Ha tenuto banco negli ultimi giorni la notizia della causa intentata da Scarlett Johansson, interprete della supereroina Vedova Nera nella saga cinematografica Marvel, al colosso Disney, rea di “aver ridotto sensibilmente i suoi profitti“. Per la precisione, l’accusa depositata dall’attrice riguarda la strategia della Casa di Topolino di rendere disponibile in streaming l’ultimo suo film, Black Widow, dopo soli pochi giorni dall’uscita in sala, violando gli accordi contrattuali stretti in precedenza. Ma questa causa ha anche valore simbolico, poiché rende tangibile il cambio di un modello distributivo, e potrebbe darci ancora più indicazioni sul futuro delle uscite cinematografiche come le intendiamo oggi.
La motivazioni dietro l’accusa
Originariamente Black Widow, diretto da Cate Shortland ed ottavo film in cui Johansson interpreta Vedova Nera, sarebbe dovuto uscire a maggio 2020. A causa dell’emergenza sanitaria in corso, la pellicola è stata ritardata fino a questo luglio 2021, con una distribuzione praticamente in contemporanea tra sala e Disney+, non inclusa nell’abbonamento base ma acquistabile extra con circa 29 €, il cosiddetto “Accesso VIP”. Mixando Cinema & Disney+ le performance sono state differenti: al momento siamo a meno di 400 milioni di dollari worldwide, con un enorme calo nel primo weekend. Con un potenziale incasso globale di oltre 1 miliardo di dollari al botteghino, in virtù di una percentuale sugli introiti in sala, la Johansson avrebbe potuto ottenere fino a 50 milioni di bonus. Dopo aver cercato di negoziare un accordo, senza successo, gli avvocati della Johansson hanno così depositato l’atto di accusa presso la corte di Los Angeles.
Secondo i legali, Disney avrebbe interferito negli accordi presi tra Johansson e i Marvel Studios: la necessità di spingere Disney+ avrebbe portato la compagnia a cambiare strategia di lancio, favorendo enormemente lo streaming – le cui azioni e dividendi, crescendo di valore, avrebbero arricchito gli stessi dirigenti. Poco elegantemente, Disney ha poi confermato pubblicamente il compenso a Johansson (20 milioni di dollari) accusando l’attrice di “insensibilità di fronte alla pandemia“, forse cercando di deviare il discorso. La questione però non è solo economica: gli unici incassi “certificati” non sono quelli di Disney+, che come tutte le piattaforme di streaming solo difficilmente rivelano con trasparenza, ma quelli del botteghino. Risultati così scarsi alimenterebbero l’impressione di un “flop”, che avrebbe un’ovvia ricaduta sulla reputazione dell’attrice in vista di trattative per eventuali compensi nei suoi prossimi progetti. Una questione economica e politica, insomma. Oltre che di principio, sul futuro equilibrio degli introiti derivanti dagli esercenti e quelli dei portali digitali. Anche perché ricordiamo che l’introito di ogni biglietto strappato è da dividere con l’esercente, mentre l’accesso Vip finisce al 100% in mano a Disney.
Viviamo il cambiamento del modello distributivo
Appare innegabile la necessità di aggiornare l’attuale modello di business cinematografico. L’uscita di una pellicola attraversava vari passaggi, e di conseguenza maggiori vincoli e contratti. Chi produce il film, gli accordi di distribuzione in sala con gli esercenti, quindi l’home video tra DVD e Blu-ray, poi i vari diritti televisivi. Un film viene venduto più volte e il flusso coinvolge più soggetti. Oggi invece, in particolare con una corporation come Disney, lo stesso soggetto non solo realizza i contenuti sotto lo stesso tetto, dato che Disney possiede tutte gli asset Marvel, ma li distribuisce nelle sue sale e li vende sulla sua piattaforma di streaming. Se le canta e se le suona. La pandemia ha accelerato questo passaggio. Molte compagnie hanno temporeggiato, di fatto congelando una stagione cinematografica o potenziali successi come l’ultimo James Bond, in uscita (finalmente a novembre). Altre invece hanno cercato di monetizzare stringendo accordi con Amazon, Netflix & Co., così da raggiungere il proprio pubblico (e incassare subito).
Grazie agli innumerevoli produzioni disponibili, Disney ha ampliato le possibilità di sperimentazione di modelli distributivi differenti. In molti casi è la finestra distributiva tra cinema fisici e streaming ad esser stata sacrificata e, oltre all’intera filiera di distribuzione, esercenti in primis, emergono conseguenze anche dietro le quinte, da chi quelle pellicole le realizza e le interpreta. Sicuramente alla fine i nuovi modelli dipenderanno anche dal tipo di contenuto, e ci sarà un grosso spartiacque. Per film dal grande budget e su cui pesano enormi aspettative, ad esempio nel merchandising, la sala resterà caposaldo, con finestre distributive concordate di minmo 45 giorni. Per altre tipologie di progetti con minori costi ed attese, il direct-to-streaming potrebbe essere invece la soluzione giusta, con una distribuzione più economica ma invece rapida, capillare, ed efficace verso pubblici più disparati o di nicchia. Bisogna solo calibrare il meccanismo.
Un business che evolve, su tutti i livelli
Il biennio 2020-2022 sarà ricordato come un grande spunto di svolta e un’accelerazione nelle sperimentazioni, e Disney è stata capofila. Tra Crudelia con Emma Stone e adesso Jungle Cruise con The Rock, la compagnia ha provato tutte le combinazioni per trovare la formula più adatta, e giungerà il momento di tirare le somme. Forse Disney non aveva pienamente compreso le conseguenze nei confronti dei propri partner. Oppure lo ha fatto, e questa era solo una bomba che prima o poi doveva scoppiare, fisiologicamente. Ne avevamo avuto un assaggio qualche mese fa, quando Warner aveva annunciato l’uscita di tutte le sue pellicole 2021 in contemporanea tra sala e il suo portale HBOmax. Dato che i contratti con molti artisti prevedevano simili incentivi come quelli di Johansson – anche se chiaramente non tutti hanno questi bonus box-office – Warner ha dovuto poi placare case di produzione, attori e agenzie di talent (i classici procuratori, come nel calcio). Probabilmente con accordi milionari. Anche oggi Hollywood ci dimostra come l’industria dell’intrattenimento abbia un enorme impatto sul progresso e sulla società. Il cinema cambia luogo, dalla sala al divano, e di fatto cambiano le nostre abitudini quotidiane. Ma come ogni business, tutto passa per una fase contrattuale, che deve tenere conto non solo di nuovi fattori produttivi, ma anche di quelli legali… Streaming volant, scripta manent!
Enrico Banfo