Arriva oggi al cinema Mademoiselle C, il documentario firmato dal regista Fabien Constant incentrato sulla figura di Carine Roitfeld, considerata una delle più importanti icone della moda. Un progetto realizzato da Black Dynamite Films, Tarkovspop, Elle Driver e Mars Films che vede nel 2011 la Roitfeld abbandonare dopo dieci anni la direzione di Vogue Paris per intraprendere un viaggio verso quello che lei stessa definisce “la libertà”: creare una nuova rivista di moda che porta il suo nome, CR Fashion Book.
Desiderio principale per Constant era quello di filmare la creazione di una rivista, osservando come si svolgono le riunioni, da dove ricavano le idee, chi decide cosa, chi stabilisce la collocazione delle inserzioni e così via: “attraverso la porta che mi apriva sulla sua vita ho mostrato il mondo della moda nella sua globalità. Ma più che altro nel giro di pochissimo tempo mi sono reso conto che stavo tratteggiando il ritratto di una donna, per il semplice motivo che non esiste un confine tra la vita professionale e la vita privata di Carine. Nella sua quotidianità ogni cosa si mescola”.
Per il regista Carine Roitfeld “è sempre stata l’icona assoluta della moda. Un profumo impalpabile, una fantasia della pura essenza della moda. Ha mosso i primi passi negli anni ’80, un’epoca in cui tutto era possibile e gli inserzionisti avevano meno potere. Insieme a Tom Ford e Mario Testino, ha fatto dei servizi fotografici folli e ha modificato il volto della moda segnando un intero decennio e creando negli anni ’90 il «porno chic» (che lei chiama «erotico chic»). Da allora, tutti si sono precipitati nella breccia”. Dopo 30 anni di carriera per il regista la Roitfeld continua ad essere un punto di riferimento “in un ambiente in cui le persone vengono prese, spremute e buttate via. Lei è una persona generosa, semplice, accessibile, l’esatto contrario della vedova nera misteriosa e sensualmente arrogante che si vede sui mezzi di informazione. Volevo mostrare cosa ci fosse dietro quella armatura”.
Sul formato del suo film spiega: “la mia principale definizione del lavoro documentaristico è lasciare entrare la vita. Ci sono diverse sequenze in cui seguo concretamente l’azione correndo dietro a Carine, standole alle calcagna”. Il documentario presenta diverse testimonianze e interviste alternate alle immagini live che illustrano il contenuto del discorso: “la sfida è stata fare un film senza voce fuori campo benché la voce narrante sia spesso di conforto per il pubblico. Volevo che lo spettatore si lasciasse guidare dalla storia e pescasse quello che voleva nelle immagini. Non volevo fare un film biografico su Carine”.
La colonna sonora del film è ritenuta “essenziale” da Constant: “la musica è parte integrante della narrazione, ho scelto i «The shoes» non solo perché sono un fan del gruppo, ma anche perchè la loro musica va in tutte le direzioni e non è etichettabile, come del resto la loro immagine”.
Nel film compaiono anche Karl Lagerfeld e Tom Ford che hanno avuto un approccio opposto: “Karl ama i mezzi di comunicazione e li accetta consapevolmente mentre Tom è stato più difficile da convincere. Lui vuole avere il controllo totale della sua immagine ed è consapevole di quello che una macchina da presa può sottrargli. All’inizio non voleva essere filmato per cui è stato necessario ammansirlo. Alla fine ho gli ho proposto di narrare in voce fuori campo il suo fiabesco racconto, filo conduttore della sua sessione fotografica. L’idea lo ha entusiasmato ed è così che è nato questo piccolo film nel film”.
Su un possibile confronto con l’altro documentario The September Issue su Anna Wintour, Constant afferma: “Il mio film è la sua esatta antitesi nella misura in cui Carine è quasi la copia in negativo di Anna Wintour: è istintiva piuttosto che calcolatrice, espansiva e accessibile piuttosto che fredda e distante. Carine ama alzarsi la mattina per andare a fare delle fotografie mentre Anna Wintour è una brillante e intelligente donna politica, che si muove in un ambito meno creativo”.
Ma da dove è nata l’idea del titolo? “Carine è una donna d’immagine, ossessionata dal dettaglio e credo che non sia mai riuscita a dimenticare completamente la presenza della videocamera. È uno dei motivi per cui ho intitolato il film Mademoiselle C. spiega Constant. Io la chiamo signorina anche perché non è sposata. Ma oltre a questo, amo il riferimento a Coco Chanel che ha conosciuto il grande successo molto tardi, a 70 anni passati, dopo essersi temporaneamente ritirata dalla vita pubblica. Amo soprattutto il sapore deferente dell’appellativo «Mademoiselle» che in Francia viene utilizzato per le attrici di teatro e che conferisce loro lo statuto di attrici cinematografiche”.
La moda è ovviamente al centro del documentario: “il film rischia di sorprendere un bel numero di persone che immagina la moda come un universo fatto di isterismi e crisi di nervi. Carine non perde mai la calma. Non so se dipenda dal suo temperamento o dalla sua educazione, ma si assume sempre le sue responsabilità e non divide con nessuno un certo tipo di emozioni. A mio parere, la scena che la definisce meglio è quella in cui, durante una lezione di danza, si esercita nella spaccata e dice «fa un male cane, ma non bisogna darlo a vedere». È questa la sua visione della moda, della donna, della bellezza. Non bisogna mostrare i tormenti interiori”.
“Carine ha sempre avuto un approccio alla fotografia di moda molto più all’antica e consiste nell’inventare una storia, un universo, una fantasia”
Fabien Constant