“Intimo e sentimentale”: con questi aggettivi Stefano Di Polito ha definito Mirafiori Lunapark il film da lui diretto, da ieri al cinema, che intende omaggiare la generazione di operai della Fiat Mirafiori. Protagonista il trio composto da: Alessandro Haber (foto copertina), Antonio Catania e Giorgio Colangeli.
A Mirafiori, sede storica dei primi stabilimenti della Fiat e simbolo delle lotte operaie degli anni Settanta, è tempo di riqualificazione: una vecchia fabbrica abbandonata sta per essere abbattuta per fare spazio al vicino campo da golf. Ma Carlo, Franco e Delfino, che nel capannone hanno speso buona parte della loro vita, non sono disposti a uscire di scena senza fare un ultimo tentativo per ripopolare il quartiere e riavvicinare figli e nipoti.
Il film, la cui realizzazione è stata lenta e faticosa, è diventato nel tempo “sempre più grande e più urgente per ognuno di noi” spiega il regista. La corsa per renderlo possibile è stata alimentata “da un desiderio più grande e più giusto della mia realizzazione personale: volevo ricordare un’epoca di lotte e coraggio e ringraziare per l’insegnamento chi attraverso il lavoro e la fatica ci ha garantito un futuro felice”.
“Ora viviamo in un periodo di forte crisi – continua Di Polito – e mi auguro che a sostenere il messaggio del film si uniscano anche gli spettatori per fare in modo che diventi per ognuno di noi un omaggio al proprio universo in pericolo e un tentativo di custodirne i valori”.
Durante i sopralluoghi, la troupe cercava una fabbrica che avesse ancora la catena di montaggio per poter allestire facilmente un lunapark: “abbiamo trovato solo fabbriche vuote, prive di ogni macchinario produttivo, persino quelle ancora presidiate da operai in sciopero. Allora è stata chiara la funzione del nostro lunapark. Riempire uno spazio fisico per colmare un vuoto emotivo”. Il regista sottolinea con amarezza che “accanto alla rimozione delle catene di montaggio, si è verificata una rimozione generale del “tema operaio” sparito lentamente dall’agenda dei media e dal dibattito culturale”.
Il film non intende suggerire una nuova ricetta economica ma vuole soffermarsi sul dovere di raccogliere l’eredità immateriale delle fabbriche: “Mirafiori è il luogo del più grande stabilimento industriale italiano, dell’immigrazione dal Sud, dei sogni di riscatto realizzati attraverso il boom economico, della migliore istruzione possibile per i figli, dell’emancipazione, degli scontri politici e dei diritti conquistati. Le fabbriche sono la memoria di un’epoca. Prima di cancellare i segni del passato abbiamo bisogno di assicurarci un futuro meno vuoto e di ricostruire un rapporto più intimo, sincero e sentimentale con ciò che siamo stati” conclude Stefano Di Polito.
“L’arte deve tornare a riempire le fabbriche per rievocare con emozione e partecipazione quei valori che hanno reso grande la storia del nostro paese e permesso di realizzare i sogni della maggioranza delle famiglie italiane. Esempi ed insegnamenti da cui ripartire con forza e senso del domani”
Stefano Di Polito