(Photo Credit: Benedict Neuenfels)

Profughi e responsabilità individuale nello Styx di Wolfgang Fischer

(Photo Credit: Benedict Neuenfels)

Film d’apertura della sezione Panorama alla Berlinale 2018 – dove ha vinto il Premio della Giuria Ecumenica e il Label di Europa Cinemas – giovedì 15 novembre arriva nelle nostre sale Styx, il film diretto da Wolfgang Fischer con protagonisti Susanne Wolff e Gedion Oduor Wekesa.

Il film

Colonia: pochi secondi dopo un incidente stradale, il ferito è tratto in salvo, circondato di macchine e soccorsi, esempio perfetto dell’Occidente capitalista, efficiente e garantito. Il medico dell’ambulanza è Rike. Con uno stacco repentino, Rike, quarantenne, appassionata velista (interpretata da Susanne Wolff, essa stessa con patentino internazionale di velista), parte, solitaria, da Gibilterra – dove le scimmie (le “bertucce di Gibilterra”, simbolo della colonia) si aggirano in un apparentemente simbiotico rapporto fra natura e cultura – con la sua barca modernissima e attrezzatissima alla volta dell’isola di Ascensione, un paradiso in terra in mezzo all’Oceano Atlantico, fra l’Africa e il Sudamerica. Nei momenti di bonaccia sfoglia un sontuoso volume illustrato che le mostra in anteprima quel che vedrà con i suoi occhi.

Anche in situazioni estreme si sa destreggiare con grande perizia, neanche una tempesta di quelle forza 9 le fa perdere il controllo, la macchina da presa le gira intorno, da ogni possibile posizione la tallona e lei è sempre padrona del piccolo mondo della barca, del grande mondo dell’oceano. Dopo una tempesta si trova non lontano di un battello alla deriva pieno di persone che hanno urgente bisogno di aiuto. Solo un ragazzo, nuotando disperatamente, riesce ad aggrapparsi alla barca di Rike, molti altri naufraghi la barca non li conterrebbe comunque. Ma Rike non si dà per vinta, e neanche il ragazzino – che indossa una maglia di Ronaldo, simbolo del nostro paradiso – si dà per vinto e, accompagnando il gesto con la recitazione di una specie di rosario laico, butta in mare una bottiglia d’acqua per ogni amico, fratello, compagno che forse non ce la farà a salvarsi. Dopo reiterati “S.O.S”, la guardia costiera ordina a Rike di non immischiarsi perché non ha i mezzi per essere d’aiuto, ma il suo senso di responsabilità la tormenta. Se ne andrà sapendo che delle persone perderanno la vita in mare?

(Photo Credit: Benedict Neuenfels)

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Styx, ossia Stige, il mitologico fiume degli inferi, è un film metafora, una sorta di Kammerspiel che si svolge quasi tutto in mare – è un’allegoria del nostro mondo diviso e dell’ambivalenza nei confronti dei profughi: non tratta in senso stretto il tema dell’accoglienza e dell’immigrazione, ma quello della responsabilità collettiva e individuale del soccorso per chi è profugo e in fuga e si trova in pericolo di vita.

Vi presentiamo l’intervista rilasciata da Wolfgang Fischer.

Qual è stata l’origine di questo film, cosa avevi in mente?

Eravamo certi di voler realizzare un film fisico e con pochi dialoghi. Partire da una persona che va all’avventura in una natura ostile che non può essere completamente controllata e dove c’è bisogno di essere degli esperti. Questo era il punto da cui poter cominciare: qualcuno che affronta questi elementi e domina le sfide che ne derivano. La solitudine è un tema importante: chi è capace a stare da solo oggi? La protagonista si mette in viaggio senza cellulare, senza avere accesso a internet e questo per stare sola su una barca per qualche settimana. E adora tutto questo. Questo era l’aspetto che ci incuriosiva. Rike non ha bisogno di altro per provare gioia. La vediamo nuotare in mare aperto e quando sente i primi raggi di sole sul suo viso o quando il vento soffia sulle vele la vediamo sorridere. O quando parla del suo sogno, di quel paradiso che vuole raggiungere…

(Photo Credit: Benedict Neuenfels)

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Il tuo film presenta un dilemma morale: pensi che anche noi potremmo trovarci di fronte alla stessa situazione della protagonista?

Penso proprio di sì. Per fare un esempio quotidiano: supponiamo che qualcuno venga attaccato vicino alla metropolitana. Non abbiamo scelto noi questa situazione, ma dobbiamo agire. Anche guardare lontano è una forma di azione. Dobbiamo decidere. Questo può succedere ad ognuno di noi. È qualcosa di universale e può cambiare la vita di qualcuno. Come medico d’emergenza Rike conosce la prima regola fondamentale: proteggere prima la propria vita. Segue questa regola, ma ovviamente rimane sempre la domanda se questa è veramente la cosa giusta da fare.

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