Presentato in anteprima alla 10. Festa del Cinema di Roma, è da domani al cinema Legend, il film noir sui gemelli Kray scritto e diretto da Brian Helgeland con protagonisti (un doppio) Tom Hardy ed Emily Browning.
Legend racconta la storia di ascesa e caduta dei famosi gangster londinesi Reggie e Ronnie Kray (entrambi interpretati da Tom Hardy), che hanno regnato nella Swinging London degli anni ’60, conducendo una vita senza freni. Non appena Ronnie esce di prigione, i due fratelli cercano di consolidare il proprio potere nell’ East End londinese, alleandosi con lo spietato gangster Charlie Richardson e la sua gang, e lavorando al fianco della mafia americana, desiderosa di trasferire la propria egemonia da L’Avana a Londra. Acclamati al pari di vere e proprie celebrità, i Kray sono corteggiati da personaggi ricchi e famosi, e il loro potere raggiunge i vertici dell’establishment inglese. Sono inarrestabili.
Reggie si innamora di una ragazza del suo quartiere, Frances Shea (Emily Browning), e la sposa. Promette di rigare dritto e diventa il proprietario di diversi nightclub. Questa parvenza di legalità, però, non è destinata a durare. Sullo sfondo degli anni ’60, l’impero dei Kray è minacciato da vari fronti: da un lato è in corso un’indagine della polizia condotta dall’Ispettore ‘Nipper’ Read (Christopher Eccleston); dall’altro, Ronnie è una scheggia impazzita, e le sue tendenze violente, paranoiche e auto-distruttive portano all’omicidio a sangue freddo del socio di Richardson, George Cornell. E come se non bastasse, assistiamo alla lenta disintegrazione del matrimonio di Reggie e Frances, che porterà con sé conseguenze disastrose e tragiche.
Nel caso dei gemelli Kray, la verità si è persa per sempre in cinquant’anni di pettegolezzi e di esclusive sui giornali scandalistici. I due fratelli criminali fanno parte di Londra e del suo folklore. Sono entrati a far parte del pantheon delle celebrità britanniche, sempre al centro di mille storie fiabesche ed esagerate, che non fanno altro che accrescere la loro notorietà. Sono stati raccontati come due gangster psicotici o al contrario come moderni Robin Hood, talmente gentili da fermarsi per tenere la porta aperta alle vecchiette di Bethnal Green. Ogni narratore modifica un po’ la loro storia.
Non fa eccezione nemmeno Brian Helgeland: “Anch’io sono colpevole – spiega – questo film è la mia versione della storia dei Kray: vorrei credere, avendo eliminato gli estremismi, di essere giunto abbastanza vicino alla verità”. Del resto “la prima volta che ho sentito una storia sui Kray – continua- era una bugia, ed è stato il modo più giusto per conoscerli”. Brian Helgeland è entrato in contatto con un mondo in cui era difficile separare la realtà dalla fantasia. Un mondo, quello di Ronnie e Reggie Kray, fatto di verità, bugie, e di tutto ciò che sta nel mezzo.
Nei favolosi anni ‘60, Londra era in assoluto la capitale delle nuove tendenze. Carnaby Street ospitava una girandola di colori e di celebrità, i Beatles incidevano brani storici ad Abbey Road, e la città pullulava di studi di moda, musica, cinema e fotografia. Tuttavia, quest’ epoca aveva anche un lato oscuro: i Kray ne furono i rappresentanti nel loro campo, così come i Rolling Stones lo furono nel campo musicale. Nati nell’East End nel 1933, Ronnie e Reggie erano due gemelli identici (Reggie era il più grande dei due, di circa dieci minuti). Cresciuti sulle strade londinesi, presto diventarono i capi di varie bande criminali, con le mani in pasta in una quantità di loschi affari, fra cui estorsione, rapina e intimidazione.
Dietro la facciata di carismatici proprietari di locali notturni, i due gemelli corteggiavano volti famosi (vennero fotografati dal grande David Bailey), muovendosi nelle alte sfere politiche e sociali e diventando praticamente intoccabili. Non erano solo i padroni della East End, ma di tutta Londra. E non erano solo dei gangster, bensì delle vere e proprie celebrità.
A un certo punto, però, la situazione precipitò. Nel 1966, in un pub di Whitechapel, The Blind Beggar, Ronnie sparò e uccise George Cornell, che apparteneva alla gang rivale di Richardson. L’anno successivo la moglie di Reggie, Frances, si suicidò, lasciando il marito distrutto dal dolore. È un momento chiave: nel film, infatti, Frances diventa la voce narrante della storia, la triste e saggia commentatrice, dall’oltretomba, dei tragici eventi che si verificarono. Qualche mese dopo la morte di Frances, Reggie, durante una festa, di fronte agli occhi di decine di invitati, uccise brutalmente un socio dei Kray, Jack ‘The Hat’ McVitie. La vita dorata dei Kray era finita.
Nel 1968, una lunga indagine della polizia condotta dall’Ispettore Leonard ‘Nipper’ Read, portò al loro arresto e a quello di molti loro soci. I due fratelli furono condannati all’ergastolo per gli omicidi commessi. Ronnie non riacquistò più la libertà: diagnosticato pazzo, trascorse la maggior parte della sua vita presso il Broadmoor Hospital, dove morì a causa di un infarto, nel 1995. Reggie uscì dal carcere nel 2000, per motivi umanitari: si spense sei settimane dopo per un cancro allo stadio terminale. Tuttavia, malgrado abbiano trascorso metà della loro vita in prigione, la leggenda dei Kray non si è mai affievolita.
Intorno ai due fratelli, durante la loro prigionia, è cresciuta una sottocultura che comprende decine di libri sulla loro vita. Fra questi troviamo The Profession Of Violence, scritto da John Pearson, un giornalista che li aveva conosciuti personalmente. Avvertendo l’interesse da parte del pubblico più giovane nei confronti delle famigerate gesta di Ronnie e Reggie, il produttore Quentin Curtis e il suo socio Chris Clark, comprarono i diritti del libro di Pearson.
I produttori hanno deciso di affidare il progetto allo sceneggiatore e regista Brian Helgeland che ha optato per un approccio ‘americano’ alla storia dei Kray: “per me sono due ragazzi di un quartiere disagiato che hanno preso l’unica strada possibile verso il successo, e cioè la criminalità, e questa è senza dubbio una visione molto americana della loro vita”.
Tutte le storie sui gemelli Kray hanno concorso a dare il titolo del film, Legend. Ma Brian Helgeland aggiunge anche un altro curioso motivo: “tra le prime immagini relative ai Kray che mi sia capitato di vedere, c’era una fotografia del carro funebre di Reggie Kray; una composizione di garofani bianchi formava la parola Legend”. Se la storia è scritta dai vincitori, i Kray non saranno mai considerati tali: “questa è la mia storia su di loro, è l’affresco di un luogo e di un’epoca incredibili, ormai scomparsi, che, così come i Kray, fanno ormai parte dell’alchimia della leggenda…”.
“I Kray sono un mito, confinati ai tabloid, demonizzati e fonte di imbarazzo nazionale. I Kray sono diventati leggenda”.
Brian Helgeland