La Cineteca di Bologna, nell’ambito del progetto L’Immagine Ritrovata, dal 15 gennaio riporta in sala – in versione restaurata – l’opera integrale di Jean Vigo: l’immortale, inno alla giovinezza eterna dell’amour fou, L’Atalante; l’anarchico, irriverente e surreale Zero in Condotta; e i corti À Propos de Nice e La Natation Par Jean Taris. I titoli sono stati restaurati in 4K nel 2017 da Gaumont (per L’Atalante, in collaborazione con Cinémathèque française e The Film Foundation) con il supporto di CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée presso i laboratori L’Immagine Ritrovata e L’Image Retrouvée.
Nei pochi anni che gli sono stati concessi, Jean Vigo ha tracciato nel cinema il percorso d’una stella che non si sarebbe mai spenta. Diceva di lui François Truffaut: Vigo è “un realista e un esteta”. Certamente lo è, e quel che possiamo aggiungere oggi è che lo è stato sottraendosi alle trappole dell’una e dell’altra maniera. Il viaggio sulla chiatta dell’Atalante, con il suo sguardo febbrile e le sue amorose visioni, l’infanzia sovversiva nel collegio di Zero in Condotta, la città di Nizza esposta a uno sguardo che sotto il turbinare della festa scopre “il lavoro della carne e della morte”, ci parlano ancora con il linguaggio d’una concreta poesia. Ci parlano ancora, e sanno sollecitare l’ascolto contemporaneo, anche per il modo con cui si pongono con naturalezza dalla parte dei più deboli, che siano bambini vessati (ma capaci di insurrezione e di vendetta) o innamorati che si smarriscono (ma l’amour infine vince su tutto).
Racchiusa in soli quattro titoli, l’opera di Vigo vive di una tensione primaverile, ‘avanguardia veggente’, cinema poetico, che anticipa le libertà linguistiche e figurative delle nouvelle vague mondiali. Non a caso è un autore perennemente citato, Bertolucci, Carax, Garrel, Akerman, Kusturica, Gondry… Autore maledetto e censurato per eccellenza, sopravvissuto grazie al lavoro delle cineteche, restaurato più volte, torna finalmente in sala grazie a un colossale lavoro di restauro, diretto scientificamente da Bernard Eisenschitz e voluto, meritoriamente, dalla Gaumont.
L’Atalante (Francia/1934, 89′)
Così si scrisse François Truffaut (ne I Film Della Mia Vita, Marsilio, Venezia 2003)
“L’Atalante contiene tutte le qualità di Zero In Condotta e altre ancora quali la maturità, la maestria. Vi si trovano, riconciliate, due grandi tendenze del cinema, il realismo e l’estetismo. Ci sono stati nella storia del cinema dei grandi realisti come Rossellini e dei grandi esteti come Ejzenštejn, ma pochi cineasti si sono provati a fondere le due tendenze quasi fossero contraddittorie. Per me L’Atalante contiene nello stesso tempo À Bout de Souffle (Fino All’Ultimo Respiro, 1960) di Godard e Le Notti Bianche (1957) di Visconti, vale a dire due film incomparabili, che sono certamente l’uno agli antipodi dell’altro, ma che sono anche quanto di meglio si è fatto in ciascuna delle due direzioni”.
“Nel primo si tratta di accumulare frammenti di verità che combinati assieme condurranno a una sorta di favola moderna; nel secondo invece si parte da una favola moderna per ritrovare alla fine del viaggio una verità globale. Infine ritengo che spesso si sottovaluti L‘Atalante vedendovi un piccolo tema, un tema ‘particolare’ in opposizione al grande tema ‘generale’ trattato in Zero In Condotta. L’Atalante affronta in realtà un grande tema, raramente trattato dal cinema, l’esordio nella vita di una giovane coppia, le difficoltà di adattarsi l’uno all’altra, con all’inizio l’euforia dell’accoppiamento (ciò che Maupassant chiama “il brutale appetito fisico ben presto spento”), poi i primi scontri, la rivolta, la fuga, la riconciliazione, e finalmente l’accettazione dell’uno da parte dell’altra”.
