La Casa dei Tre Oci di Venezia presenta, dall’11 marzo al 23 ottobre 2022, la più ampia retrospettiva mai realizzata finora, la prima in Italia, dedicata alla fotografa franco-svizzera Sabine Weiss, scomparsa all’età di 97 anni nella sua casa di Parigi lo scorso 28 dicembre 2021, tra le maggiori rappresentanti della fotografia umanista francese insieme a Robert Doisneau, Willy Ronis, Edouard Boubat, Brassaï e Izis.
Unica fotografa donna del dopoguerra ad aver esercitato questa professione così a lungo e in tutti i campi della fotografia – dai reportage ai ritratti di artisti, dalla moda agli scatti di strada con particolare attenzione ai volti dei bambini, fino ai numerosi viaggi per il mondo – Sabine Weiss ha partecipato attivamente alla costruzione di questo percorso espositivo, aprendo i suoi archivi personali, conservati a Parigi, per raccontare la sua straordinaria storia e presentare il suo lavoro in maniera ampia e strutturata. L’esposizione, curata da Virginie Chardin, è il primo e più importante tributo internazionale alla sua carriera, con oltre 200 fotografie che ripercorrono, insieme a diverse pubblicazioni e riviste dell’epoca, il lavoro della fotografa, dagli esordi nel 1935 agli anni 2000. Come testimoniano in mostra le foto dei bambini e dei passanti, fin dall’inizio, Sabine Weiss dirige il suo obiettivo sui corpi e sui gesti, immortalando emozioni e sentimenti, in linea con la fotografia umanista francese. È un approccio dal quale non si discosterà mai, come si evince dalle sue parole:
«Per essere potente, una fotografia deve parlarci di un aspetto della condizione umana, farci sentire l’emozione che il fotografo ha provato di fronte al suo soggetto».
Nata Weber a Saint-Gingolph, in Svizzera, il 23 luglio 1924, Sabine, che prenderà il cognome del marito, il pittore americano Hugh Weiss (Philadelphia, 1925 – Parigi, 2007), si avvicina alla fotografia in giovane età. Compie l’apprendistato presso i Boissonnas, una dinastia di fotografi che lavorano a Ginevra dalla fine del XIX secolo. Nel 1946 lascia Ginevra per Parigi e diviene l’assistente di Willy Maywald, fotografo tedesco specializzato in moda e ritratti. Quando sposa Hugh, nel 1950, intraprende la carriera di fotografa indipendente. Insieme, si trasferiscono in un piccolo studio parigino e frequentano la scena artistica del dopoguerra.
Uno dei nuclei principali della rassegna Sabine Weiss. La Poesia Dell’Istante racconta proprio gli anni ’50 del Novecento, momento del riconoscimento internazionale della fotografa. Nel 1952, infatti, la sua carriera ha una svolta decisiva quando entra nell’agenzia Rapho, su raccomandazione di Robert Doisneau. Dal 1953 in poi le sue fotografie sono pubblicate da grandi giornali internazionali come “Picture Post”, “Paris Match”, “Vogue”, “Le Ore”, “The New York Times”, “Life”, “Newsweek”. Nello stesso anno Weiss partecipa alla mostra “Post War European Photography” al Museum of Modern Art di New York (MoMA) e nel 1954 l’Art Institute di Chicago le dedica un’importante personale. Nel 1955 tre dei suoi scatti sono scelti da Edward Steichen per la storica antologica The Family of Man, al MoMA di New York. Dal 1952 al 1961 Sabine Weiss collabora con Vogue, accanto a fotografi come William Klein, Henry Clarke e Guy Bourdin, realizzando alcuni memorabili servizi di moda, di cui in mostra sono esposti vivaci scatti a colori insieme a una quindicina di numeri originali della celebre rivista.
Una sezione del percorso è dedicata ai suoi ritratti di pittori, scultori, attori e musicisti. Per cinque anni, Hugh Weiss è il mentore dell’artista Niki de Saint Phalle, mentre Sabine è vicina ad Annette Giacometti, la moglie del grande scultore Alberto. In mostra non mancano i loro ritratti accanto a quelli di altre personalità come Robert Rauschenberg, André Breton, Alberto Giacometti, Niki de Saint-Phalle, Anna Karina, Françoise Sagan, Romy Schneider, Ella Fitzgerald, Simone Signoret, Brigitte Bardot.
L’America, raggiunta nel 1955 sul transatlantico Liberté in compagnia del marito Hugh, la impressiona fortemente, e i suoi scatti brulicanti di dettagli realizzati nelle strade di New York, dal Bronx ad Harlem, da Chinatown alla Ninth Avenue, sono pubblicati dal “New York Times” in un ampio servizio dal titolo “I newyorkesi (e la Washington) di una parigina”. Sono immagini che raccontano l’America con un punto di vista francese, dall’umorismo spiccato, molte delle quali vengono esposte solo oggi, per la prima volta in Italia, in occasione della retrospettiva ai Tre Oci.
Il percorso riserva ampio spazio anche ai lavori realizzati da Weiss negli anni ’80 e ‘90, all’età di sessanta e settant’anni, durante i suoi viaggi nell’Isola di Réunion, in Portogallo, India, Birmania, Bulgaria, Giappone, Polonia ed Egitto. Come osserva la curatrice Virginie Chardin, «ciò che colpisce lo spettatore è la sensazione di isolamento e a volte di tenera tristezza che queste fotografie tarde emanano, in cui bambini e anziani sono accomunati dalla loro fragilità. Una melancolia e qualche volta cupa austerità emergono da queste immagini, in contrasto con la personalità vivace e giocosa della fotografa, sulla quale il tempo sembra non avere presa».
Oltre alle fotografie, in mostra sono presentati anche alcuni estratti da film documentari a lei dedicati (La Chambre Noire di Claude Fayard,1965; Sabine Weiss di Jean-Pierre Franey, 2005; Il Mio Lavoro Come Fotografa di Stéphanie Grosjean, 2014) nei quali la fotografa ha raccontato, in diversi periodi della sua vita, il suo percorso artistico, le sue esperienze di viaggio e la difficoltà di essere una fotografa donna. La forza della sua curiosità per il mondo e la sua gioia di vedere e documentare fanno di Sabine Weiss un simbolo di coraggio e di libertà per tutte le donne fotografe. Il catalogo, pubblicato da Marsilio Arte, propone molte immagini inedite, i testi di Virginie Chardin, curatrice della rassegna, e di Denis Curti, direttore artistico della Casa dei Tre Oci.