Dopo essere stato presentato con successo in numerosi festival internazionali, tra cui il Sundance Film Festival e il Torino Film Festival (dove ha vinto il Premio Fipresci), giovedì 24 ottobre arriva al cinema Miserere, una black comedy diretta dal regista greco Babis Makridis. La pellicola racconta la storia di un uomo con cui il mondo non è abbastanza crudele. Per questo è felice solamente quando si sente infelice: un avvocato di successo, dipendente a tal punto dalla pietà da sentire il bisogno profondo di evocarla negli altri. Ad ogni costo.
Il film
Un uomo di circa 45 anni, l’Avvocato (Yannis Drakopoulos), vive col figlio adolescente in una bella villetta. E’ in salute, ha un volto affabile, buone maniere, una bella presenza. I suoi capelli sono ben curati e tagliati. Tuttavia, sua moglie (Evi Saoulidou), in seguito ad un incidente, è ricoverata in un ospedale privato, ed è in coma. La tristezza causata da questa situazione è diventata il principale, quasi vitale elemento della sua esistenza, avendogli donato una sensazione di piacere che è diventato dipendenza. Grazie al suo dolore, improvvisamente tutti dimostrano compassione nei suoi confronti: la vicina gli porta spesso una torta fatta in casa, il proprietario della sua lavanderia gli fa lo sconto, perfino quella segretaria che conosce appena trova il modo di condividere un momento di emozione con lui. La sua vita non è mai andata meglio di adesso, che è triste e compatito.
Poi, un giorno, la moglie si risveglia dal coma. Il ritorno a casa della donna cambia radicalmente la sua routine quotidiana, fatta di compatimento e dolore. La tristezza viene subito rimpiazzata dalla gioia: ma l’Avvocato è sopraffatto dal desiderio di tornare a quello stato precedente di depressione. Comincia ad inventarsi ogni maniera possibile per attrarre quella pietà che aveva cominciato a piacergli così tanto. All’inizio, prova ad annientare qualunque barlume di felicità gli arrivi, ma via via quello che sembrava un piano studiato gli sfugge di mano, e comincia a perdere il controllo di se stesso.
Babis Makridis
Lasciamo spazio ad un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Babis Makridis.
Anche se il soggetto è serio, “Miserere ” è anche sorprendentemente divertente. E’ qualcosa che avevi previsto?
Che posso dire – sono un tipo divertente. Ciò che dico sempre è che la sceneggiatura è un work in progress. Quando lavori a qualcosa per un po’ di anni, cambi anche tu come persona. Cominci a buttarci dentro nuove idee, quindi fino al risultato finale qualcosa può cambiare. Ma con Efthimis Filippou (co-sceneggiatore ndr) volevamo che lo script fosse intinto di humor, perché, ai nostri occhi, ogni film è una commedia. Quindi, questo è stato esattamente ciò che abbiamo comunicato ai nostri collaboratori. Mi piacerebbe pensare che “Miserere” abbia qualcosa di Jacques Tati. Io sono un suo grande fan, e mentre giravo, me lo sentivo sempre vicino, che mi dava dei consigli. Stessa cosa per Buster Keaton: ha influenzato in misura equivalente i miei lavori precedenti.
Buster Keaton era noto per il suo volto impassibile. Il tuo protagonista, l’Avvocato, è proprio così, è veramente difficile capire cosa stia succedendo nella sua testa.
Mi piacciono i personaggi misteriosi, perché forzano lo spettatore a fare uno sforzo per provare a capire cosa sta succedendo. E’ questa la bellezza del cinema: tutti possono interpretarlo alla propria maniera. Mi piace uscire dalla porta pensando a ciò che ho appena visto: se te lo dimentichi in 5 minuti, si tratta di un brutto film. Per come la vedo io, i film dovrebbero solo porre domande, non dare risposte. Per il resto, è lavoro di Hollywood.
Con questo film volevi dimostrare che, per qualcuno, il dolore può facilmente trasformarsi in piacere.
Quando ero giovane, ti faceva sentire bene ascoltare una canzone malinconica a qualche festa. Anche solo per attirare qualche ragazza preoccupata che ti si avvicina e ti chiede: “Tutto bene?”. Magari è così che ci si procurano le ragazze [ride ndr]. Non è qualcosa che ci piaccia ma come esseri umani, ci divertiamo a suscitare pietà negli altri, come se fossimo il centro dell’universo. Detto questo, credo ci siano due tipi di pietà: la prima si verifica quando vedi un senzatetto per strada, e gli dai qualche soldo per sentirti meglio. Tu, non lui. Il secondo tipo è quello che ho voluto esplorare nel film: si tratta di quella pietà che cerchiamo di suscitare negli altri, e fin dove siamo disposti ad arrivare per ottenerla.
Nel film, molto spesso sentiamo il protagonista prima di poterlo vedere. Si può sentire piangere in sottofondo, mentre ti focalizzi invece sulle palme, sul mare. Perché?
Quando vedi un bellissimo paesaggio e poi senti qualcuno piangere, la bellezza di quel paesaggio finisce per corrompersi. E’ estate, tutto è piacevole, e l’Avvocato ha un’incantevole casa vicino al mare. Tutto attorno a lui è bellissimo. Ma lui non vuole bellezza, lui vuole distruzione.
Gli piace essere triste. E’ geloso della tristezza degli altri. Questa è anche la ragione per cui abbiamo deciso di fargli fare il mestiere dell’avvocato, e non un musicista, o un insegnante. Si tratta di un mestiere basato sulla commiserazione: quello che cerchi di fare è far provare alla gente dispiacere per il tuo cliente.
E’ per questo che hai deciso di includere una scena in cui parla del celebre film strappalacrime di Franco Zeffirelli, Il Campione.
Si è trattato di un’idea di Efthimis, ed ho solo pensato che fosse molto divertente. Il Campione è un film così commovente, chiunque piange vedendolo. Quindi calzava perfettamente: perché lui sente veramente, veramente il bisogno di piangere. Questa scena è veramente importante – svela molto del film. E’ un punto di svolta, perché è in quel momento che realizzi che gli manca veramente essere triste. Se Il Campione uscisse improvvisamente di nuovo al cinema, lui sarebbe lì, a pagare il biglietto ogni giorno: a guardarlo di continuo e farsi uscire le lacrime. Quindi, credo che Miserere sia, alla fine, un film ottimista. Lo capisci vedendone la fine [ride ndr].