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SPECIALE – Prima del Silenzio, interviste a Leo Gullotta e Eugenio Franceschini

Non si può restare indifferenti dinnanzi a Prima del Silenzio, lo spettacolo teatrale scritto da Giuseppe Patroni Griffi 34 anni fa e che da stasera al 29 marzo sarà in scena al Teatro Verga di Catania con la regia di Fabio Grossi.  La morte della parola, l’ascesa inesorabile dell’incomprensione. I fallimenti di un vecchio intellettuale, rimasto al buio, circondato dai fantasmi del passato. Un anno fa ne parlammo al Teatro Fraschini di Pavia con i due protagonisti: Leo GullottaEugenio Fransceschini. Gullotta-Le-Pera-2

Iniziamo da Leo Gullotta. Che ricordo ha di Giuseppe Patroni Griffi?

Patroni Griffi è stato uno dei nomi e delle firme più prestigiose italiane del secondo Novecento. Con questo spettacolo volevamo ricordare un periodo: la qualità, la professionalità, il talento di quell’epoca. Questa è stata la partenza.

Come si è concretizzata questa idea?

Due anni fa: insieme al regista Fabio Grossi abbiamo deciso di portarlo in scena. Volevamo ricordare sia “Peppino” (Patroni Griffi, ndr.), morto 9 anni fa e caduto nell’oblio in questo Paese che vuole dimenticare,  sia Romolo Valli che morì nell’ultima replica. Abbiamo capito che erano tempi in cui il pubblico voleva tornare a riflettere. Ritrovare professionalità e onestà nella visione di uno spettacolo. Questo era un testo perfetto che, nonostante fosse stato scritto 33 anni fa, sembra scritto domani mattina. Scritto da un autore che come i più grandi hanno visto nel futuro e nei fantasmi dell’uomo.

In che cosa aveva visto lungo l’autore?

È un testo che abbraccia il buio sociale che abbiamo, la crisi e il fallimento matrimoniale, ma anche la crisi culturale, la morte della parola. Si crea uno scontro generazionale. Uno spettacolo coraggioso, ci abbiamo messo l’anima. La parola è molto importante e siamo riusciti ad arrivare agli spettatori attraverso semplicità e verità. Il pubblico resta affascinato, si vede che è preso. È come se per un ora e mezza entrasse in un tunnel di magia, resta in silenzio tombale fino all’esplosione dell’applauso finale.

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Quanto è importante per voi questa reazione del pubblico?

È uno spettacolo che abbiamo lanciato nell’ttobre 2013, ed è un grande successo ovunque si vada. Gli spettatori, nonostante i lunghi applausi, non si alzano dal posto, non hanno fretta di scappare verso la macchina. Rimangono seduti e lanciano un messaggio non solo a noi ma a tutto il Teatro: vogliono bere quest’acqua, vogliono essere presi per i capelli per tornare a riflettere, specialmente in questi tempi. 

La messinscena vede un abbraccio tra cinema e teatro, per lo spettatore un effetto quasi 3D, attraverso schermi, suoni, immagini filmate…

Esattamente: gli incubi del protagonista (la moglie, il maggiordomo, il figlio) sono rappresentati in modo virtuale. Una volta, quando non c’era questo supporto tecnologico, andavano in scena gli attori in carne ed ossa e il pubblico non sempre capiva che si trattava di visioni. Grossi invece ha sperimentato questo dialogo tra il virtuale e gli attori reali. Per questo si crea come una magia per lo spettatore: è l’immediato incontro con l’incubo. Si vedono le immagini che quest’uomo ha nella testa. Le sue emozioni, i paesaggi (il mare, le vacanze,…). Sembra quasi ricavato da un quadro di Mondrian.

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E qual è il loro significato?

Rappresenta il buio sociale, in cui si è rifugiato un uomo scappato dalla sua vita precedente, buio come una bara. Un luogo in cui sono rimaste le emozioni, le gioie, le fascinazioni. E poi quell’ultimo lungo primo piano, cinematografico, senza abiti, un uomo che non c’è più. Eppure lascia un sorriso, come un segno di speranza.

Cosa pensa del giovane Eugenio Franceschini?

Abbiamo fatto tantissimi provini per trovare il giovane. Occorreva un bel ragazzo, pulito, non ambiguo. Un ragazzo giovane che sapesse cosa vuol dire recitare. Eugenio è senza dubbio un ragazzo di assoluto talento. È giovane, ha 23 anni, ed è all’ultimo anno del Centro Sperimentale di Cinematografia. Ha studiato, conosce, ha voglia. Non vuole essere un tronista, vuole apprendere. A mio avviso farà una bella carriera. Soprattutto se questo Paese vorrà essere utile per il cinema, per il teatro, per la cultura. Oggi in questo Paese chi pensa disturba (ride ndr). Quindi bisogna lottare sotto certi punti di vista.

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Leo Gullotta e Eugenio Franceschini in scena con “Prima del Silenzio”

Dopo aver parlato con Leo Gullotta, abbiamo raggiunto Eugenio Franceschini a cui abbiamo fatto la stessa domanda a ruoli invertiti.

Com’è recitare al fianco di un grande attore come Leo Gullotta?

A 23 anni avere un ruolo così importante a teatro è un’occasione davvero unica che sto cercando di sfruttare al meglio. Il teatro succhia tante energie. Io sono giovane e mi sento stanco, lui ha 68 anni ma è sempre carico di energia: è un vero mostro da palcoscenico, non so come faccia (ride ndr.)!

Per te è come un maestro…

Leo mi sta insegnando tantissimo, soprattutto la dedizione al lavoro dove non bisogna mai dare niente per scontato. A livello tecnico, venendo io da una scuola di cinema, ha colmato molte mia lacune e io ogni giorno gli chiedo consigli. A livello umano è una grande persona, umile e piena di cuore.

Interviste di Giacomo Aricò

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