Dopo 1992 e 1993, da venerdì 4 ottobre, alle 21.15, in esclusiva su Sky Atlantic (e in simulcast su Sky Cinema Uno) arriva 1994, l’ultimo capitolo della trilogia che racconta gli anni che hanno cambiato il Paese a cavallo fra Prima e Seconda Repubblica. Gli otto episodi, diretti da Giuseppe Gagliardi (1,2,3,5) e Claudio Noce (4,6,7,8), hanno come protagonisti nuovamente Stefano Accorsi, Guido Caprino, Miriam Leone, Antonio Gerardi, Giovanni Ludeno e Paolo Pierobon.
1994
Nel 1994 l’Italia cambia per sempre: è l’anno della restaurazione. Lo sa bene Leonardo Notte (Stefano Accorsi): ha capito che conquistare il potere è difficile, ma mantenerlo è davvero una missione impossibile. Così come sembra impossibile per Pietro Bosco (Guido Caprino) riuscire a cambiare: anche ora che ha un ufficio al Viminale, non riesce ad abbandonare i suoi vecchi difetti, né riesce a dimenticare l’unica donna che ha davvero amato. Veronica Castello (Miriam Leone) deve infatti decidere chi sarà il suo compagno di vita, ma nel frattempo capisce che non vuole più essere solo la donna di uomini potenti e inizia così a giocare in prima persona la partita per il potere, diventando una parlamentare. Ritroveremo anche il PM di Mani Pulite Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi), che continua la sua battaglia, Silvio Berlusconi (Paolo Pierobon) e Dario Scaglia (Giovanni Ludeno). Con loro anche Maurizio Lombardi, già visto in 1992 e 1993 nel ruolo di Paolo Pellegrini, uomo di Berlusconi e neo-onorevole, che vive in adorazione del Cavaliere.
Giuseppe Gagliardi racconta…
“Siamo alla fine della campagna elettorale, la più grande operazione di marketing mai vista. Mesi di grande entusiasmo. La campagna è servita a vendere l’impressione che le cose erano predisposte per il cambiamento. Il 1994 è l’anno in cui si è cercato di vendere il nuovo. Non certo il diverso. Si è trattato sostanzialmente della riproduzione di un modello preesistente. Dopo l’anno della Rivoluzione e quello del Terrore, dunque, la trilogia giunge a compimento con il racconto dell’anno della Restaurazione. Abbiamo lasciato Leo Notte a terra agonizzante, lo ritroviamo nell’aldilà di uno studio televisivo. È il tempo in cui televisione e politica diventano una cosa sola. Si realizza quel mondo distopico prefigurato negli anni 70 da Flaiano, “Fra 30 anni l’Italia non sarà come l’avranno fatta i governi, ma come l’avrà fatta la TV”. Il mondo dei nostri personaggi. Quello dove la posta in gioco per sopravvivere è sempre la stessa: il potere“.
Claudio Noce racconta…
“L’anno 1994 costituisce lo spartiacque tra due mondi. Due modi diversi di essere cittadini, elettori, politici. È l’inizio della Seconda Repubblica. Ho avuto la fortuna di poter mettere in scena un quadro a volte distonico, all’interno del quale i personaggi si muovono spinti dalla voglia di vincere l’uno sull’altro. L’occasione di potergli stare così vicino da sentirne il respiro affannato della loro personale “guerra fredda”. Sul terreno ci sono tutti gli elementi della tragedia classica: il coro, la guerra, la politica, lo stato, l’amicizia, la gelosia, il tradimento, l’amore e l’odio. Ad esempio, la Procura di Milano è il teatro di una lunga battaglia. La sfida finale tra Di Pietro e Berlusconi passa e si interseca nella mente e nelle anime di tutti i nostri personaggi. Un quadro dove anche un gesto piccolo e semplice come levarsi di dosso la “divisa della battaglia” (la toga) risulterà un gesto violento e strategico che si ripercuote nella Storia“.
Il 1994 per parlare dell’oggi
Gli sceneggiatori Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo con 1994 hanno completato una trilogia che racconta la fine della Prima Repubblica e l’inizio della Seconda. Gli sceneggiatori, in conclusione, hanno spiegato che “ogni racconto storico cela l’ambizione di parlare della contemporaneità. Analizzare come eravamo ci offre chiavi di lettura per capire chi siamo, e ci permette di porre il presente in un contesto più ampio. Questo è quello che abbiamo cercato di fare, anche in quest’ultima stagione: romanzare la storia senza tradirla, giocando con gli echi di quel passato prossimo che risuonano nel presente, e nel racconto provare a restituire il più fedelmente possibile lo spirito dell’epoca, per capire meglio quella in cui viviamo“.