Tratta dal romanzo L’Eroe Quotidiano di David Foenkinos, è da domani al cinema Les Souvenirs, il film che Jean‐Paul Rouve ha sceneggiato e diretto e anche interpretato al fianco di Annie Cordy, Michel Blanc, Mathieu Spinosi e Chantal Lauby.
Romain (Mathieu Spinosi) ha 23 anni. La sua aspirazione è diventare scrittore, ma per il momento si accontenta di fare il portiere di notte in un albergo. Suo padre (Michel Blanc) ha 62 anni. Sta andando in pensione e apparentemente la cosa non lo scompone. Il ragazzo con cui divide l’appartamento ha 24 anni. Ha in mente una sola idea: sedurre una ragazza, qualsiasi ragazza e con qualunque mezzo. Sua nonna (Annie Cordy) ha 85 anni. Si ritrova in una casa di riposo e si domanda che cosa ci faccia lì con tutti quei vecchi. Un giorno suo padre compare precipitosamente a casa sua. La nonna è scomparsa. In un certo senso è evasa. Romain parte alla sua ricerca, in qualche luogo dei suoi ricordi.
Vi presenteremo ora un estratto dell’intervista rilasciata da Jean-Paul Rouve.
Per la stesura della sceneggiatura, ha collaborato con David Foenkinos. Com’è andata?
Ho innanzitutto letto il suo romanzo e poi gli ho telefonato. Aveva redatto una prima versione dialogata del suo libro e io gli ho confidato che il suo lavoro era molto vicino al mio ultimo film, Quand Je Serai Petit. A quel punto abbiamo ripreso il testo insieme. Il mio obiettivo era dare maggior spazio alla commedia. Abbiamo sviluppato di più il ruolo del padre, interpretato da Michel Blanc, e abbiamo creato il personaggio del coinquilino: è con lui che dialoga il protagonista e questo ci permette di conoscere gli stati d’animo di Romain senza dover ricorrere a una voce fuori campo. Inoltre, nel romanzo la nonna vive in una casa di riposo, ma nell’adattamento abbiamo operato una scelta diversa. Infine, la sceneggiatura si ferma a due terzi del libro, perché abbiamo deciso di sopprimere l’ultima parte sulla vita di Romain con la ragazza. Alla fine ci siamo resi conto che ci commuovono le stesse cose, che ridiamo delle stesse battute e che abbiamo una serie di gusti in comune.
I rapporti familiari, in particolare il rapporto con il padre, percorrono tutti i suoi film…
È molto vero, il rapporto con la paternità mi interessa tantissimo. Spesso si dice che crescendo è necessario “uccidere il padre” per poter maturare. Io non penso che sia un passaggio obbligato: secondo me, si può crescere in un altro modo. È un processo che può passare attraverso un altro sguardo, che non impedisca l’amore per i genitori, che incarni un modo inedito di vedere il mondo. Può avvenire attraverso la scoperta di una persona o di uno scrittore. Non è detto che sia esclusivamente la figura paterna ad insegnarci ad essere uomo. Nel film il personaggio dell’albergatore è molto più giovane di quanto non sia nel libro. È stata una scelta precisa per evitare che ci fosse competizione con il padre: nel film tra loro non c’è rivalità, ma complementarietà.
Il film descrive tre percorsi iniziatici di tre generazioni diverse: il giovane uomo, il padre, la nonna…
È molto difficile parlare della vita. Eppure non c’è niente di più interessante: il quotidiano, i percorsi degli esseri umani, delle persone normali mi affascinano. È il tipo di cinema che mi piace fare quando sono dietro alla macchina da presa e che mi piace vedere come spettatore ed è molto francese.
I personaggi, a prescindere dalla loro età, sono tutti alla ricerca di qualcosa, come se non avessero ancora trovato il loro posto…
Sì, in un certo senso sono alla ricerca di se stessi: il giovane che non ha ancora trovato la sua strada, né l’amore, il padre che non sa come affrontare la vita non più professionalmente attiva, l’albergatore che ha un figlio lontano e persino la nonna che aspira a tornare nelle terre della sua infanzia. Amo gli individui che si sentono fuori luogo: è un sentimento che fa parte della vita e che è condiviso dalla maggior parte delle persone. Tendiamo a restare in certe situazioni per pigrizia, per un senso di sicurezza, per amore e a volte non ce ne rendiamo conto. Non è ancora il caso di Romain, ma ha già paura di non essere nel luogo dove dovrebbe. Anche il personaggio di Michel Blanc è interessato da questo problema: il passaggio alla pensione è un momento delicato e significativo. Allo stesso modo, la nonna ha lasciato che altri scegliessero per lei e a un tratto decide di prendere un’altra direzione. Mi piace l’idea che le persone fanno quello che possono. Il più delle volte cerchiamo di fare bene e ogni tanto ci capita di sbagliare.
Come spiega una vicinanza così grande di un giovane con sua nonna, una donna che appartiene a una generazione e a un mondo che gli sono sconosciuti?
È un po’ come se lui avesse il desiderio urgente di crearsi dei ricordi con lei e ne fosse consapevole. È un tipo di rapporto che mi interessava e che avevo voglia di scandagliare. Ho l’impressione che, nel giro di breve tempo, lui non la consideri più sua nonna, ma soltanto una donna e si domanda quale sia stato il percorso di questa anziana che è stata giovane, che si è sposata, che ha avuto dei figli e poi dei nipoti. Non guarda al suo statuto sociale, ma a quello che lei è in quanto essere umano.
La madre, interpretata da Chantal Lauby, è probabilmente il personaggio più riconciliato con se stesso e più a suo agio nei suoi rapporti con il figlio e persino con il marito…
Esattamente. La madre è il personaggio che ci assomiglia di più, che ha i piedi più piantati per terra. Come lei, anche il proprietario dell’albergo dice delle cose sensate. Questi due personaggi sono portatori di consigli e verità che orientano i personaggi principali. È sempre interessante prendere un elemento, per esempio la scomparsa della nonna, e vedere i diversi modi di concepire questo avvenimento: la visione che tende a drammatizzare del padre “mia madre è morta”, la capacità di ridimensionare dicendo “può capitare” della direttrice della casa di riposo, o ancora lo sguardo della madre o dell’albergatore “obblighiamo gli anziani a fare quello che fa comodo a noi e allora tagliano la corda”. Mi piacciono molto i personaggi secondari che illuminano in modo diverso la traiettoria del protagonista.