Tratto dall’omonimo romanzo di Francesco Caringella, martedì 30 aprile arriva al cinema Non Sono Un Assassino, l’intricato thriller diretto da Andrea Zaccariello interpretato da Riccardo Scamarcio, Alessio Boni, Edoardo Pesce e Claudia Gerini.
Il film
Il vice questore Francesco Prencipe (Riccardo Scamarcio) esce di casa per raggiungere il suo migliore amico, il giudice Giovanni Mastropaolo (Alessio Boni), che non vede da quasi due anni. Due ore di macchina per un colloquio di poche parole. Una domanda. Una risposta. Quella stessa mattina il giudice viene trovato morto, freddato da un colpo di pistola alla testa. Francesco è l’ultimo ad averlo visto. Solo sue le impronte nella casa. Solo suo il tempo per uccidere. A interrogarlo e accusarlo una PM (Claudia Gerini) che conosce il suo passato, a difenderlo l’avvocato amico di una vita (Edoardo Pesce). Nell’attesa che lo separa dal processo, le immagini del passato di Francesco si accavallano incoerenti nel disperato tentativo di arrivare al vero assassino. E alla verità di una vita intera.
Dal romanzo al cinema: Paolo Rossi e Andrea Zaccariello raccontano…
“Quando la pagina scritta è sposa fedele di una confessione in prima persona, il romanzo diventa quasi sempre una specie di “diario”. Il viaggio nel sottosuolo del protagonista del bellissimo romanzo di Francesco Caringella è esattamente questo: il diario interiore di un uomo affascinante e capace ma tutt’altro che perfetto, accusato dell’omicidio del suo migliore amico, un giudice integerrimo e sensibile con cui aveva condiviso tutto. E di come l’uomo, che sa di essere innocente, si difende strenuamente da quell’infame accusa“.
“Il cinema lavora per immagini e le parole vanno tradotte sempre e solo per scene. In fondo anche i dialoghi sono servitori dell’immagine, così come la musica. Dunque, non era facile tradurre sullo schermo la felice scelta dell’autore. Paradossalmente la soluzione è nata proprio da quella scelta. Abbiamo deciso di afferrare il filo di Arianna della coscienza del protagonista e incamminarci fino in fondo al labirinto della sua esistenza e della sua psiche. Insomma, abbiamo accettato la sfida di Francesco Caringella, diciamo così, esasperandola. Il protagonista del film non si limita a “raccontarci” la storia tra lui e l’amico assassinato, ma si spinge all’estremo. All’adolescenza e alla prima gioventù, per esempio, ricostruendo tutta la sua “educazione sentimentale”; alle speranze dei trent’anni, agli amori, ai tradimenti, agli obiettivi, alle ambizioni. Per arrivare alla maturità dei cinquanta con le sue inevitabili rese dei conti“.
“Con questa intenzione abbiamo anche sviluppato il personaggio di Giorgio, l’avvocato difensore che avrebbe formato con gli altri due, il trio di amici per la vita. E per questo, entrando nelle loro vite fin da giovanissimi, abbiamo voluto svelare i fatti che avrebbero determinato le scelte di tutta la loro esistenza. L’aver deciso di entrare in questo “labirinto” ha determinato un percorso creativo e narrativo in fondo simile al labirinto stesso. Rispetto al romanzo abbiamo cercato di trovare per ogni personaggio “la strada” di un approfondimento drammaturgico, quindi anche della possibile motivazione per uccidere il giudice e far ricadere la colpa sull’imputato. Persino il meccanismo legal, nel labirinto in cui ci siamo avventurati, ha trovato nuove strade: come un misterioso patto di sangue tra i tre adolescenti che sarà svelato solo nel finale“.
“Forse, quindi, da inossidabile legal il romanzo è diventato sullo schermo, pur rimanendo solidamente ancorato al meccanismo thriller, una sorta di melò ricco di colpi di scena. Comunque, una storia profondamente umana. Potremmo definirlo un racconto di formazione al contrario. Cioè, una lenta destrutturazione di tutti gli elementi narrativi per arrivare a un “dunque” che, per noi e speriamo anche per chi vedrà il film, è decisamente importante: non solo l’individuazione del colpevole, ma soprattutto dei “perché” e dei “come” quel colpevole ha agito. E di come questi “perché” e questi “come” rappresentino uno degli aspetti più drammatici della modernità che oggi circonda, o forse addirittura ispira, le vite di noi tutti“.
Parola al regista…
“Molti film hanno trattato l’argomento processuale, moltissimi il tema della giustizia. Vorremmo cercare di raccontare come la chiave di ogni giustizia risieda, non nella legge, ma nello spirito più intimo dell’uomo. La vicenda diventa quindi un’investigazione che va al di là del thriller, esplorando il modo in cui l’animo umano è stato irrimediabilmente modificato, oggi come mai prima. Ed evidenziando come coscienza e volontà siano state stravolte dalle invisibili pulsioni dell’ego“.
“Vittime dell’ambizione di riuscire a trovare un senso, una “giustizia” interiore che qualifichi le loro vite, i personaggi del racconto divengono parte di una tragedia greca al contrario: laddove gli dei muovevano a loro piacimento le vite degli uomini conducendoli verso un destino senza uscita, qui sono gli uomini che scavalcano gli dei – rinchiusi in un’etica ormai surclassata dalla modernità – e si rivelano figure involontariamente aliene, mosse da quello che, pur apparendo anche a loro stessi come incontrovertibile opera del fato, è soltanto diventato un diverso modo di scegliere“.