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Quando Chaplin parlò: Il Grande Dittatore torna restaurato al cinema

La Cineteca di Bologna, per il progetto il Cinema Ritrovato, riporta oggi in sala la versione rimasterizzata, originale e integrale de Il Grande Dittatore di Charlie Chaplin, un indimenticabile e immortale manifesto pacifista nato dal genio assoluto di Charlot. Contemporaneamente all’uscita in sala, le Edizioni Cineteca di Bologna propongono anche il Dvd del film accompagnato da oltre due ore di rarità e approfondimenti e da una photogallery dei bozzetti inediti di J. Russell Spencer.

Nell’autunno del 1938, Charlie Chaplin sta scrivendo in gran segreto il suo primo film parlato (lo si era già sentito cantare, in Tempi moderni, ma parlare mai) e il personaggio che andrà a interpretare è ispirato nientemeno che ad Adolf Hitler. Il Grande Dittatore, storia dello scambio di persona tra un umile barbiere ebreo e uno spietato tiranno, è presentato a New York nell’ottobre del 1940, ma in due anni lo scenario politico mondiale è mutato drammaticamente: nel 1939 è scoppiata la Seconda guerra mondiale.

Ci sono film che possono essere compresi senza conoscerne il contesto storico e la genesi artistica, ma non si può apprezzare la grandezza de Il Grande Dittatore se si ignora che era stato concepito un anno prima del conflitto, se non si conoscono le pressioni che Chaplin subì da parte dai governi di mezzo mondo. Ma il regista era deciso a ‘dichiarare guerra’ al dittatore tedesco, a tutte le dittature, attraverso il grande schermo, e realizzò uno dei più grandi capolavori pacifisti del cinema mondiale.

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Premessa originaria e chiave di volta del film – il primo veramente pianificato e sceneggiato con protagonista Chaplin – doveva essere la somiglianza fisica fra il dittatore e un piccolo ebreo. Sulla somiglianza tra Charlot e Hitler, del resto, la stampa ironizzava fin dal 1933 (nel febbraio 1936, le pagine di tutti i quotidiani d’America furono inondate da vignette satiriche alla notizia che Hitler aveva messo al bando Tempi Moderni, film realizzato da un ebreo che gli somigliava “in modo offensivo”).

Il Dittatore così come appare sullo schermo assomiglia abbastanza a ciò che volevo realizzare” spiegò Chaplin al New York Times il 28 ottobre del 1940. Il genio della comicità aveva una storia da raccontare e qualcosa da dire: “e l’ho detta, mi ha dato molta soddisfazione: credo che il film sia comico quando voleva essere comico”. Per Chaplin, Il Grande Dittatore non è un film di propaganda: “è la storia del piccolo barbiere ebreo e del potente dittatore a cui, per caso, assomiglia, è la storia dell’ometto di sempre che ho raccontato per tutta la vita”. Il punto di vista della narrazione è “simile a quello che a suo tempo potevano avere La Capanna dello Zio Tom o Oliver Twist, forse ‘compassione’ è un temine migliore di propaganda?” interrogò.

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Dalla stesura delle prime bozze del film alla sua uscita in sala, trascorsero esattamente due anni, durante i quali mutarono gli assetti mondiali: il 12 novembre 1938, tre giorni dopo la famigerata Notte dei Cristalli, Chaplin fece richiesta di depositare il titolo The Dictator alla Library of Congress. Un mese dopo, la stampa diffuse la voce che il progetto sarebbe stato accantonato per non peggiorare le sorti degli ebrei in Europa, notizia che rimbalzò anche nei primi mesi del 1939 e che Chaplin smentì puntualmente, dichiarando senza esitazione che né gli eventi storici, né le intimidazioni dei censori, le pressioni politiche del consolato britannico o del governo, sarebbero riusciti ad dissuaderlo.

