Dopo il debutto alla scorsa edizione della Settimana della Critica a Venezia e dopo il premio FESCAAAL (Miglior Film Sezione Extr’a) vinto al 31° Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina, giovedì 19 maggio inizierà il tour cinematografico di Mother Lode, il film documentario diretto da Matteo Tortone che ci fa entrare nel mondo delle miniere in modo molto intimo, senza superbia, pena o giudizi. Filmando la storia di un ragazzo che combatte contro forze superiori alle proprie, il regista racconta una storia che riflette un fenomeno contemporaneo decisamente attuale.
Il documentario
Jorge lascia la sua famiglia e il lavoro di mototaxi nei sobborghi di Lima per cercare fortuna nella miniera più elevata e più pericolosa delle Ande Peruviane. Isolata su un ghiacciaio, La Rinconada, è “la città più vicina al cielo”. Qui arrivano ogni anno migliaia di lavoratori stagionali attratti dalla possibilità di far fortuna e nella speranza di una vita migliore. Da qui Jorge inizia un viaggio fatto di premonizioni, dove la realtà e l’immaginazione si legano indissolubilmente e dove il mito della ricchezza viene costruito sul sacrificio: occasionalmente dei giovani minatori scompaiono, perché l’oro appartiene al Diavolo, El Tio de la Mina reclama sacrifici.
Il mondo delle miniere
Mother Lode è una storia capace di parlare dei meccanismi e dei giochi che una parte del mondo utilizza a discapito dell’altra. Oltre a restituire una visione intima e ravvicinata delle persone e delle pratiche scoperte in quel luogo, Matteo Tortone gira lo specchio verso di noi, suggerendo che il nostro mondo contribuisce alla creazione di questo inferno. Il contesto del film presenta un mondo di cui le persone sognano spesso – il Perù, le Ande, i ghiacciai – ma al contrario quello che vediamo è il terrificante sottostrato delle miniere, fatto di persone scomparse e di un diavolo che rimane lì, in silenzio ad osservare.
Matteo Tortone racconta…
“L’idea del film è nata in un villaggio di minatori, nella parte nord della Tanzania. Ero attratto dall’aspetto metafisico dell’oro, controcampo delle implicazioni macroeconomiche del mercato dell’oro. La Rinconada mi è sembrata il posto perfetto per raccontare la corsa all’oro contemporanea: una città di minatori situata a 5.300 metri d’altezza sulle Ande, una destinazione che attira masse di uomini a causa della crisi economica globale. Ho iniziato a cercare e a tessere una rete di persone locali ed esperti con l’aiuto di Andrea Balice, un lavoratore NGO con una grande esperienza in Perù. Poi, Ladoyosca Romero, un mediatore culturale che ha speso anni in diplomazia per far sì che raggiungere e girare ne La Rinconada fosse possibile e sicuro. Feliciano Meja, un poeta che per anni ha lavorato costruendo librerie e insegnando ai ragazzi fuori dalle scuole, nei sobborghi di Lima e nei villaggi delle Ande, mi ha presentato Jose Luis Nazario Campos, l’attore principale del film. Aveva 19 anni allora ma aveva lavorato nelle miniere saltuariamente sin da quando ne aveva 13. All’improvviso, mi dice che la prima cosa che aveva imparato era stata: l’oro appartiene al diavolo”.
“Tramite lui, sono riuscito ad entrare nel mondo delle miniere peruviane, a conoscere come funziona e a comprendere il potere dell’universo mitopoietico che ne governa le dinamiche, così tanto che diventa impossibile distinguere cosa è leggenda da cosa è reale. Partendo dal sacrificio umano “Pagacho”, un rituale molto diffuso e conosciuto da tutti ma allo stesso tempo non dimostrabile. Questa dimensione, apparentemente così distante dalla mia vita quotidiana è gradualmente diventata sempre più familiare: una metafora della relazione tra uomini e ricchezza”.
“Cercando di rappresentare il processo cognitivo che José aveva vissuto entrando nelle miniere, abbiamo sviluppato una favola moderna, al confine tra realtà e finzione, un viaggio d’iniziazione e allo stesso tempo un romanzo di formazione impossibile. Una moderna e tradizionale favola dove il sogno collide e si unisce al mondo materiale, perché la storia di Jose è al contempo storia di uomini e donne che attraverso i secoli hanno dato il loro contributo alla nostra ricchezza, morendo anonimamente e ritornando alla terra”.