Riccardo Scamarcio e Daniela Ramirez sono i protagonisti de La Prima Luce il film – presentato a Venezia nelle Giornate degli Autori e in sala da giovedì 24 settembre– diretto da Vincenzo Marra che racconta di quanto una separazione possa essere straziante e come l’amore di un padre per suo figlio possa superare ogni confine.
Marco (Riccardo Scamarcio), giovane e cinico avvocato rampante, vive a Bari con la sua compagna Martina (Daniela Ramirez) e il loro piccolo Mateo di 8 anni. Martina, latino americana, si è trasferita in Italia dopo aver conosciuto Marco. La nostra storia inizia quando il rapporto tra i due è ormai alla fine. Martina vuole tornare a vivere nel suo paese con Mateo ma questa scelta escluderebbe Marco e lui non glielo consente, troppo profondo è l’amore e il legame con suo figlio.
Dopo un periodo lacerante, Martina decide di scappare insieme a Mateo e si reca nel suo paese facendo perdere ogni traccia. Il tempo per Marco inizia a scorrere più lento, non ha nessuna notizia di suo figlio e dopo un periodo di angoscia e sbandamento decide di andare a cercarlo. Una volta arrivato in Sud America si ritrova in una metropoli di 6 milioni di persone, indifferente e indecifrabile. Dopo lunghe e inconcludenti ricerche Martina e Mateo sembrano davvero essere svaniti nel nulla.
“L’idea del film nasce dalla somma di tante cose: la mia costante osservazione della realtà, la voglia di raccontare le trasformazioni in atto nella società e questa storia sempre più urgente” spiega il regista Vincenzo Marra. La sua storia narra della vicenda dei figli contesi, bambini figli della globalizzazione: “una storia di fatto universale, al di là dei due paesi scelti. Quando una storia d’amore finisce e ci sono i bambini di mezzo è sempre molto doloroso e difficile ricomporre l’esistenza delle persone coinvolte, ma quando a questo si aggiunge la distanza fisica, la complessità che nasce da mentalità e culture differenti , le complicazioni diventano imponenti”.
Sempre più frequentemente infatti queste vicende si svolgono tra paesi diversi, le cui leggi differenti costituiscono un ulteriore motivo di problematicità e non è raro che in questi casi spesso si tende a tutelare il cittadino residente, più che salvaguardare l’interesse principale quello cioè del minore coinvolto.
Se inizialmente il personaggio di Martina vede nell’Italia il Paese del futuro, con gli anni cambierà idea. Le logiche del mondo si sono ribaltate: “nel suo paese si aprono possibilità economiche di benessere e di futuro per lei e per suo figlio, che la vecchia Europa non sembra poter più assicurare , man mano dentro di sé questa consapevolezza prende il sopravvento e “tornare a casa” diventa una necessità sempre più impellente” spiega Marra.
D’altra parte Marco è “il classico giovane del sud Italia rampante, diviso tra valori antichi, quelli di una famiglia e di un benessere economico e sociale, ma anche “figlio” di un cinismo e di tante storture dei nostri giorni. Marco fa l’errore di considerare Martina come una cosa già conquistata e tutta la sua energia si riversa sul figlio e sul desiderio della sua carriera. Una volta rimasto solo però dovrà crescere, prendere in mano la sua vita e capire quali sono le cose veramente importanti della vita, ovvero suo figlio”.
Il regista spiega di aver visto una trasformazione inversamente proporzionale tra l’Europa e l’America Latina: “da una parte la decadenza, la crisi economica e meccanismi invecchiati, dall’altra, un paese giovane che scommette nel futuro e in espansione economica . Ogni giorno di più nelle strade di Santiago si scorge la presenza di giovani europei (in particolare spagnoli, italiani) che come i loro nonni hanno attraversato l’oceano con la speranza di un futuro migliore. I confini si sono ancora una volta ribaltati”.