Presentato in concorso nella sezione Orizzonti alla 74° Mostra del Cinema di Venezia, giovedì 23 maggio arriva al cinema Takara – La Notte Che Ho Nuotato, il film diretto da Damien Manivel e Kohei Igarashi, un family d’essai che si propone di ritagliarsi uno spazio nelle sale di qualità, accanto ai colossi americani che affolleranno la stagione estiva 2019.
Il film
L’avventura, tra piccole e grandi difficoltà, di un bambino che vuole ritrovare il suo papà. Tra le montagne innevate del Giappone, ogni notte, un pescatore si reca al mercato del pesce del suo paese. Una notte, il suo figlioletto di sei anni, Takara, viene svegliato dai suoi rumori, e non riesce proprio a rimettersi a dormire. Mentre il resto della famiglia dorme, il piccolo fa un disegno per quel papà che vede così poco, e lo mette nel suo zainetto. La mattina, ancora troppo insonnolito, perde la strada per la scuola: un’occasione per una piccola avventura, e forse per consegnare quel disegno.
Takara – La Notte Che Ho Nuotato è un racconto incantevole e pieno di lirismo, che parla di affetti e avventura, una favola senza tempo ambientata tra le suggestive montagne innevate del Giappone. Un film grazie al quale anche gli adulti torneranno bambini, immedesimandosi nel piccolo protagonista, ritrovandosi nella sua vitalità e riflettendo sulle sue difficoltà.
Damien Manivel e Kohei Igarashi
Vi proponiamo qui sotto un estratto dell’intervista rilasciata dai registi Damien Manivel e Kohei Igarashi.
La vostra è davvero una storia semplice, senza dialoghi, ma così profonda e universale…
DM: Abbiamo sinceramente cercato di trovare il modo migliore per esprimere i sentimenti che avevamo quando eravamo bambini. Anche se la nostra infanzia è passata da così tanto tempo…
KI: … e così abbiamo cercato di capire la realtà quotidiana di Takara, la sua immaginazione, abbiamo parlato e giocato con lui a lungo. Attraverso di lui abbiamo riscoperto la nostra stessa infanzia.
In Takara – La Notte Che Ho Nuotato, tutto è ispirato dalla vita quotidiana e sembra molto naturale. Allo stesso tempo, la poesia può essere scovata ovunque, e riuscite a rivelarla con una sensibilità infinita. Anche i suoni giocano un ruolo importante in questo film…
KI: Quando arrivai per la prima volta ad Aomori, sentii che c’era qualcosa di sacro in questo posto. Abbiamo cercato di trasmettere questo sentimento al nostro film.
DM: Dal momento che non ci sono dialoghi, dovevamo comunicare il senso dello spazio, il suono della neve, l’atmosfera di Aomori e le sue silenziose notti immerse nel biancore.
C’è anche un forte senso dell’umorismo e una profonda malinconia. C’era già all’inizio nel vostro copione?
DM: l film è una combinazione di entrambi e Takara. Quindi, il senso dell’umorismo e la sensazione di malinconia provengono dal nostro trio.
KI: Abbiamo cercato di pensare sempre a Takara come a un piccolo Buster Keaton giapponese…