Era pronto a investire personalmente due milioni di dollari e, cosciente che la pellicola sarebbe stata bandita in molti paesi in Europa e America Latina (solo la Gran Bretagna e i suoi Dominion rappresentavano il 35% del mercato), era determinato a distribuire il film in maniera indipendente e fuori dai circuiti commerciali tradizionali. Nell’estate del 1939 Chaplin annunciò che avrebbe devoluto tutti i proventi europei del film alla causa ebraica. Le copie della sceneggiatura furono distribuite il 3 settembre 1939, giorno in cui l’Inghilterra dichiarò guerra alla Germania. La mattina del 9 settembre 1939, otto giorni dopo lo scoppio del secondo conflitto mondiale, fu battuto il primo ciak sul set del ghetto.

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Nonostante le avversità – la maggior parte dei mercati europei avrebbe rifiutato di distribuire il film, tra cui anche quello italiano (il Minculpop emanò una perentoria disposizione: “Ignorare la pellicola propagandistica dell’ebreo Chaplin“) – Il Grande Dittatore è stato, tra tutti i film di Chaplin, il maggiore successo in termini commerciali. Tra la prima mondiale (New York, 15 ottobre 1940) e la prima proiezione pubblica italiana passarono quattro anni. Il film, soprattutto per via dei riferimenti a Mussolini, fu tagliato e censurato. La famosa scena del ballo tra Madame Napaloni (ovvero Rachele Mussolini) e Hynkel fu mostrata solo nel 2002 quando il film è tornato in sala nella versione in cui Chaplin parla con la voce di Oreste Lionello. Prima di allora, il film era stato assente dagli schermi italiani dal 1973, per quasi trent’anni.

Chaplin, negli anni successivi all’uscita, disse: “Mentre ero a metà del Dittatore cominciai a ricevere allarmanti comunicazioni da parte della United Artists. Pensavano che mi stessi cacciando nei guai ed erano preoccupati all’idea di un film anti-hitleriano: ma io ero deciso a tirare avanti, perché Hitler doveva essere messo alla berlina”. Il regista e attore poi aggiunse: “se avessi conosciuto gli orrori dei campi di concentramento tedeschi non avrei potuto fare Il Dittatore; non avrei certo potuto prendermi gioco della follia omicida dei nazisti. Ma ero ben deciso a mettere in ridicolo le loro mistiche scemenze sulla purezza del sangue e della razza”.

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Apice del film è il finale, momento epico in cui Chaplin parla per la prima volta. Invece di arringare la folla come tutti si aspettano, egli pronuncia un appello potente e ostinato a favore della democrazia, della tolleranza e del buon senso. Una “esortazione all’uomo a riappropriarsi delle proprie sorti e ad ostacolare in ogni modo l’asservimento del progresso al nazionalismo distruttivo” come spiega Cecilia Cenciarelli.

Una protesta a pieni polmoni, la fine “più logica per questa storia” come disse Chaplin. “Qualcuno ha scritto che è in contrasto con il personaggio del barbiere. E con ciò? Cosa c’è di male ad aver deciso di concludere la mia commedia con una nota che riflette, in modo onesto e realistico, la situazione in cui viviamo facendo appello a un mondo migliore? Sarebbe stato molto più semplice far scomparire il barbiere e Hannah sulla linea dell’orizzonte, al tramonto, in cammino verso la terra promessa”.

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A parte i valori intrinseci del film, Il Grande Dittatore costituisce, utilizzando le parole di David Robinson, “un fenomeno davvero unico, un evento epico e senza precedenti nella storia dell’umanità: il clown più universalmente famoso e amato del suo tempo sfidava apertamente l’uomo che aveva causato più orrori e sofferenze di chiunque altro nell’epoca moderna”.

“Non esiste alcuna terra promessa per gli oppressi del mondo intero. Non esiste nessun luogo oltre l’orizzonte in cui possano rifugiarsi. Devono cercare di restare in piedi, come noi”.

Charlie Chaplin

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