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Massimo Ivan Falsetta ricorda la stagione delle radio libere nel docu-film Onde Road

La radio, e più precisamente il tema delle radio libere, sarà al centro di Onde Road, l’interessante film di Massimo Ivan Falsetta che uscirà al cinema giovedì 26 marzo. Una docu-fiction con protagonisti alcuni personaggi radiofonici: Federico l’Olandese Volante, Awanagana, Fabrice Quagliotti, Battaglia e Miseferi, Paolo Pasquali, Barbara Cambrea, Francesca Zavettieri.

Awanagana, speaker storico di Radio Montecarlo, con un atto terroristico ma romantico blocca tutte le frequenze delle radio moderne. Una fantomatica speaker (Francesca Zavettieri), nascosta chissà dove in Calabria, inonda l’etere con trasmissioni di repertorio nazionali degli anni settanta e ottanta. Federico l’Olandese Volante, capo della censura futuribile (un corpo speciale dei servizi segreti), non può tollerare un simile affronto e invia l’agente Barbara Bi (Barbara Cambrea) a setacciare la Calabria, alla ricerca della misteriosa speaker e anche di se stessa.

Un viaggio di sola andata nel favoloso mondo delle radio libere, in cui capiterà di tutto e ascolteremo di tutto (rigorosamente contenuti originali), tra balli, risate, incontri ravvicinati con alieni (Fabrice Quagliotti dei Rockets) e un finale persino oltreoceano, a New York.

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Massimo Ivan Falsetta, che ha scritto e diretto il film, ricorda la stagione delle radio libere: “chiunque abbia vissuto quel periodo non può che commuoversi nel ricordo di quello che è stato uno squarcio storico di autentica libertà. Una generazione che ha sognato di conquistare il mondo: con pochissimi soldi, raccattando attrezzature e rintanandosi in locali di fortuna, era possibile mettere in piedi una radio, liberarsi nel vuoto, far viaggiare la propria voce per chilometri e chilometri, o semplicemente “coprire” il proprio paese a partire da sotto casa”.

In pochi anni, a cavallo tra il 1975 e il 1980, tutte le frequenze disponibili, almeno nelle grandi città, vennero occupate da decine di radio libere. Per Falsetta erano “pirati che solcavano i mari” nel periodo in cui si andava conquistando l’etere a discapito dei monopoli delle reti pubbliche nazionali, poco attente alle nuove mode e ai nuovi generi musicali.

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Le voci – spiega il regista – erano quanto meno improbabili: un popolo di speaker improvvisati, disc-jockey/fruttivendoli, intrattenitori/meccanici e una valanga di musica libera, fatta perlopiù con i dischi che si avevano in casa, in barba al copyright. In molte di quelle piccole realtà si producevano programmi spesso geniali, fatti non solo di dediche, come si è portati erroneamente a pensare, ma caratterizzati da inchieste, intrattenimento, informazione, sport, spettacolo, denuncia sociale”.

Lo scopo di questo film è rivivere quel periodo, come spunto di riflessione sugli attuali mezzi di comunicazione, dalle moderne radio (e web radio) ai social network. Un modo per riflettere sulla libertà d’espressione oggi, e sulle nuove generazioni.

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Sebbene sia un docufilm, Onde Road ha una parte di finzione molto ben delineata. Falsetta spiega: “da entrambi i lati, realtà e finzione, ho però inserito e utilizzato elementi precisi e puntuali, con lo scopo di ricostruire la nascita del fenomeno e il contesto sociale in cui si è sviluppato. Ogni singolo indizio, utile a svelare il finale, è reale e non inventato”.

Se da una parte i contenuti documentaristici sono frutto di una preparazione e una ricerca durata mesi, dall’altra l’improvvisazione è una peculiarità presente in tutta la lavorazione del film, al fine di rendere il più veritiera possibile la narrazione: “poche risorse ma tanta indipendenza e verità, per un film girato seguendo proprio i cardini delle radio libere. Tutti i personaggi sono stati scelti con attenzione e ognuna delle interviste è “colta” dal vivo, senza una preparazione a tavolino. Il tutto amalgamato da un linguaggio fresco e giovane, che si rivolge tanto ai nostalgici dell’epoca quanto alle nuove generazioni, con la premessa che tutto può accadere”.

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Sempre in bilico tra realtà e finzione, nel film si gioca molto sul rapporto speaker/indiziato: nelle parole e nei racconti degli speaker, infatti, ci sono tutti gli indizi per scoprire dove è nascosta la fantomatica “voce clandestina”. Tutti gli indiziati sono stati scelti mediante interviste faccia a faccia e telefoniche: Falsetta ha infatti passato in rassegna tutte le loro storie, tra migliaia di storie di radio libere.

Ma il centro nevralgico del film è la Calabria, “terra allo stato brado, regione dove il tempo sembra non passare mai”. È proprio in questa terra che videro la luce le prime radio libere del sud Italia. Un’esperienza che seguiva quella dei “baracchini”, strumento di comunicazione adottato dai camionisti e dalla polizia. Centinaia di amatori si divertivano a inserirsi e a comunicare tra queste frequenze. “Le radio libere, per chi viveva in questi luoghi, sono state l’unico momento di libertà vissuto lontano da ogni condizionamento socio-culturale o mafioso. La Calabria è una terra che vuole apparire senza mostrare, purtroppo. Non a caso serba nel suo ventre primati infelici, come una tra le mafie più sanguinarie, una comunità massonica molto forte e persino uno dei poli principali della magia nera”.

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La radio libera è stata dunque una salvezza: “la parte sana, quella fatta da padri di famiglia che sgobbano, quella solidale e accogliente – la maggioranza del popolo calabrese –, appena si è paventata l’opportunità di far sentire la propria voce, si è liberata, contro tutto e tutti, con grande orgoglio ma anche con leggerezza d’animo, ilarità, creatività. Migliaia di radio sono sorte proprio per questo, per dare voce a chi voce non ne aveva, cavalcando una moda che arrivava da oltreoceano, modello, allora, di democrazia. Una grande parentesi di riscatto per un popolo e per una terra quasi sempre dimenticata, considerata ingiustamente fanalino di coda” ha concluso l’autore del film.

 «Amo la radio perché arriva dalla gente / entra nelle case e ci parla direttamente se una radio è libera ma libera veramente / piace ancor di più perché libera la mente»

Eugenio Finardi – La Radio

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