Al cinema solo dall’8 al 10 aprile, su Netflix dal 19 aprile. Stiamo parlando de Lo Spietato, il film diretto da Renato De Maria con protagonista assoluto Riccardo Scamarcio. La pellicola è un viaggio lungo un quarto di secolo nell’universo della mala italiana raccontato attraverso la storia di un gangster dalla mentalità yuppie, che si muove nella realtà caleidoscopica e vertiginosa della Milano da bere negli anni d’oro della moda, dei soldi facili, dell’arte d’avanguardia e della disco music. Nel cast anche Sara Serraiocco, Alessio Praticò, Alessandro Tedeschi e Marie-Ange Casta.
Il film
Siamo nel periodo del boom, in una metropoli – Milano – destinata a una crescita economica e criminale vertiginosa. Santo Russo (Riccardo Scamarcio), calabrese cresciuto nell’hinterland, dopo i primi furti in periferia e il carcere minorile, decide di seguire le sue aspirazioni e di intraprendere definitivamente la vita del criminale. Nel giro di pochi anni diventa la mente e il braccio armato di una potente e temuta gang, lanciandosi in affari sempre più sporchi e redditizi: rapine, sequestri, traffici di droga, riciclaggio di denaro sporco, e non ultimi i miracoli, esecuzioni a sangue freddo.
Nella sua corsa sfrenata verso la ricchezza e la soddisfazione sociale, Santo Russo è diviso tra due donne: la moglie (Sara Serraiocco), remissiva e devota, e l’amante (Marie-Ange Casta), una donna bellissima, elegante e irraggiungibile. Due scelte di vita agli antipodi e due opposte facce di sé. Il percorso criminale di Santo è fatto di scelte inevitabili e traiettorie dolorose: chi vive o chi muore, l’amore passionale o la famiglia, il sogno borghese o una vita da Spietato.
Santo Russo, un sognatore
Santo Russo è un sognatore che vuole conquistare un ruolo da leader di quella città scintillante che era sempre stato costretto a guardare dalla periferia. La sua storia pesca a piene mani dall’immaginario noir fatto di rapine, traffici di droga ed esecuzioni, ma anche e soprattutto di lusso, ricchezza e amanti bellissime, tra suite a 5 stelle e celle d’isolamento. Le vicende tragicomiche di Santo sono un connubio esplosivo di violenza e ironia.
Spietato con stile
Il regista Renato De Maria lo descrive così: “Santo Russo insegue la ricchezza ma anche un riconoscimento sociale che non ha mai avuto. Lo fa alla sua maniera: un gangster che si sente un manager, alla pari di Agnelli, il suo mito. E vuole essere come loro, come i ricchi di Milano, sapendo perfettamente di non essere come loro. Affidandosi alla sua maschera di Arlecchino, servo di due padroni, anzi, servo di nessuno. Per Santo non è solo e semplicemente una questione di ricchezza da raggiungere, è anche e soprattutto una questione di stile. Si pensa e si vive uomo raffinato, i mezzi scelti per raggiungere i suoi obbiettivi sono solo un dettaglio, scelte tattiche, tutto qui“.
Dal libro al film
L’idea del film a Renato De Maria è venuta diversi anni fa dopo aver letto il libro Manager Calibro 9 di Luca Fazzo e Piero Colaprico, una storia nella quale, secondo le parole del regista, “c’erano tre caratteristiche che mi sembravano un’occasione imperdibile per esprimere la mia voglia di cinema: la prima, una crime story con l’andamento classico dell’ascese-discesa di un gangster completamente fuori dagli schemi; la seconda, l’ambientazione nella Milano da bere degli anni ’80 che mi apparteneva sia per ragioni autobiografiche che generazionali; la terza, il tono comedy del racconto di un personaggio che non riesce a prendere sul serio nessuno, tantomeno se stesso“. Allontanandosi dallo stile “reportage cronachistico” del libro, De Maria ha cercato di “liberare lo sguardo da ogni paletto o costrizione per riuscire a ricreare i miei anni ‘80, i miei meridionali dell’hinterland milanese“.
“Lo Spietato ha tre colori: il giallo, il blu, il rosso i colori della furbizia, della potenza e della violenza”.
Renato De Maria