Mercoledì 1° giugno alle ore 19:00 presso lo spazio SCENA di Roma sarà proiettato Percepire l’Invisibile, il documentario diretto da Tino Franco. Il film è tratto da un’esperienza congiunta tra utenti del Centro Diurno di via Antonino di Giorgio a Roma (ASL Roma 1), i loro terapeuti e professionisti del cinema. Il tema su cui si sviluppa il lavoro, durato due anni e realizzato in tempo di lockdown, è quello dell’Invisibilità, riferito alle fragilità dell’essere umano causate dalla marginalità, non considerazione e assenza di lavoro all’interno della società. Ispirata a Franco Basaglia sul concetto di gruppo alla pari, il documentario rappresenta un contributo “unicum” al sociale nella cura della collettività.
Il gruppo di autogestione, formato dai partecipanti del Laboratorio di Cinema del Centro Diurno Stefania Ammirati, Giulio Arca, Gabriele Carchedi, Elpidio Esposto Gasparetti, Anna Maria Giacomelli, Alessandro Giacopetti, Angela Grassano, Marco Raponi, Vincenza Diana Ruffino, Francesco Scardigno, Marco Tonna, Paolo Zanolli, Pietro Salemme, James Franco, Giacomo Bucolo e Lorenzo Ielapi, dagli attori Tony Martone, Daria Neverova, Guglielmo Favilla, Daniele Coscarella, dal regista Tino Franco e dal tutor Matteo Martone (scrittore, docente ed editor per Rai Fiction), nasce da un’esperienza decennale sul cinema realizzata nel Centro Diurno che, grazie all’incontro con l’associazione culturale Nel Blu Studios e la casa di produzione Space Off, ha incontrato una valida opportunità, nel totale rispetto dei protocolli di sicurezza, per realizzare un documentario dall’intrinseco valore etico e inclusivo.
Dopo aver portato avanti insieme agli operatori, nel corso degli anni, un laboratorio di Cineforum con uscite al cinema e commenti scritti sul blog del Centro Diurno, negli “utenti” è infatti maturato il desiderio di cimentarsi nella scrittura di una sceneggiatura per rappresentare una propria storia che ha trovato un’espressione ideale nel corso di sceneggiatura tenuto da Tino Franco e Matteo Martone, durante il quale è stato prodotto il corto originale e, successivamente, nel 2021, il docufilm Percepire l’Invisibile.
“L’esperienza di scrivere e girare con gli utenti della ASL – racconta Tino Franco – è stata l’occasione per mostrare la vita e la creatività delle persone che normalmente non vediamo o peggio non vogliamo vedere perché le consideriamo una minaccia per la comunità, dal momento che, tra tutte, la disabilità quella mentale è quella che fa più paura. Nel quadriennio 2019-2022, proprio durante la pandemia Covid 19, abbiamo continuato a credere di poter realizzare il cortometraggio, della durata di otto minuti circa, mettendo gli utenti nelle migliori condizioni per esprimersi e condividere l’esperienza. Nel mentre, abbiamo documentato questo laboratorio di “filmmaking” che è diventato una virtuosa esperienza terapeutica: vederli in azione ci ha permesso di entrare in sintonia empatica con loro attraverso un processo di riconoscimento”.
“In due anni di lezioni e ragionamenti sulla scrittura cinematografica e sui personaggi della narrazione – continua Matteo Martone – si è annullato lo schema tipico delle ‘lezioni frontali’ e si è creato un gruppo solidale in cui con gli psicoterapeuti e gli utenti, siamo riusciti a ragionare sulla condizione del singolo – e specie degli ‘invisibili’ a vario titolo – in rapporto alla società contemporanea con i suoi premi, le sfide, le difficoltà. Le interviste nel documentario riportano chiaramente il risultato di questo lungo percorso di graduale compenetrazione umana, professionale, basata sull’empatia e la complicità. Il cortometraggio resta un risultato sorprendentemente alto per il coraggio, la qualità, l’originalità della scrittura, raccogliendo confidenze e riflessioni di tutti quelli che hanno partecipato. Il risultato è un film di una sincerità toccante, di rara intelligenza e sensibilità pur nella leggerezza di un registro poetico. Si sa che chi insegna impara sempre qualcosa dagli allievi, ed è senz’altro questo il mio caso”.
“In questi ultimi tre anni, di cui due di piena pandemia, abbiamo operato all’interno del gruppo, insieme agli altri partecipanti, costantemente in una dimensione alla pari – asseriscono gli psicologi della cooperativa Aelle Il Punto – realizzando un’esperienza in cui ogni membro del gruppo, fosse esso regista, sceneggiatore, utente, cameraman o psicologo, ha cooperato senza distinzioni di ruoli alla dimensione creativa per scrivere e mettere su pellicola una storia. Il gruppo integrato e inclusivo ha così condotto un’operazione creativa di ricerca-azione che ha interpretato il proprio ruolo nella funzione di cura anche fuori dai confini istituzionali della struttura sanitaria, creando un’opera cinematografica che avrà una sua vita nel sociale. Ciò ha condotto a un’azione auto-terapeutica, che con questo docufilm può assumere anche il valore di una operazione terapeutica per la gruppalità sociale”.
“Il tema dell’invisibilità, da noi scelto come idea originaria – spiegano gli utenti – riguarda ciò che non trova rappresentazione sia su un piano interiore, da cui l’esigenza di riuscire ad esprimere attraverso una creazione artistica ciò che si vive, sia su un piano sociale, quando la fragilità rende marginali ed esclusi dalle forme di rappresentazione sociale. L’amore e il desiderio di relazione con l’Altro è il deus ex machina della rappresentazione messa in scena dal nostro gruppo, poiché fa vivere e germogliare alla luce ciò che altrimenti è relegato nell’ombra dell’inconsapevolezza sociale e dei singoli individui”.
“Siamo convinti – conclude Francesca Izzo, Responsabile del Centro Diurno – che questo lavoro, per come e quando è stato realizzato, abbia una reale funzione di sensibilizzazione dell’opinione pubblica italiana sul disagio psichico. L’obiettivo, infatti, è quello di portare l’attenzione sulla realtà della salute mentale, che non può rimanere confinata all’interno delle mura delle istituzioni deputate, ma deve restituire alla collettività un lavoro che testimoni come, in ogni fascia della popolazione, si annidi il desiderio di espressione creativa ed artistica quale dialogo all’interno della società civile per l’inclusione e l’integrazione delle diversità”.