Il pluripremiato regista Ryan Coogler è da domani al cinema con Creed – Nato Per Combattere, il fight movie che vede protagonisti Michael B. Jordan e Sylvester Stallone – premiato per questo film con il Golden Globe e nominato all’Oscar come Miglior Attore Non Protagonista – che torna a vestire i panni di Rocky. Un nuovo capitolo che si aggiunge ad una Leggenda lunga quarant’anni.
Adonis Johnson (Michael B. Jordan) non ha mai conosciuto suo padre, il famoso campione del mondo dei pesi massimi Apollo Creed, morto prima che lui nascesse. Ma non si può negare che abbia la boxe nel sangue, e così decide di andare a Philadelphia, la città dove si tenne il leggendario incontro tra Apollo Creed e il duro di nome Rocky Balboa. Una volta arrivato nella città dell’amore fraterno, Adonis rintraccia Rocky (Sylvester Stallone) e gli chiede di diventare il suo allenatore. Rocky è ormai fuori dal quel mondo ma Adonis gli ricorda il giovane e duro pugile che lui stesso era un tempo. E dopo parecchie insistenze, Rocky accetta di allenarlo, ma a modo suo.
Nonostante continui a sostenere di essere ormai fuori per sempre da quel mondo, Rocky vede in Adonis la forza e la determinazione che aveva visto in Apollo — il feroce rivale che era poi diventato il suo più caro amico. Dopo aver accettato di prenderlo sotto la sua ala, Rocky inizia ad allenare il giovane atleta, anche se l’ex campione sta combattendo contro un avversario più letale di chiunque abbia mai affrontato sul ring. Con Rocky al suo fianco, non passa molto tempo prima che ad Adonis si presenti l’opportunità di conquistare il titolo. Ma farà in tempo a sviluppare non solo la volontà, ma anche il cuore di un vero combattente prima di salire sul ring?
Ryan Coogler, che di questo film ha anche scritto il soggetto e la sceneggiatura, ha realizzato un suo desiderio: “sono cresciuto guardando i film di Rocky, un personaggio cui la gente si sente vicina e che ama, dagli appassionati dei film d’azione agli appassionati dei film drammatici, dagli inguaribili romantici a quelli che semplicemente amano il cinema: tutti adorano questi film perché hanno qualcosa per ognuno”. Ma per realizzare davvero questo sogno è intervenuto Sylvester Stallone, che ha anche co-prodotto la pellicola.
Lo storico attore della serie ha deciso di tornare sul ring per indossare di nuovo i guantoni: “l’impronta che Rocky ha lasciato nel pubblico mi confonde e mi inorgoglisce nello stesso tempo – spiega Stallone – anche per questo ho sempre sentito la responsabilità di conservare intatto il personaggio, ma quando Ryan è venuto da me con l’idea di inserire nel film il personaggio di Adonis Creed, ho pensato che era incredibile, un cineasta così giovane eppure così attirato da quello che avevamo iniziato tanti anni fa. Lo ammetto, ero davvero intrigato”.
Per restare fedele alla tradizione, Coogler ha voluto che Creed ricordasse lo stile duro, vecchia scuola, dei primi Rocky, ma elaborando nel contempo una sua identità moderna. Era importante per lui rispettare i personaggi, creare un film che potesse colmare la distanza tra i Baby Boomers e i Millennials, e appassionare il pubblico delle due generazioni e tutti gli altri nel mezzo.
Il personaggio di Adonis è cresciuto senza avere accanto a sé un padre o una figura paterna. Coogler ha “voluto vedere come sarebbe andata se l’avesse trovata da grande: Rocky aveva Mickey, quindi quasi uno di famiglia, perché un allenatore, un coach può essere qualcosa di simile a un genitore per un giovane atleta”. Rocky non aveva programmato di tornare nel mondo della boxe e tanto meno si aspettava di ritrovarsi alla porta un altro Creed, anche se riluttante a usare quel nome. Ma non è questa la sola sorpresa che lo aspetta una volta che fa entrare Adonis – Donnie, come lo chiama lui – nella sua vita. “Se io combatto, tu combatti”, dice Donnie al suo mentore, “zio” e amico. Ma sta a Rocky decidere quanta voglia di combattere gli è rimasta.
Rocky Balboa dice a Adonis che l’avversario più temibile non è l’altro atleta, ma quello che lo guarda nello specchio – qualcosa che Rocky ha imparato dalla sua esperienza nella boxe e nella vita. Sa anche che il giovane combatte per uscire dall’ombra del padre, uno dei pugili più grandi e famosi che siano mai saliti sul ring, quindi lui deve allenarlo non solo fisicamente, ma soprattutto mentalmente. Forse Adonis si sente pronto a farsi un nome, ma è pronto per arrivare a livello del padre?
A Coogler interessava molto vedere i segni che il tempo aveva lasciato su Rocky, “come era diventata quella che era conosciuta come una figura eroica, come aveva resistito fisicamente allo scorrere del tempo”. Il regista paragona la situazione del personaggio a quella di un altro personaggio da lui molto amato, il primo allenatore di Rocky, Mickey: “ho sempre pensato che fosse molto interessante il fatto che, quando conosciamo Mickey in Rocky, non si parla della sua famiglia, se ha una moglie, dei figli. Lui è Mickey, ha la sua palestra e i suoi pugili e basta. Quando ora incontriamo Rocky, succede come per Mickey, l’unica differenza è che conosciamo la sua storia”.
Avendo creato Rocky Balboa e avendolo interpretato in sei film, per Stallone è stato facile tornare nel ruolo ed esplorare questa nuova fase della sua vita, quando gli si presenta un’opportunità inaspettata: “anche se ho creato io il personaggio, mi auguro di essergli stato fedele – dice ridendo Stallone – è l’epitome della pazienza, non c’è cattiveria in lui, anche se è molto competitivo, combatte per orgoglio”.
“La boxe, come probabilmente la maggior parte degli sport, è per l’80 per cento nella tua testa – continua Stallone – puoi essere sconfitto già prima di uscire dallo spogliatoio. Per questo un buon allenatore, l’uomo che sta nel tuo angolo, deve essere uno psicanalista, intervenire subito. Deve dare sicurezza e fiducia all’atleta. È un lavoro straordinario e credo sia perfetto per Rocky – lui può attingere a tutta la sua esperienza passata e trasmetterla a Adonis”.
Avendo frequentato a lungo il mondo della boxe – sia nella realtà che nel cinema – Stallone ha avuto la possibilità di esaminare a fondo cosa spinge un pugile a lottare: “è una personalità unica che vuole sfidare se stesso in questo modo, anche Rocky, che è così gentile e tranquillo, quando sale sul ring sente scattare in lui un istinto primordiale: è una questione di abbandonare la tua zona di sicurezza, di metterti alla prova in un modo che la maggior parte della gente non farebbe mai”.
“Non si tratta di quanto colpisci forte. Si tratta di quanto forte puoi essere colpito e riuscire comunque ad andare avanti”.
Adonis Johnson