Zero In Condotta (Francia/1933, 44′)
Questo scrisse Paulo Emilio Sales Gómes (In Jean Vigo. Vita e opere del grande regista anarchico, Feltrinelli, Milano 1979):
“Se, dall’opera di Vigo, si dovesse scegliere per un’antologia una sola sequenza rappresentativa del suo stile, si dovrebbe prendere l’inizio di Zero In Condotta. Vi si trovano tre passaggi tipici della sua creazione. Si parte da modesti dati reali, pensati in ogni particolare (un compartimento di terza classe, dei collegiali con le divise usate e le gambe magre), per arrivare al fantastico (l’atmosfera fumosa dello scompartimento) passando per l’assurdo (gli oggetti e i giochi dei ragazzi). […] Le scene del dormitorio ci mostrano un Vigo in un momento di padronanza completa del mezzo cinematografico, docile al suo desiderio di esprimere la succosa intimità che è andato a ripescare nei suoi ricordi di infanzia. Qui, il montaggio, i movimenti della macchina, la composizione e il ritmo interno dell’immagine, i dialoghi, l’illuminazione, tutto è fuso in un’armoniosa unità che era senza dubbio quella dei suoi sogni più ambiziosi”.
“Riconsiderando il film nel suo insieme, si può constatare come in Zero In Condotta siano presenti due mondi: da una parte quello dei bambini e del popolo, dall’altra quello degli adulti e della borghesia. La scelta dei ragazzi non ha obbedito a nessun criterio di stilizzazione; essi rappresentano, realisticamente, la media dei ragazzi di un collegio povero di provincia. Sono per lo più magri, né belli né brutti, a volte un po’ sudici. Ma sono ragazzi uguali a tutti i ragazzi del mondo. I due adulti del popolo, la cuoca e il garzone del bar che asciuga i bicchieri per la festa, sono, in modo altrettanto realistico, una qualunque brava donna, o un qualunque giovanotto ben piantato. Il sorvegliante Huguet non è un vero e proprio adulto, la sua solidarietà con i bambini è totale. Con gli altri personaggi siamo trasportati nel mondo dei fantocci, a cominciare dalle tre incarnazioni dell’autorità all’interno del collegio: il rettore, il sorvegliante generale Santt detto Bec-de-Gaz, e il sorvegliante Parrain detto Pète-Sec. Il grottesco che li caratterizza è proporzionale alla loro importanza”.
À Propos De Nice (Francia/1930, 25’)
È lo stesso Jean Vigo, attraverso due lettere, che descrisse così il corto:
“In questo film – interprete una città le cui manifestazioni sono significative – si assiste al processo di un certo mondo. In realtà, non appena indicate l’atmosfera di Nizza e lo spirito della vita che vi si conduce (e che si conduce anche altrove, purtroppo!), il film muove alla generalizzazione degli insulsi divertimenti, messi sotto l’insegna del grottesco, della carne e della morte, ultimi bruschi trasalimenti d’una società che si abbandona, fino a darvi la nausea e a farvi complici di una soluzione rivoluzionaria”. (Jean Vigo, Verso un cinema sociale, 14 giugno 1930)
“À Propos De Nice le è davvero piaciuto? Io, quando penso che viene proiettato in pubblico tutte le sere, provo non poca inquietudine. Durante la sua lavorazione, ho dimenticato che il film doveva essere uno spettacolo: da qui certe lungaggini, insistenze, che lei ha notato. La mia prima intenzione era procurare la nausea. Rendere intollerabile, almeno al cinema, ciò che si guarda con indifferenza, con compiacimento, con piacere a grandezza naturale! / E procurare sollievo con immagini di operai e del clima delle fabbriche. / Ecco. / Continui ad aiutarmi a cercare di fare del mio meglio. Solo a leggerla, mi ritorna il coraggio. / Grazie”. (Lettera di Jean Vigo a Jean Painlevé, 7 ottobre 1930).
La Natation Par Jean Taris, Champion De France (Francia/1931, 9′)
Riportiamo le parole di Luce Vigo (in Jean Vigo, une vie engagée dans le cinéma, Cahiers du cinéma-CNDP, Paris 2002):
“Il film sul campione di nuoto Jean Taris, commissionato a Vigo da Germaine Dulac e realizzato nei primi mesi del 1931, viene spesso considerato, nel complesso dell’opera di Jean Vigo, un film minore, anzi, talvolta viene persino ignorato, quando invece reca, ben stampato, il nome ‘Vigo’, anche se il regista amava, del film, solo le sequenze girate sott’acqua. Tanto che se ne ricorderà durante la lavorazione di L’Atalante. Ma non c’è solo questo: la scena del ‘nuoto in camera’ è insolita e divertente, così come i trucchi e l’ammicco di Taris allo spettatore, quando, completamente vestito, cammina sulle acque. È la prima esperienza sonora di Vigo, in un’epoca in cui non esisteva il missaggio. Il cineasta è riuscito a creare un contrappunto tra voce umana e rumore dell’acqua in movimento”.