Tom à la ferme 1

Tom à la Ferme, il brutale thriller di Xavier Dolan

Dopo Laurence Anyways, arriva oggi per la prima volta nei nostri cinema Tom à la Ferme, un altro gioiello di Xavier Dolan che lo ha scritto, diretto ed interpretato. Un film (il suo quarto), adattato sul grande schermo dall’omonima opera teatrale scritto dall’acclamato autore quebecchese Michel Marc Bouchard. Il film è stato presentato il 2 settembre 2013 come film in concorso alla 70ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, vincendo il premio FIPRESCI.


Tom (Xavier Dolan), è un giovane copywriter pubblicitario che torna al paese in campagna per un funerale. Tom, un giovane copywriter, si reca in campagna per partecipare al funerale di quello che era stato il suo grande amore, Guillaume. Qui rimane scioccato nello scoprire che nessuno sappia di lui e dell’omosessualità di Guillaume, ad eccezione del fratello di quest’ultimo, Francis (Pierre-Yves Cardinal), che gli impone violentemente il silenzio, e che suscita in Tom una strana attrazione.

Girato nell’ambienta rurale del Quebec, questo thriller psicologico indaga il sempre più crescente gap tra la città e la campagna e l’opposta natura degli uomini che ci vivono. La Sindrome di Stoccolma, gli inganni, il dolore e le segrete barbarie pervadono questo breve e brutale pellegrinaggio attraverso una realtà brutta e deformata.

Pierre-Yves Cardinal

Pierre-Yves Cardinal

Dopo aver inavvertitamente creato una trilogia sul tema dell’amore impossibile – I Killed My Mother, Heartbeats e Laurence Anyways – con questo film  Xavier Dolan ha cambiato direzione. Prima di iniziare a girarlo, aveva scartato diverse possibilità e idee che aveva in mente, tra le quali un thriller politico – sul tema del cambiamento – dal titolo The Death and Life of John F Donovan: “ma volevo scrivere qualcosa che avrei potuto fare subito. Avevo bisogno di qualcosa di fulmineo, da poter girare altrettanto velocemente”.

Il giovane regista si è così ricordato dello spettacolo teatrale Tom at the Farm, che andò a vedere nell’inverno del 2011 mentre stava preparando Laurence Anyways: “quella serata, sul palco, Lise Roy – che interpreta la stessa parte anche nel film – recitò il monologo di una madre profondamente sofferente che, appena rientrata dal funerale di suo figlio, scoppia durante la preparazione dell’insalata di maccheroni, il suo piatto forte”. La donna scaraventa tutta l’insalata nel cestino – senza che nessuno l’abbia nemmeno assaggiata – esclamando tutto il suo disgusto per la sua “famosa” ricetta e per le persone attorno a lei che per anni la forzavano a cucinarla.

Lise Roy

Lise Roy

Il monologo dei maccheroni non si allontana dalla sua tematica – vale a dire il cibo – ma allude alla profondo dolore e tristezza di una donna che non ha mai conosciuto altro che la fattoria: “e gli abbracci di circostanza del suo defunto marito e dei suoi figli, la mungitura delle vacche, e la piena rassegnazione di guardare a testa bassa una strada sterrata e realizzare che nessuno potrà mai oscurarla”. Ironicamente, questo momento non viene reso nel film “probabilmente per la sua eccessiva teatralità”.

L’autore del testo, Michel Marc Bouchard, eccelle nell’esprimere entrambi i punti di vista di ospitanti e ospiti, “rinunciando a priori al cliché che contrappone Città v.s. Campagna”. La brutalità del rapporto tra i due protagonisti maschili, mentre sul palco è resa in modo elegante ed estetico, viene espressa da Dolan in modo aspro e violentouna scelta che mi ha portato via dalla mia comfort zone”. Lo spettacolo evoca ed esplora diversi sentimenti che Dolan ha fin da subito immaginato per il cinema: “volevo trasmettere quel senso di paura, di ansia e di alterità, mi sembrava qualcosa di nuovo che meritava il grande schermo”.

Tom e Francis

Tom e Francis

Dopo aver assistito allo spettacolo, Dolan ha detto a Michel Marc Bouchard di volerne fare un film. I due si sono così messi all’opera per adattarlo sul grande schermo: “nello spettacolo c’erano solo quattro personaggi: Tom, Francis, Agathe e, proprio alla fine, Sara, che arriva come la verità avvolta nelle menzogne, come una liberazione, come una scintilla in una stanza piena di gas. Hanno condiviso solo una cucina, un fienile e una camera da letto; un classico senza via duscita”.

Dolan e Bouchard hanno giocato questa carta claustrofobica anche nel film, senza però rendere pesante e stancante l’atmosfera per lo spettatore: “ho ritenuto opportuno togliere Tom dalla fattoria un paio di volte, se non altro per amplificare la paura che sarebbe tornato. Il funerale, la visita dal Dottore, i ricordi di una rissa al bar ci hanno fornito qualche respiro di aria fresca, e la possibilità di vedere Tom interagire con altri personaggi, non centrali per lui”. Nessun personaggio e nessuna possibilità lo avrebbe fatto sfuggire al suo destino. Se nello spettacolo c’erano solo dieci scene, nel film ce ne sono 113: “andavano fatte delle scelte e alcune di esse le ho prese a malincuore”.

Xavier Dolan

Xavier Dolan

C’è una frase dall’autore della storia che, per il regista, “se presa fuori contesto, può sembrare pretenziosa”. Una frase che per Dolan – da sempre schierato contro coloro che ghettizzano ed etichettano – “esprime tutto lo spettro emozionale del film, la sua fragilità, le sue problematiche senza tempo, come la sospensione per ciò che è deviante e sconveniente. Era, considerando tutto, ciò che era Tom”.

 “Prima di imparare come amare, gli omosessuali imparano come mentire”.

Michel Marc Bouchard

Leave a Comment