Tra il 29 e il 31 agosto verrà proiettato a Venezia Short Skin, opera prima di Duccio Chiarini Si tratta di uno dei tre progetti, tra dodici selezionati da tutto il mondo, del 2° Biennale College – Cinema (2013 – 2014), realizzato dalla Biennale di Venezia in partnership con Gucci: Duccio Chiarini ha avuto così la possibilità di realizzare il suo primo lungometraggio a micro-budget, tramite un contributo di 150.000 euro.
Il film narra la storia di Edoardo, un ragazzino di 17 anni, che deve affrontare una situazione fisica molto particolare, che gli ha impedito finora di avere qualsiasi tipo di esperienza sessuale, sia con se stesso che con le ragazze. È estate ed Edoardo e il suo miglior amico affrontano un rito di passaggio fondamentale, ossia cercare di perdere la verginità. Ma è proprio durante questo periodo che Edoardo scopre che la vita, così come il sesso, è molto complicata da affrontare, e questo non solo per i suoi problemi personali, ma anche per quanto riguarda quelli della sua famiglia. Questa è la storia di come si scende a patti con le proprie paure, diventando così uomini.
Bianca Nappi è l’unico personaggio femminile adulto del film e interpreta la mamma di Edoardo. Abbiamo avuto il piacere di intervistare questa bravissima attrice che si divide tra teatro, televisione e cinema in cui è stata diretta per ben tre volte da un certo Ferzan Ozpetek (in Un Giorno Perfetto, Mine Vaganti e Magnifica Presenza).
Che esperienza è stata partecipare a questo primo lavoro di Duccio Chiarini? Quanto è grande la soddisfazione di essere stati selezionati per Venezia?
Partecipare ad un’opera prima ha sempre un ché di eccitante, perché in genere si mettono in moto emozioni più intense e spontanee; avere poi l’occasione, grazie al premio che Duccio Chiarini ha vinto alla Biennale College, di essere al festival di Venezia rende il tutto ancora più interessante. Mi auguro il film possa trovare una giusta distribuzione e che attiri l’attenzione di pubblico e critica perché lo merita.
Interpreti l’unico personaggio femminile adulto della storia. Ce lo puoi descrivere?
Il mio personaggio è quello di Daniela, la madre del protagonista Edoardo. Daniela è una donna che ha da poco perso il padre e si è lasciata andare forse troppo, senza rendersi conto che questo suo atteggiamento può portare a conseguenze poco piacevoli per se stessa e la sua famiglia; è un personaggio sicuramente più drammatico rispetto a quelli che ho interpretato finora ed anche per questo sono stata molto felice di farlo, perché finalmente ho potuto cimentarmi con qualcosa di diverso.
Cosa pensi del tema della sessualità in riferimento agli adolescenti adesso nel 2014? Quanto pensi sia cambiato l’approccio dei giovani verso questa scoperta ora che dominano i web social e le relazioni spesso e volentieri virtuali?
Credo che un cambiamento sostanziale sia avvenuto rispetto alla sessualità esibita, raccontata, mentre credo che le paure e i desideri continuino ad essere gli stessi. È ovvio che, anche grazie all’uso sempre più massiccio dei social network, è più facile “conoscere” nuove persone o mettersi in mostra, o semplicemente recuperare informazioni di qualunque tipo, sesso compreso; l’esperienza reale però, con tutto quello che ne consegue, è un’altra cosa e penso che rispetto a questo gli adolescenti di oggi forse non sono così diversi da quelli di venti anni fa…
I giovani sembrano voler bruciare le tappe: tutto subito e tutto adesso. Ripensando invece alla tua giovinezza, come si viveva questa esperienza della perdita della verginità una volta?
Sono stata adolescente nella metà degli anni 90, in un’epoca in cui si parlava già moltissimo di sesso, l’epoca delle Veline e delle ragazze di Non è la Rai per intenderci; perdere la verginità aveva già perso il suo valore antico e già c’era questa corsa verso il “tutto e subito”. Per questo motivo anche io mi sento figlia di questa “fretta” che ha investito i nostri rapporti e il modo di viverli, e confesso che faccio una gran fatica a immaginare come poteva essere prima, quando anche avere il numero di telefono di una ragazza equivaleva ad una grande conquista… Penso che solo in futuro capiremo se e quanto questa accelerazione nelle relazioni ha influenzato positivamente o meno la nostra vita affettiva.
Al cinema sei stata diretta più volte da Ozpetek. Cosa rappresenta per te questo regista? Ti ha aiutato a crescere anche come attrice?
Prima ancora di conoscerlo seguivo il cinema di Ferzan Ozpetek, per cui poi incontrarlo e lavorarci più volte è stata senza dubbio una delle esperienze più significative avute finora nel mio lavoro. Ozpetek ha un modo molto speciale di lavorare con gli attori, che ama moltissimo, per cui ti offre la possibilità di crescere ed evolverti artisticamente in modo molto spontaneo e organico.
Teatro, cinema e televisione: dov’è che riesci maggiormente ad esprimere te stessa?
Credo che il lavoro di un attore sia sempre lo stesso, indipendentemente che lo si faccia dietro una macchina da presa, su un palco o dietro un microfono! La preparazione ai personaggi, almeno per quel che mi riguarda, è sempre la stessa; quello che cambiano sono gli interlocutori, che naturalmente possono influenzare il tuo lavoro in maniera più o meno positiva e l’eco che il tuo lavoro può avere. È chiaro che lavorare in un film o in una serie di successo ti offre una visibilità che a volte nemmeno anni di teatro impegnato possono darti e sarebbe sciocco dire che questo non fa la differenza o non conta per un attore!
Cosa ti aspetti da questo Festival di Venezia? Come trovi il nostro cinema italiano?
Credo sia un fatto concreto affermare che nell’ultimo anno il cinema italiano sia stato in grado di far parlare di se in modo eccellente; penso a Sorrentino e l’Oscar, ad Alice Rohrwacher… Quindi il nostro cinema vive un momento di grande vitalità, malgrado la crisi economica, e Venezia ne è il suo simbolo più prestigioso. Mi auguro proprio di vedere molti film coraggiosi e anti convenzionali.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Oltre a partecipare alla rassegna di drammaturgia contemporanea “In cerca d’autore” con “Sedici feriti”, una bellissima opera dell’israeliano Eliam Kraiem a fine settembre, tornerò con grande piacere in scena con “Some girls”, una commedia di Neil LaBute per la regia di Marcello Cotugno; una commedia che indaga la sessualità e l’affettività dei trentenni di oggi… Come vedi l’argomento ritorna sempre!
Intervista di Giacomo Aricò