Presentato con successo nella serata finale del Courmayeur Noir in Festival 2013, è da ieri nelle sale La Voce, l’opera prima di Augusto Zucchi che vede protagonisti Rocco Papaleo, Antonia Liskova, Giulia Greco e lo stesso Augusto Zucchi che ha anche scritto la sceneggiatura.
Il protagonista Gianni (Rocco Papaleo) è un imitatore, particolarmente bravo, dotato di una straordinaria capacità di “rubare” la personalità di chi imita: ne riproduce perfettamente la voce diventando magicamente “l’altro”. Riesce ad essere “centomila”, ma quando torna ad essere se stesso si annulla in un “nessuno”, timido, introverso e spaventato.
In realtà soffre di un disturbo della personalità che tende ad aggravarsi sempre più; nei momenti di crisi fatica a riconoscersi, a trovare la sua vera voce; allo specchio i suoi lineamenti si confondono e, dissociandosi da se stesso, si smarrisce. Qualcuno ha notato la sua grande capacità di imitazione, qualcuno abituato ad ordire trame oscure e segrete per perseguire loschi interessi. Il nostro imitatore viene così sfruttato dai Servizi Segreti con la promessa di un grande futuro professionale.
Costretto a fare alcune telefonate con la voce di un Ministro, morto d’infarto in un albergo durante un rapporto sessuale con una escort, inconsapevolmente Gianni permette a una importante casa farmaceutica di portare a termine una grossa speculazione.
A questa prima telefonata, perfettamente riuscita, se ne aggiungono altre sempre più compromettenti e pericolose, Gianni piano piano scopre la verità e si rende conto di essere implicato in un omicidio. Tenta di sottrarsi al gioco diventato pericolosissimo, ma viene ricattato. La sua instabilità psichica peggiora, fino ad arrivare a un tragico quanto inevitabile finale.
Augusto Zucchi ha raccontato una storia in cui la vicenda si lega all’azione, al thriller, al noir ma che lascia comunque spazio all’approfondimento psichico del protagonista. Nell’Italia dei misteri vediamo convivere, a volte confondendosi in una perfetta alchimia, il lecito e l’illecito, il pubblico interesse e l’interesse assolutamente privato. Una realtà dove l’intrigo politico supera l’immaginazione anche di chi si ingegna a scrivere romanzi o sceneggiature.
Il regista ha spiegato così la scelta del tema del film: “l´imitazione delle voci attraverso l´uso del telefono, in un momento in cui sulle intercettazioni telefoniche si basa gran parte delle indagini e gran parte dell´interesse e della curiosità mediatica, mi pare di una certa attualità, così come mi pare di forte contemporaneità la tragedia esistenziale di un imitatore che diventando “gli altri”, non riesce più a ritrovare “se stesso” ».
«Molte incriminazioni e molti processi – continua Zucchi – si basano oggi sulle intercettazioni telefoniche, sulla provenienza della telefonata e sullo spettro sonoro della voce. La provenienza del cellulare può essere deviata attraverso sofisticate apparecchiature e la voce imitata. Un abilissimo imitatore potrebbe ingannare i riscontri fonologici?».