Lunedì 29 aprile arriva al cinema The Brink – Sull’Orlo Dell’Abisso, il documentario diretto dalla regista Alison Klayman che ha seguito per più di un anno Steve Bannon, ex stratega e uomo chiave nello staff di Donald Trump.
Il film
Quando Steve Bannon lasciò la sua posizione di capo stratega della Casa Bianca, meno di una settimana dopo lo “Unite the Right Rally” (anche noto come disordini di Charlottesville, manifestazione organizzata dai suprematisti bianchi nell’agosto 2017), era già una figura ben nota nella cerchia ristretta di Donald Trump per aver portato un’ideologia di estrema destra nelle più alte sfere della politica americana. Non vincolato da un incarico ufficiale – anche se alcuni dicono che abbia ancora una linea diretta con la Casa Bianca – si è sentito libero di utilizzare la sua influenza per trasformare il suo controverso movimento nazionalista in un movimento globale.
The Brink segue Bannon attraverso le elezioni di medio termine del 2018 negli Stati Uniti e fa luce sui suoi sforzi per mobilitare e unificare i partiti di estrema destra per ottenere seggi nelle elezioni europee di maggio 2019. Per conservare il suo potere e la sua influenza, l’ex banchiere di Goldman Sachs nonché investitore nel settore dei media (è stato fondatore della società Bannon & Company e ex direttore di Breitbart News), reinventa così se stesso per l’ennesima volta, in questa circostanza come leader auto-nominato di un movimento populista globale. Manipolatore acuto della stampa e formidabile promotore di se stesso, Bannon continua a riempire le pagine dei giornali e scatena proteste ovunque vada, alimentando il potente mito su cui si basa la sua sopravvivenza.
Alison Klayman
Riportiamo qui sotto un estratto dell’intervista rilasciata dalla regista Alison Klayman.
Perché hai voluto fare questo film?
Sono una documentarista che cerca di capire quale contributo posso dare al momento storico in cui stiamo vivendo; questo lavoro mi è quindi sembrata un’opportunità unica e irripetibile per poter mettere in campo le mie competenze e capacità. Sentivo che c’era bisogno di un film come questo, se fatto nelle giuste condizioni.
Perché hai pensato che l’approccio del cinema verità fosse quello giusto per questo film?
La natura del male e la natura delle persone che mettono in atto politiche dannose per il mio paese, come per esempio il Muslim Travel Ban, sono argomenti ideali da esplorare attraverso questa modalità di fare cinema. I tradizionali ritratti mediatici di Bannon come una super mente o un terribile persuasore non mi convincevano e volevo avere un approccio critico che andasse al di là della sua immagine superficiale. Sentivo di avere una grande responsabilità: se non avessi potuto stare dietro le quinte e avere quindi accesso ad alcuni momenti di vita veramente rivelatori del personaggio Bannon, avrei certamente abbandonato il progetto. Bannon ha l’abilità di prendere in giro se stesso e anche di prendersi gioco degli altri, quindi la mia idea iniziale è stata quella di fare un film certamente serio, ma in cui fossero presenti anche alcuni elementi divertenti. Ho pensato che questo aspetto avrebbe funzionato bene proprio con il cinema verità.
Durante il lavoro ti sei mai preoccupata di umanizzare troppo Bannon o di renderlo addirittura simpatico?
La cosa fondamentale non era umanizzarlo, quanto piuttosto smascherarlo. Umanizzarlo non era certo lo scopo di questo progetto anche se è ovviamente un essere umano, quindi fa e sente cose che appartengono ad ognuno di noi: ha fame, si arrabbia ecc. Tutti siamo spesso portati a pensare che i nostri nemici siano dei mostri, ma in realtà sono esseri umani ed è proprio questo che li rende ancora più spaventosi. Personamente, dopo un anno in sua compagnia, sono ancora più critica verso di lui. Ora lo conosco meglio e so che ci sono alcuni suoi aspetti che ancora non capisco. L’obiettivo di questo film è mostrare le sue azioni, le persone con cui collabora e ciò che dice. Non so cosa ci sia nel suo cuore e in realtà non mi interessa.
Qual è il significato del titolo?
Quando ho incontrato Bannon per la prima volta, il titolo provvisorio del progetto era Looking Glass, perché mi sentivo come attraverso uno specchio, in un mondo in cui tutto ciò che pensavo rappresentasse il male era considerato bene e le cose che ritenevo essere positive riguardo il paese invece venivano sistematicamente distrutte. È stato sconvolgente vedere quante persone in giro per il mondo volessero essere fotografate con Steve Bannon. Ci siamo imbattuti in The Brink alla fine del progetto, quando stavamo cercando qualcosa che non fosse di sostegno a Bannon e non gli desse ancora maggiore risalto, ma qualcosa che appartenesse al suo mondo o al suo modo di parlare. Un giorno Bannon mi lesse una citazione dal libro di Abraham Lincoln che portava ovunque con sé, qualcosa che riguardava le ragioni per cui siamo sull’orlo (The Brink appunto) della distruzione. Era il titolo giusto, era maschile, militante, comunicava il film senza rappresentare un cliché o andare a parare troppo nel suo cosiddetto “populismo”. The Brink suggerisce molti significati, indica qualcuno che spinge tutto al limite e poi continua a andare avanti. Lui vive e prospera “sull’orlo”, al limite, e sembra che in questo momento su quell’orlo dell’abisso ci siamo anche tutti noi.
In un entourage pieno di uomini, come ci si sente ad essere l’unica donna?
Ho sentito un sacco di discorsi transfobici e anti-liberali, ma ho sempre cercato di rimanere invisibile e di far sì che il mio genere non diventasse un “caso”. Essendo stata l’unica donna presente per la maggior parte del tempo, volevo anche essere in grado di trasportare la mia attrezzatura da sola ed essere autosufficiente. Bannon è una persona molto vecchio stile, mi chiamava occasionalmente “cara” e questo mi faceva arrabbiare, ma lasciavo correre. Non volevo essere additata come regista donna, ma devo anche dire con piacere che questo film è stato realizzato da due donne progressiste che stanno cercando di portare alla luce problemi sistemici, è un film sugli uomini che, per prevalere, vogliono rimarcare le tradizionali gerarchie che esistono nel mondo.