Di quanto dolore, di quanta vita sono fatte le esistenze delle persone in Medio Oriente? Girato nel corso di tre anni sui confini fra Iraq, Kurdistan, Siria e Libano, oggi in Concorso alla 77esima Mostra del Cinema di Venezia verrà presentato Notturno, il documentario di Gianfranco Rosi che racconta la quotidianità che sta dietro la tragedia continua di guerre civili, dittature feroci, invasioni e ingerenze straniere, sino all’apocalisse omicida dell’ISIS. Notturno, dal 9 settembre al cinema, è un film di luce sul buio delle guerre, un viaggio nel dolore e nella vita del Medio Oriente che canta l’umanità profonda del reale.
Il film
Un dramma umano che trascende le divisioni geografiche e il tempo dei calendari; illumina, attraverso incontri e immagini, la quotidianità che sta dietro la tragedia continua di guerre civili, dittature feroci, invasioni e ingerenze straniere, sino all’apocalisse omicida dell’ISIS. Storie diverse, alle quali la narrazione conferisce un’unità che va al di là dei confini. La guerra non appare direttamente: la sentiamo nei canti luttuosi delle madri, nei balbettii di bambini feriti per sempre, nella messinscena dell’insensatezza della politica recitata dai pazienti di un istituto psichiatrico. Un cantore di strada intona le lodi dell’Altissimo. Un bracconiere fra i canneti e i pozzi di petrolio. La grazia delle guerrigliere peshmerga. I terroristi dello Stato Islamico in carcere. L’angoscia di una madre yazida per la figlia prigioniera. Alì, adolescente, che fatica per portare il pane ai suoi fratelli. Tutt’intorno, e dentro le coscienze, segni di violenza e distruzione: ma in primo piano c’è l’umanità che si ridesta ogni giorno da un notturno che pare infinito. Notturno è un film di luce dai materiali oscuri della storia.
Gianfranco Rosi racconta…
“In Medio Oriente, durante le riprese del film, ho incontrato le persone che vivono nelle zone di guerra. Ho voluto raccontare le storie, i personaggi, oltre il conflitto. Sono rimasto lontano dalla linea del fronte, ma sono andato là dove le persone tentano di ricucire le loro esistenze. Nei luoghi in cui ho filmato giunge l’eco della guerra, se ne sente la presenza opprimente, quel peso tanto gravoso da impedire di proiettarsi nel futuro. Ho cercato di raccontare la quotidianità di chi vive lungo il confine che separa la vita dall’inferno”.