Dalla mente visionaria di Ari Aster, giovedì 25 luglio arriva al cinema Midsommar – Il Villaggio Dei Dannati, una fiaba cinematografica impregnata di terrore, in cui un mondo fatto di oscurità prende vita in pieno giorno.
Il film
Dani e Christian (Florence Pugh e Jack Reynor) sono una giovane coppia americana con una relazione in crisi. Dopo che una tragedia familiare si è abbattuta sulla vita di Dani, solo il dolore li tiene insieme. È lì che Dani decide di unirsi a Christian e ai suoi amici in un viaggio che ha come meta un festival estivo in un remoto villaggio svedese, Hårga. Ciò che inizia come una spensierata avventura estiva nella terra della luce eterna, prende una svolta sinistra quando gli abitanti del villaggio invitano i loro ospiti a partecipare alle festività che rendono quel paradiso pastorale sempre più snervante e incredibilmente inquietante.
Una fiaba oscura e visionaria
Con lo stesso background horror del suo acclamato debutto alla regia, Hereditary, in Midsommar Aster spinge il genere in direzioni nuove e imprevedibili. Un’avventura apocalittica su larga scala – Aster e il suo team creativo costruiscono un mondo affascinante e unico interamente da zero, con una propria lingua, una storia, mitologia e tradizioni. Il secondo lungometraggio di Aster è una fiaba oscura e visionaria che è tanto stimolante quanto visceralmente inquietante. Aster esamina una vasta gamma di idee – dalla fedeltà personale alle influenze sociali sulle eredità culturali – confermandosi un cineasta di rara ricchezza e profondità, il cui lavoro trascende il genere e diventa un’esperienza unica.
Fine di una relazione
Come Hereditary, che era un dramma familiare camuffato da film horror (basato sulle esperienze personali di Aster che esploravano il dolore e il trauma), Midsommar divenne un’opportunità per esplorare la fine di una relazione attraverso l’occhio di una fiaba contorta, ancora una volta radicata nell’esperienza personale: “l’immagine iniziale che ha catalizzato Midsommar implicava il rogo sacrificale di un tempio – spiega Ari Aster – mi sono emozionato all’idea di inserire il film in un nuovo scenario, dando una svolta operistica a quella sorta di finale catartico che si vede di solito nei film, sai, quando la protagonista abbandonata brucia la scatola contenente tutti gli oggetti raccolti nel corso della relazione da cui si è finalmente liberata“.
Alla scoperta del folklore svedese
Aster è volato in Svezia per visitare i musei del folklore, le hälsingegårds (fattorie) del profondo nord, intervistando esperti del settore e studiando meticolosamente le usanze tribali svedesi. “Abbiamo cercato di capire come vivevano le persone nelle comunità scandinave rurali e religiose, da 500 anni fa fino ai giorni nostri – afferma il regista – abbiamo esaminato gli elementi naturali: come la gente si prendeva cura della natura, comprese le piante e gli animali, così come gli elementi strutturali e l’arte che li circondavano, compresi i dipinti murali. La cultura è molto forte da queste parti, volevamo avere un’idea di come comunicassero, il che avveniva più spesso attraverso la musica“.
Un nuovo regno
Fin dalla sua nascita, Aster non aveva immaginato Midsommar come film horror – vedeva il progetto piuttosto come un’epopea avventurosa che si svolgeva in uno strano mondo ermetico: “quando gli americani entrano in questo paesaggio, arrivano in un nuovo regno – racconta Aster – ci siamo avvicinati a questo come un antropologo si avvicinerebbe a Candy Land: come possiamo creare questo posto completamente nuovo, in modo che i personaggi possano davvero viverci dentro? Ciò che per noi era fondamentale era creare un mondo che il pubblico potesse vivere e comprendere visceralmente – così che alla fine, anche se questa tribù rimane un mistero, viene comunque definita in modo complesso“.
L’indottrinamento e il potere femminile
Fiaba oscura su una donna in lutto che si trasforma, in un paesaggio di antichi rituali pagani – Midsommar è incentrato sull’indottrinamento graduale di Dani mentre si allontana da Christian e dal tumulto del suo passato, verso una nuova vita in una nuova famiglia, all’interno di una tribù lontana e una cultura distintamente matriarcale. Il film inizia in un mondo maschile (mentre Christian e i suoi compagni competono per il successo professionale facendo battute volgari sulle donne delle loro vite, inclusa Dani), ma nel mondo di Hårga, la storia diventa sempre più dominata dalle donne, culminando in un rito di fertilità che è tra le immagini cinematografiche più potenti degli ultimi tempi, una presa di potere da parte delle donne in un periodo storico in cui gli uomini tentano ancora di controllare i loro corpi. “C’è equilibrio tra uomini e donne a Hårga, ma le donne hanno chiaramente più potere – spiega Aster – alcuni dei ragazzi del film sono stupidi, ma non ho deciso di fare una polemica sulla mascolinità tossica. Detto questo, alla fine si rivela una storia di empowerment femminile, anche se agrodolce e non perfettamente delineata. Dani acquista potere, ma non del tutto“.
Le idee velenose già radicate in noi
In Midsommar, i veri cattivi non sono gli abitanti del villaggio, che stanno semplicemente recitando rituali che hanno recitato per secoli, ma piuttosto le loro idee, i loro valori e i loro costumi, che trovano una nuova casa in Dani mentre la storia raggiunge il suo climax. Che Dani venga trasformata da queste tradizioni antiquate è ciò che porta al film il suo unico potere e terrore: non possiamo capire le idee velenose che circolano nel mondo a meno che non siano già radicate dentro di noi. Una volta che mettono le radici, potrebbe essere troppo tardi.