Oggi verrà presentato in Concorso al 34° Torino Film Festival uno spaccato della borgata romana di oggi, con tutte le sue contraddizioni, raccontato da chi ci è sempre vissuto: Ab Urbe Coacta. Diretto dall’esordiente Mauro Ruvolo, questo documentario racconta l’incontro/scontro tra culture ed etnie diverse che genera disprezzo ma anche fascinazione.
La storia è quella di Mauro Bonanni, detto Barella, ossidato e cinico sfasciacarrozze romano, cresciuto tra il quartiere Certosa e Torpignattara, dove da anni gestisce un’autodemolizione, crocevia di personaggi tipici della periferia romana. Barella è un uomo di strada, viene dalla povertà delle baracche e, come molti, vive con disagio la presenza degli immigrati, che hanno “invaso” il quartiere dove è nato e ha vissuto gli anni difficili ma spensierati della giovinezza.
Un razzismo contradditorio il suo, che alterna atteggiamenti aggressivi a momenti di umanità e attrazione per quelle terre e culture lontane, in cui vede l’unica via d’uscita da una vita sempre più squallida e desolata. Il racconto, infatti, supera i confini della periferia romana spostandosi in Africa, dove al grigiore urbano si sostituiscono colori e nuove possibilità: l’incontro con quel luogo, con quel popolo “diverso” ma così simile a lui, lo aiuta a ritrovare la propria umanità e l’amore per la vita.
Ab Urbe Coacta è un “one-man-project” nel senso che Mauro Ruvolo ha curato personalmente riprese, montaggio e musiche: “è stato senza dubbio una profonda esperienza di vita, prima che un film – racconta il regista – e la grande maggioranza delle scene sono ‘documenti’ che non hanno avuto bisogno di messa in scena”. E con un amore per la tipicità romana di impronta genuinamente neorealista, Ruvolo dichiara che uno dei motori trainanti del suo lavoro è “proprio la necessità di documentare una romanità che sta scomparendo e che troppo poco è stata raccontata nelle sale cinematografiche”.