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Stella Cadente, la scommessa vinta di Luis Miñarro

Arriva oggi in Italia Stella Cadente, l’ultimo film di uno dei personaggi più poliedrici del cinema spagnolo: Luis Miñarro. Nel cast c’è anche l’italiano Lorenzo Balducci che recita al fianco di Alex Brendemühl, Bárbara Lennie, Lola Dueñas, Francesc Garrido, Alex Batllori, Gonzalo Cunill e Francesc Orella.

Novembre 1870: con 191 voti favorevoli Amedeo d’Aosta, fratello del futuro Umberto I e capostipite dei Savoia, diventa re di Spagna. Giunto a Madrid il 2 gennaio 1871, lo stesso giorno giura sulla costituzione. Il sovrano è armato di idee liberali e progressiste, ma presto i suoi ideali reali si scontrano con la realtà spagnola del periodo, dominata da intrighi, corruzione e ogni bassezza di cui l’animo umano è capace.

Costretto a passare la maggior parte del tempo tra le mura del suo palazzo per timore che l’instabilità politica deflagri in un attentato, dopo appena due anni Amedeo abdica, dichiarando la Spagna ingovernabile.

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Film storico e melodramma d’amore, commedia pop e musical camp, sogno gay ed equivoca festa erotica, Stella Cadente è una delle scommesse più originali e sconcertanti del cinema catalano e spagnolo degli ultimi anni. Il tono del film cambia da scena a scena. L’energia che esprime gli consente di sfuggire a ogni catalogazione e di rilanciare costantemente superandosi in creatività ed eloquenza.

In apparenza, si racconta del breve regno spagnolo di Amedeo di Savoia (un debordante Alex Brendehmül), che vediamo rinchiuso tra le mura del palazzo reale, progressivamente assorbito e frustrato dalla impermeabilità della Spagna ad accogliere le nuove leggi del progresso e della libertà. Al fondo però, il film è uno studio provocatorio sulla perdita del senso di realtà che condiziona in modi differenti il personaggio, il film e lo spettatore. Amedeo si rifugia in se stesso, in un universo desolato che lui converte in uno squisito delirio fatto di vino, frutta, sesso e malinconia.

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Il film inizia con eventi storici, ma via via si va addentrando in un territorio sconosciuto, raggiungendo un tono allucinato esibito con disinvoltura dalla fotografia di Jimmy Gimferrer, in costante e abbagliante chiaroscuro. E lo spettatore si vede costretto a entrare in questo gioco, tanto innocente quanto perverso, senza alcuna guida, a suo libero arbitrio, rincorrendo una trama labirintica che non sembra condurre da nessuna parte.

Stella Cadente rifiuta ogni genere e convenzione narrativa, avanzando attraverso frammenti di quadri abbaglianti nei quali respirano molteplici riferimenti letterari, pittorici, musicali: da Baudelaire a Lucien Freud, passando per Alain Barrière, Wagner, Caravaggio e molti altri. Luis Miñarro li mescola con delicatezza, come se fosse la cosa più naturale del mondo, e in questo gesto di generosità verso di loro e verso il suo pubblico, si trova la chiave di questo delizioso enigma in forma di film: la creatività è perfettamente capace di lottare contro la miseria dei tempi.

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In questo modo, il film si trasforma in una requisitoria feroce contro lo stato attuale del paese, e in una rivendicazione del pensiero artistico e cinematografico come elemento rigeneratore di un tessuto sociale devastato. E così si trasforma in qualcosa che ha desiderato essere sin dal suo titolo: un film italiano degli anni ’60 e ’70, una via di fuga da tutti i demoni attraverso l’estetica di questo paese. Ed è così che si converte in definitiva in un film politico.

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