È Ida di Pawel Pawlikowski il Miglior Film Straniero premiato con l’Oscar. Una pellicola in bianco e nero che è stata candidata anche per la Miglior Fotografia, firmata da Lukasz Zal e Ryszard Lenczewski.
Già vincitore di cinque European Film Awards, del premio Fipresci a Toronto e del premio come Miglior Film al Festival di Londra, Ida è ambientato nella Polonia del 1962 e racconta la storia di Anna (Agata Trzebuchowska), una giovane orfana cresciuta tra le mura del convento dove sta per farsi suora, che poco prima di prendere i voti apprende di avere una parente ancora in vita, Wanda (Agata Kulesza), la sorella di sua madre. L’incontro tra le due donne segna l’inizio di un viaggio alla scoperta l’una dell’altra, ma anche dei segreti del loro passato.
Anna scopre infatti di essere ebrea: il suo vero nome è Ida, e la rivelazione sulle sue origini la spinge a cercare le proprie radici e ad affrontare la verità sulla sua famiglia, insieme alla zia. All’apparenza diversissime, Ida e Wanda impareranno a conoscersi e forse a comprendersi: alla fine del viaggio, Ida si troverà a scegliere tra la religione che l’ha salvata durante l’occupazione nazista e la sua ritrovata identità nel mondo al di fuori del convento.
“Volevo stare alla larga dalla solita retorica che caratterizza il cinema polacco – spiega Pawlikowski – in Ida la Polonia è mostrata attraverso gli occhi di una ‘outsider’, filtrata dalla memoria e dalle emozioni personali, dai suoni e dalle immagini dell’infanzia”.
C’è infatti molto dell’infanzia del regista nella genesi del film: “Ida ha origini molteplici e le più interessanti probabilmente non sono del tutto consce. Diciamo che provengo da una famiglia piena di misteri e di contraddizioni e ho vissuto in varie forme di esilio per gran parte della mia vita. I temi dell’identità, della famiglia, dei legami di sangue, della fede, del senso di appartenenza e della storia sono sempre stati presenti nella mia vita”.
L’attrice Agata Trzebuchowska ha provato a spiegare chi sono per lei Anna e Ida: “Anna è una suora, un’orfana che non sa nulla delle sue origini. Ha trascorso tutta la vita in un convento e la sola cosa di cui le importa è la sua fede: l’unica vita che conosce è quella monastica. Non ho mai considerato Ida una persona distinta da Anna: per me è più che altro un punto di riferimento che mi permette di guardarmi da una prospettiva diversa. Forse Ida rappresenta la persona che avrei potuto essere, la vita che avrei potuto avere. Ida non mi permette solo di assaporare il mondo “reale”, pieno di agonia e di estasi, ma anche di trovare conferma o mettere alla prova la decisione che alla fine prenderò”.
«Ida è un film sull’identità, la famiglia, la fede, il senso di colpa, il socialismo e la musica. È un film sulla storia ma non è un film storico, è un film con una morale ma senza lezioni da impartire: volevo raccontare una storia in cui “ciascuno ha le sue ragioni”, una storia più vicina alla poesia che alla prosa”.
Pawel Pawlikowksi