ma con le nuove mode la sua presenza sul mercato discografico cominciò seriamente a diradarsi e fu costretto a esibirsi anche i feste di piazza (cosa che peraltro non ha mai rinnegato, perché amava il contatto diretto col pubblico). Probabilmente avrebbe avuto anche difficoltà a ritagliarsi un suo nuovo spazio nel cinema italiano. Nell’ipotesi, invece, che registi e produttori avessero continuato a offrirgli ruoli cinematografici, penso però che la sua immagine sarebbe rimasta rinchiusa nel cliché del “ragazzo col ciuffo”, come nei film musicarelli, e che quindi la sua carriera di attore avrebbe avuto evidenti limiti. Ad esempio non si sarebbe mai sognato di rinunciare al proprio look per un ruolo drammatico, di farsi crescere la barba, di tagliarsi i capelli o peggio ancora, in età più avanzata, di lasciarsi i capelli bianchi.
Le trame dei musicarelli che lo videro protagonista, ricordano le pellicole con Elvis. Più volte Little Tony è stato accostato a Presley, eppure questa analogia/parallelismo, non gli rende giustizia o sembra essere troppo riduttivo nel descrivere la sua storia artistica. Giusto?
Giustissimo. Non mi stancherò mai dirlo. Parlare di Little Tony semplicemente come di un imitatore di Elvis è troppo riduttivo, non gli rende giustizia. Tony era sempre stato un grande fan di Elvis Presley fin da ragazzino, da quando il fratello Enrico gli aveva portato a casa i primi dischi provenienti dall’America. La sua ammirazione per Elvis era quasi maniacale e negli anni Settanta ne ha riproposto l’iconografia tremendamente kitsch, con i pantaloni a zampa, i cinturoni, le tute sgargianti, copiando anche le sue movenze sul palco. Molti critici e osservatori del costume lo presero in giro per questo. Ma sul piano musicale aveva un suo stile ben definito e vocalmente aveva un modo di cantare completamente diverso. Si è ispirato a Elvis per quello che Elvis rappresentava nel mondo del rock ‘n’ roll, ma lo stile era del solo e unico Little Tony: sia che cantasse i brani di Elvis, quelli di altri artisti o le canzoni che lo avevano reso famoso come Cuore Matto e Riderà.
Tra gli anni ’80 e ’90 Little Tony ha preso parte a rinomate commedie, sempre nella parte di se stesso. Tra i titoli spicca senza dubbio L’Odore Della Notte di Claudio Caligari. Ce ne può parlare?
Nel film L’Odore Della Notte Little Tony recita nel ruolo di se stesso. E’ un film drammatico con Valerio Mastandrea, uscito nelle sale italiane nel settembre del 1998, liberamente tratto dal romanzo Le Notti di Arancia Meccanica di Dido Sacchettoni. Tony è costretto con la forza, da un gruppo di rapinatori della periferia romana, a intonare Cuore Matto. Gli dice, in romanesco, il personaggio interpretato da Marco Giallini: «Ah Tony, non ci siamo capiti. Mi devi fare anche il basso. Ah Tony, non mi deludere! Vai Tony! Du du du du du du du du…». E’ un ruolo drammatico, l’unico della sua carriera. In effetti, se Little Tony avesse trovato altri registi in grado di valorizzarlo, forse avrebbe potuto fare tante altre belle cose al cinema, anche senza rinunciare al ciuffo.
A partire dal nuovo millennio, oltre alle sue ultime apparizioni, un discorso a parte merita Sud Side Stori di Roberta Torre. Little Tony “sfida” a livello canoro Mario Merola. Che film fu quello? Perché va ricordato?
Sud Side Story, uscito nel settembre del 2000, è un film decisamente singolare, che secondo me non è stato capito. Si tratta di una rivisitazione musicale e palermitana di Romeo e Giulietta, ambientata ai giorni nostri nel capoluogo siciliano. I ruoli sono invertiti. C’è Toni Giulietto, uno sgangherato cantante di piazza il cui idolo è Little Tony, e c’è Romea, una ragazza nigeriana appena giunta dall’Africa e avviata alla prostituzione. Little Tony appare ripetutamente a Giulietto per dargli preziosi consigli su come conquistare la ragazza. Mario Merola invece, nel ruolo di Re Vulcano, è il simbolo della tradizione musicale melodica. La sequenza cult del film è proprio quella del duello canoro tra i due artisti. Il carismatico Merola emerge da un cratere e, circondato dai suoi seguaci (i “merolini”), canta Carcerato, la canzone che aveva dato il titolo anche a un celebre film diretto da Alfonso Brescia nel 1981 con Mario Merola protagonista. Mentre Little Tony, vestito alla Elvis, con tanto di mantello e il ciuffo ossigenato, si scatena con una versione rivisitata di uno dei suoi cavalli di battaglia: Il Ragazzo Col Ciuffo. Dopo uno scontro all’ultima nota, Little Tony si congeda dicendo al rivale: “sei fortunato, mi stanno aspettando sulla strada di Memphis, citando una canzone country da lui incisa nell’album Se Io Fossi Nato in Texas. Una sequenza memorabile, divertentissima, e come ha raccontato la regista Roberta Torre, la querelle tra i due continuava scherzosamente anche fuori dal set.
Cuore Matto – che Pedro Almodovar incluse nella colonna sonora del film La Mala Educacion (2004) – è ancora oggi la prima canzone che ci viene in mente quando ripensiamo a lui. Oggi, a 80 dalla sua nascita, qual è il tuo pensiero per lui? Come credi che sia giusto ricordarlo e celebrarlo?
Io penso innanzitutto che bisognasse avere di lui una maggiore considerazione quando ancora era in vita. Little Tony è stato sottovalutato, soprattutto dalla critica più snob. E questo non è giusto, perché insieme a Celentano ha portato il rock ‘n’ roll in Italia negli anni Cinquanta. E’ stato un pioniere e ancora oggi tanti artisti italiani gli devono molto. All’indomani della sua scomparsa tutti lo hanno pubblicamente celebrato, seguendo la fastidiosa abitudine delle riabilitazioni postume. Ma in vita non è sempre stato così. Sarebbe bello vederlo festeggiare i suoi 80 anni in televisione, mentre canta Cuore Matto ospite di qualche show in prima serata. Purtroppo non è possibile. Ci ha lasciati prematuramente nel 2013. L’amore dei suoi numerosissimi fans è ancora vivo, ma a mio avviso bisognerebbe ricordarlo più spesso con iniziative che abbiano anche un impatto mediatico, e senza gelosie professionali! Mi spiego. Io, a mio modo e per quanto mi è stato possibile, ho contribuito scrivendo un libro edito da Arcana, Grande Tony. Little Tony, Storia Matta di un Cuore Rock, uscito alla fine del 2018. E’ un libro che ripercorre tutta la sua carriera, anche gli aspetti meno noti, e include interviste inedite ad amici e personaggi della cultura e dello spettacolo. Ma soprattutto è un personale e sincero omaggio a un artista che ho sempre amato, fin da bambino, e che ho avuto modo di applaudire dal vivo in più di un’occasione. Non ci crederai, ma sono stato criticato per questo. Forse ha dato fastidio il fatto che un perfetto sconosciuto come me, che vive in un paesino della Liguria, se ne sia uscito di soppiatto con questo libro, anziché lasciare che se ne occupassero i soliti esperti di cose musicali che stanno a Roma. Polemiche a parte, sono contento di quello che ho fatto e per il futuro ho in mente di scrivere un altro libro sul Grande Tony!
Intervista di Giacomo Aricò