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Monolith, anche la tecnologia più avanzata è inferiore alla mente umana

Lo scorso agosto 2017, usciva al cinema Monolith, il film diretto da Ivan Silvestrini con protagonista una donna che si trova ad affrontare una sfida impossibile dispersa nel nulla.

Sandra (Katrina Bowden) resta chiusa fuori dalla sua Monolith, la macchina più sicura al mondo, costruita per proteggere i propri cari da qualsiasi minaccia. Suo figlio David è rimasto al suo interno, ha solo due anni e non può liberarsi da solo. Intorno a loro il deserto, per miglia e miglia. Sandra deve liberare il suo bambino, deve trovare il modo di aprire quella corazza di acciaio, ed è pronta a tutto, anche a mettere a rischio la sua stessa vita.

Il calar della notte porterà il buio, il sorgere del sole trasformerà l’automobile in una fornace. Sandra ha poco tempo a disposizione e questa volta può contare solo sulle proprie forze. Sperduta nel nulla, con possibilità di riuscita praticamente nulle, alla mercé di animali feroci e senz’acqua. Il coraggio di una madre riuscirà ad avere la meglio sulla Monolith?

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Monolith, secondo le parole del regista Ivan Silvestrini, “è una storia che indaga sul nostro rapporto con una tecnologia iperprotettiva, che si sostituisce sempre più a noi nelle nostre scelte”. Il film ci mostra un futuro prossimo popolato da paradossi sorprendenti e improvvisi rovesciamenti di ruoli e situazioni. Il primo e forse più vistoso è dato dal fatto di come il prodotto tecnologicamente più avanzato ed efficiente per la sicurezza delle persone possa, al contrario, trasformarsi in uno strumento di morte per un bambino innocente. L’autovettura perfetta per la protezione del uomini, frutto dello studio più approfondito ed intelligente dei tecnici umani, non avrà fatto i conti con l’imprevedibile e stupefacente stupidità umana (una donna! Tanto per omologare l’attuale difficoltà per una vera parità di genere) che riesce a vanificare la perfezione tecnologica.

Ma sarà invece un lampo geniale della stessa protagonista femminile, a rovesciare di nuovo la situazione a proprio favore, dimostrando come la tecnologia anche più avanzata e sofisticata non sia, in realtà, né perfetta, né invincibile ma subordinata e soggetta al primato dell’intelligenza umana capace di fantasia e guizzi creativi ben superiori a qualsiasi macchina. È anche la rivincita della donna che il regista, ravvedendosi, ha voluto riscattare dal primo ingresso nelle vicende del film imperdonabilmente sventato. Il secondo conseguente paradosso è dato di conseguenza dalla seconda trasformazione della “macchina” da strumento di morte a mezzo di salvezza sia della protagonista (prima regina dell’idiozia e poi eroina geniale) che del suo bambino.

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Monolith è un film sulla scienza, i suoi limiti e i suoi pregi, ma anche sull’uomo e sulla donna con i propri soliti difetti e qualità. Un avvertimento e un monito per noi verso un futuro che forse è ormai iniziato da tempo anche senza che noi ce ne fossimo accorti.

Folco Twice

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