Ambientato nella lussuosa “french riviera” dei primi anni ’70 e diretta da Nicolas Benamou, giovedì 30 giugno nelle nostre sale arriverà Mistero a Saint Tropez, un’originale slapstick comedy francese con un cast all-star composto da Benoît Poelvoorde, Christian Clavier, Gérard Depardieu, Thierry Lhermitte e Rossy De Palma.
Il film
Francia, 1970, dopo la Swinging London è il momento del yéyé. Non si sottraggono alla moda il miliardario Claude Croissant (Benoit Poelvoorde) e la moglie Eliane (Virginie Hocq), che come ogni anno organizzano nella loro sontuosa villa in Costa Azzurra una festa che è l’evento per eccellenza per il jet set. Ma qualcuno ha messo nel mirino la coppia e Croissant si rivolge all’amico ministro Jacques Chirac per chiedergli che sia il migliore poliziotto di Parigi a indagare sul caso. Purtroppo, l’unico disponibile è il Commissario Botta (Christian Clavier), quasi in pensione e con un curriculum disastroso. Ma nella bollente estate di Saint-Tropez, anche i suoi improbabili metodi potrebbero funzionare.
Nicolas Benamou
Lasciamo spazio ad un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Nicolas Benamou.
Il film è ambientato nei primi anni ‘70, un periodo ottimista e spensierato di cui abbiamo una disperata nostalgia ultimamente. Ma è una nostalgia che fa bene!
Il tono ottimista del film stride con ciò che abbiamo passato, specie in quest’ultimo anno. Nei dialoghi, nei costumi, nella scenografia e così via affiora una libertà ormai scomparsa. Da cineasta ho avuto la sensazione di stare davvero facendo cinema. La proposta creativa del progetto è di una ricchezza che si riscontra raramente nel cinema odierno, devo ammetterlo. In alcuni film (non tutti, per fortuna) trovo che ci sia la tendenza a fare le cose in maniera sbrigativa optando per trame semplicistiche. Ma in questo film niente è semplicistico, anzi.
Mistero a Saint-Tropez è una commedia slapstick che si svolge sullo sfondo di un poliziesco. Quali sono state le regole da seguire in questo caso?
E tutta questione di trovare la giusta misura. La commedia e il poliziesco devono trovare un equilibrio per evitare che uno prenda il sopravvento. E questo si rispecchia nel copione perché, in ogni singola scena, bisognava chiedersi quale fosse il tono giusto per la trama. Abbiamo dovuto architettare una vera strategia di battaglia per dare alle riprese il giusto ritmo, proprio come in un’orchestra. Io ho iniziato il mio percorso cinematografico nella musica, lavoravo molto a orecchio. Per me ogni scena ha la sua musica, che sia ricca di suspense, ad atmosfera comica o, addirittura, horror. Prendete il film Halloween, toglietegli il suono e farà molta meno paura! Quindi ci sono molto lavoro e molta preparazione dietro, niente cade dal cielo e Christian Clavier era attento a tutto proprio come me.
Avevate dei punti di riferimento?
Certamente, ci siamo divertiti a guardare i film di Blake Edwards come la serie de La Pantera Rosa con Peter Sellers o The Party. Ma fai bene a parlare di “punti di riferimento”: non volevamo copiare e preservare lo spirito dei film di Christian Clavier e Jean-Marie Poiré. Ci siamo immersi in questi codici per poi liberarcene. Riguardando La Pantera Rosa oggi, risulterà fuori di testa come un tempo, ma anche un po’ lento. Volevamo chiaramente fare un film moderno, perché, d’altronde, ora il ritmo e il taglio delle scene è cambiato considerevolmente. E, infatti, anche l’approccio di Christian stesso, la persona che mi ha voluto alla regia del film, rispecchia questo approccio.
Passiamo agli attori, partendo dalla coppia di punta del film: Christian Clavier (l’ispettore Bottà) e Benoit Poelvoorde (il miliardario produttore di birra Croissant). Come si dirigono due mostri sacri della commedia come loro?
È importante prendere in considerazione la loro esperienza, innanzitutto per rispetto. Poi c’è la necessità di dirigerli. Credo che lasciando agli attori carta bianca, per quanto siano fenomenali, si faccia loro un disservizio. Se accade, spesso, poi, ce lo rinfacciano! E questo è il rapporto che abbiamo avuto sul set, a cui si va ad aggiungere la fiducia che Christian riponeva in me. Ci fanno ridere le stesse cose e questo ci ha reso più uniti. Con Benoit avevamo un’intesa formidabile. Eravamo entrambi al servizio del film per natura e non viceversa. Sul set vedevo ogni giorno la loro voglia di divertirsi, tra di loro e con gli altri. È stato importante non limitarli su questo fronte, ma, in quanto regista, non dovevo nemmeno perdere di vista l’obiettivo! Dirigere un attore significa questo: mostrargli la direzione. Christian e Benoit si sono messi nelle mie mani, mi hanno lasciato fare e so di non averli delusi. Ho anche notato che, per quanto l’esperienza fosse piacevole, erano sempre un po’ agitati. Come disse Confucio: “L’esperienza illumina solo il cammino già percorso”. Ed è con questa innocenza che loro due hanno affrontato il film. Benoit non vedeva l’ora di trovarsi di fronte a un colosso della commedia come Christian, il quale contrasta l’ansia da palcoscenico con una preparazione mostruosa. Sono stati entrambi molto gentili l’uno con l’altro, volevano entrambi divertirsi pur sapendo bene che tutto andava inquadrato in un certo modo. Questo è stato il mio compito! Ma attenzione, ciò non ha impedito loro di pensare fuori dagli schemi. Ad esempio, durante le prove della scena in cui l’ispettore Bottà legge le lettere di minaccia indirizzate a Eliane, Christian ha notato che la poltrona su cui doveva sedersi era molto scomoda. La cosa si è evoluta in uno sketch in cui scivola piano piano fino a ritrovarsi per terra! Ho voluto preservarlo e ci abbiamo costruito la scena attorno.