Dopo essere stato presentato al 35 TFF Torino Film Festival e aver vinto il premio per la regia e migliore attore protagonista al BIF&ST 2018, esce oggi al cinema Tito e Gli Alieni, il nuovo sorprendente film scritto e diretto da Paola Randi. Protagonista il cast composto da Valerio Mastandrea, Clemence Poesy, Luca Esposito, Chiara Stella Riccio, Miguel Herrera, John Keogh e Gianfelice Imparato.
Tito e Gli Alieni
Il Professore (Valerio Mastandrea) da quando ha perso la moglie, vive isolato dal mondo nel deserto del Nevada accanto all’Area 51. Dovrebbe lavorare ad un progetto segreto per il governo degli Stati Uniti, ma in realtà passa le sue giornate su un divano ad ascoltare il suono dello Spazio. Il suo solo contatto con il mondo è Stella (Clemence Poesy), una ragazza che organizza matrimoni per i turisti a caccia di alieni.
Un giorno gli arriva un messaggio da Napoli: suo fratello (Gianfelice Imparato) sta morendo e gli affida i suoi figli, andranno a vivere in America con lui. Anita (Chiara Stella Riccio) 16 anni e Tito (Luca Esposito) 7, arrivano aspettandosi Las Vegas e invece si ritrovano in mezzo al nulla, nelle mani di uno zio squinternato, in un luogo strano e misterioso dove si dice che vivano gli alieni.
Una favola Universale
Tito e Gli Alieni è una favola Universale e universale allo stesso tempo. È un film di fantascienza, una storia che si relaziona con l’Universo, con la celeberrima Area 51 americana – il posto misterioso dove vivono gli alieni – che contiene e proietta i protagonisti in uno spazio infinito. Gente sospesa sperduta in una terra desolata come la Luna dell’Orlando Furioso, un luogo dove l’Umanità ritrova quello che ha perduto. Il Professore (un sempre eccezionale Valerio Mastandrea) si trova lì, cuffie sulle orecchie seduto accanto ad un’antenna puntata verso il cielo, ricerca la voce di sua moglie. Questo personaggio si ispira al padre della regista, che osservava la foto della moglie per tenerne vivo il ricordo.
Una domanda universale
Ed è questo aspetto che riguarda tutti noi. Il film cerca infatti di rispondere ad una domanda universale: come facciamo ad affrontare la paura della morte e del dolore? Come facciamo a conservare i nostri ricordi più importanti? Quando si perde la memoria, “si smarrisce anche l’identità e la realtà si ricompone e assume caratteristiche nuove”, come spiega Paola Randi. Chi perde la memoria non si riconosce e spesso non riconosce i suoi familiari, non è più lo stesso e allo stesso tempo lo è ancora, quindi diventa quasi un estraneo per i figli, i compagni, gli amici di sempre. La regista si è “immaginata la realtà vista con gli occhi di qualcuno che aveva perso la memoria, una realtà ricomposta con le risorse straordinarie di coraggio, creatività, umorismo e straordinaria irriducibile leggerezza che appartenevano a mio padre”.
In vista dell’arrivo al cinema di questo film-gioiello, ho avuto il piacere di intervistare l’autrice e regista Paola Randi.
Tito e gli Alieni, tra sci-fi e commedia, una storia universale che parla di sentimenti, di perdita, ma anche di vita. Che voce ha l’Universo nel tuo film?
Ha la voce dei sogni, dei desideri e della memoria, ma ha anche la nostra voce. Anzi ogni pianeta ha la sua musica, per esempio il suono della Terra è straordinario, potete trovarlo in rete si chiama Song of Earth e l’ha messo in rete la NASA. Soprattutto l’Universo non ha confini, infatti mi chiedo che senso abbia metterne da noi, qui sulla Terra…
Si può dimenticare per vecchiaia, per difesa, per un trauma. Ma anche perché quello che viviamo è il mondo di un “un ipertrofico presente perpetuo, insieme euforico e alienante” (come scrive l’antropologo Paul Connerton in Come la Modernità Dimentica definendo il concetto di oblio). Quanto è importante per te lo spazio della memoria per (ri)costruire il futuro?
La memoria è fondamentale e non svanisce mai del tutto, ma si trasforma, si reinventa, perché è materia viva, emotiva, ci regala la nostra unica visione del mondo è quella che determina le nostre scelte. Penso a quel capolavoro di Eternal Sunshine of the Spotless Mind. Ecco, mi diceva un astrofisico che l’Universo contiene traccia di tutto quello che è stato, come un eco, perché il tempo in realtà non è lineare, trovo tutto questo meraviglioso.
Valerio Mastandrea è sempre sorprendente. Com’è stato lavorare con lui? Se potessi definire la sua prova con un aggettivo quale useresti?
Un aggettivo solo per me è un’impresa quasi impossibile, ma ci proverò…caldo come un abbraccio…?
L’Area 51, i colori, lo spazio. Gli aspetti fantascientifici del tuo film, ci ricordano (riecco la memoria!) alcune pellicole statunitensi, entrate nell’immaginario collettivo. A livello di stile, quali sono stati i tuoi punti di riferimento?
Io sperimento e rielaboro ma ho molti Maestri fondamentali che mi hanno sostenuto in questo film, la fantascienza anni ’70 e ’80 da Lucas a Spielberg, da Kubrick a Tarkovskij e poi Melies, il meraviglioso prestigiatore inventore di tutti i generi e degli effetti speciali tra le altre cose, ma anche il mitico Carlo Rambaldi di cui ero fan fin da bambina.
Facendo leva sui ricordi di quando eri piccola, che messaggio speri possa arrivare al pubblico più piccolo che guarderà questa favola? Lo spazio resta ancora affascinante per le nuove generazioni?
Lo spazio sarà sempre affascinante e altrettanto gli alieni, perché i più giovani non hanno paura di quello che è diverso da noi, di quello che non conosciamo, anzi! Lo accolgono con gioia, con stupore e con curiosità, come dovremmo fare tutti.
Ultima domanda. Paola ma…gli alieni esistono?!
Ti risponderò citando il piccolo protagonista del nostro film davanti a una platea di scienziati all’Agenzia Spaziale Italiana: “io credo che in tutto l’Universo è impossibile che ci siamo solo noi“. E gli scienziati tutti, si sono detti d’accordo con lui.
Intervista di Giacomo Aricò