Domenica 15 luglio (ore 16.00, Sala Frau) a Spoleto Festival dei Due Mondi, andrà in scena Penelope – Omero-Ovidio-Atwood, lo spettacolo scritto e diretto da Matteo Tarasco che ha come straordinaria protagonista Teresa Timpano.
Penelope e l’Inferno del non ritorno
Una donna tra terra e mito, tra il rosso della passione e il bianco dell’anima, il blu, il viola, persino il grigio che sembra evocare un frame di una pellicola del passato: non più un racconto che ci restituisce il personaggio di una donna remissiva, ma che sa comunque essere anche determinata, un’immagine che trascolora – appunto – nella leggenda, bensì qualcosa di vero, che l’avvicina all’oggi, a partire dal testo, meno aulico, più strutturato su una prosa moderna, che sa sottolineare momenti universali e colpire con la forza delle parole; ma anche, come si diceva, attraverso una regia che riscopre il gusto della messa in scena, che fa delle diverse componenti della rappresentazione strumenti che battono all’unisono per trasporre il concetto di testo che supera tempo e spazio.
Matteo Tarasco ha raccontato così questo spettacolo: “Penelope è un poema erotico e disperato, che espone con lucida follia e altissimo linguaggio le pene di un amor ritrovato, ma invivibile. Uno struggente grido di estasi erotica, che si trasforma in agonia. Penelope illustra le più atroci conseguenze dell’amore ripercorrendo l’Odissea dal punto di vista di Penelope, la quale oramai defunta racconta il ritorno di Ulisse come mai è stato raccontato. E’ la storia di un’ossessione amorosa, un’ossessione che si fa verbo, strappando ogni singola parola al marasma di gemiti inarticolati in cui questa donna innamorata affoga e si dibatte. I suoi occhi troppo annebbiati dalle lacrime non vedono il mondo e i drammi che lo sconvolgono, ma si fanno testimoni di un desolato finale di partita, in una terra di nessuno, dove Penelope si aggira impaurita, triste e solitaria“.
“Raccontare in scena il mito di Penelope oggi, significa esser consapevoli di tutto questo, significa sfidare, sulle assi del palcoscenico, l’essenza più profonda del proprio essere, significa lanciare una sfida agli spettatori: una sfida a valicare il confine dello specchio, una sfida a spogliarsi della maschera per offrirsi nudi al cospetto di Verità“.