Il nostro cervello sta affogando nel sovraccarico informativo. Ogni minuto, infatti, condividiamo e commentiamo milioni di contenuti su Facebook, guardiamo milioni di video su YouTube e TikTok, scriviamo miliardi di tweet e messaggi su WhatsApp. Non siamo più in grado di comprendere tutte queste informazioni – spesso false – e non sappiamo più a chi credere. Per cambiare questa malattia del nostro tempo serve un tipo di giornalismo diverso, quello proposto in Slow News, il documentario diretto da Alberto Puliafito che lo ha anche ideato insieme ad Andrea Coccia e Fulvio Nebbia. Un lavoro che domenica 14 marzo verrà presentato – in Concorso nella sezione Spazio Doc – al 20° Glocal Film Festival e che potrete vedere sulla piattaforma Streeen.org, dove resterà disponibile alla visione per 48 ore (QUI)
Il documentario
Slow News, la cui realizzazione ha richiesto ben 4 anni di lavoro, è un film corale incentrato su uno dei temi chiave del nostro tempo: l’informazione all’epoca delle fake news, della post-verità, dell’infodemia e dei populismi. Girato tra l’Europa e gli Stati Uniti, in un viaggio che parte dalla provincia di Milano per arrivare fino in Oregon, passando per il Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, Londra, Copenhagen, le Dolomiti, Amsterdam, Parigi e New York, alla scoperta delle vite, delle sfide e delle idee di alcune persone che stanno cercando di cambiare il mondo. Il documentario – soprattutto in un momento difficile come questo – vuole dare una speranza non solo alle lettrici e ai lettori di tutto il mondo, ma anche alle giornaliste e ai giornalisti. In che modo?
Proponendo un altro giornalismo. Possibile, necessario. Solo un’opinione pubblica informata può avere la lucidità e la forza di non cedere alla narrazione dominante (schiava dei click) ed alla guerra di tutti contro tutti. La rivoluzione (si spera) è iniziata da qualche anno: in diverse parti del mondo, piccoli gruppi di giornalisti indipendenti hanno cominciato a costruire modelli alternativi. Da Rob Orchard e il suo Delayed Gratification in Inghilterra a Frédéric Martel in Francia, dalla redazione di The Correspondent in Olanda a Lea Korsgaard e il suo Zetland in Danimarca. E ce ne sono molti altri ancora. Non si conoscono tra di loro, ma desiderano tutti la stessa cosa: rallentare.
La difesa della democrazia e della libertà
E in Italia? A Milano, quattro giornalisti indipendenti incontrano Peter Laufer, professore dell’Università dell’Oregon e autore del manifesto Slow News, ispirato al movimento Slow Food, ma per il giornalismo. Hanno una missione: creare un’alternativa, unendo i puntini. Il che significa viaggiare attraverso l’Europa e gli Stati Uniti per raggiungere e mettere in contatto tra loro tutti quei giornalisti che credono nello “slow journalism”, e nel ruolo sociale del giornalismo come cardine per la difesa e il mantenimento della democrazia e della libertà. Una battaglia di vitale importanza, in un momento storico in cui questi valori sono ovunque sotto attacco.
Alberto Puliafito racconta…
“Ero il direttore di un grande giornale digitale italiano ed ero molto frustrato per via del terribile modello di business basato solo sui click e non sul grande giornalismo. Eravamo veloci, producevamo tonnellate di contenuti, ma era soverchiante e non era più giornalismo. Quindi, stavo cercando diversi approcci all’informazione e – pensando al movimento Slow Food come reazione al cibo spazzatura – ho cercato su Google “slow news” e ho trovato Peter Laufer, professore all’Università dell’Oregon e autore di questo fantastico libro “Slow News. Manifesto per un consumo critico dell’informazione”. Gli ho scritto, mi ha risposto e quello è stato l’inizio di questa straordinaria storia di speranza. Ho trovato diverse persone, diverse redazioni, in diversi paesi che si avvicinano al giornalismo in senso “lento”. “Lento” significa molte cose, non si riferisce solo alla velocità, ma all’intero lavoro giornalistico, alla centralità del pubblico, al giornalismo come servizio“.
Gli autori raccontano…
“Quella raccontata in Slow News è una battaglia cruciale, ancora di più oggi che la pandemia globale sta mettendo a dura prova la società, l’economia e la politica a livello globale. In un mondo che si fa sempre più incerto, l’informazione libera e indipendente è il baluardo più importante per fermare l’ascesa dei populismi. Il mondo sta cambiando radicalmente e tutto potrebbe succedere molto in fretta. Rallentare, in questo caso, non significa perdere di vista la realtà, al contrario, significa arrivare preparati alle sfide che ci imporranno i prossimi anni. Rallentare significa lottare per raccontare la complessità, il contesto, ma anche studiare, sviluppare tecniche e procedure per filtrare ciò che è informazione da ciò che non lo è. Perché garantire ai cittadini di tutto il mondo l’accesso a una informazione sana, libera, indipendente e verificata è il migliore antidoto contro la deriva autoritaria e populista a cui assistiamo in molte parti del mondo“.