Dopo essere stato presentato in Concorso all’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, giovedì 8 dicembre arriva nelle sale italiane Saint Omer, acclamata opera prima della documentarista Alice Diop, liberamente ispirata a un fatto di cronaca che ha sconvolto l’opinione pubblica francese. Vincitore a Venezia del Leone d’Argento – Gran premio della giuria e del Leone del Futuro – Premio Venezia opera prima “Luigi De Laurentiis” – nonché per la Miglior sceneggiatura al Chicago International Film Festival, come Miglior film al Gent International Film Festival, Miglior film e Miglior sceneggiatura al Sevilla International Film Festival e come Miglior film al Geneva International Film Festival – Saint Omer rappresenterà la Francia agli Oscar 2023, nella categoria Miglior film internazionale.
Il film
Tribunale di Saint-Omer. La giovane scrittrice Rama (Kayije Kagame) assiste al processo a Laurence Coly, una donna accusata di aver ucciso la figlia di quindici mesi, abbandonata all’arrivo dell’alta marea su una spiaggia nel nord della Francia. Ma mentre il processo va avanti, le parole dell’accusata e le deposizioni dei testimoni sconvolgeranno le certezze di Rama, e metteranno in discussione anche la nostra capacità di giudizio.
Film della Critica
Saint Omer è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani – SNCCI con la seguente motivazione: “Una infanticida alla sbarra e una scrittrice venuta a seguire il processo, entrambe di origini senegalesi, per un film che scava nelle ferite del post-colonialismo con sguardo nuovo e rara potenza. Se i dialoghi vengono dai verbali autentici del processo, le immagini stravolgono il nostro rapporto con le culture “altre”, costringendoci a confrontarci fino in fondo con la loro ambiguità e complessità. Un viaggio vertiginoso che segna l’esordio di una promettente regista“.
Alice Diop racconta…
“Nel giugno del 2016 ho assistito al processo di una donna che aveva ucciso la figlioletta, abbandonandola su una spiaggia in Francia con l’alta marea. Ho pensato che la donna avesse voluto offrire la figlia al ‘mare’, una ‘madre’ ben più potente di quanto non potesse esserlo lei stessa. Ispirata da una storia vera e spinta da un’immaginazione intrisa di figure mitologiche, ho scritto questo film su una giovane scrittrice che assiste al processo di una madre infanticida, con lo scopo di scrivere una rivisitazione contemporanea del mito di Medea. Ma nulla procederà come aveva previsto: l’impenetrabilità dell’accusata porterà la giovane donna a riflettere sulla sua stessa ambiguità nei confronti della maternità. Ho voluto girare questo film per sondare l’indicibile mistero di essere madre”.