Sabato 30 gennaio sulla piattaforma streaming Streen.org arriva in anteprima Tornare All’Anormalità, un documentario collettivo (realizzato da 9 registi (Priscilla Aguirre Martínez, Lukas Jaramillo e Juan Pablo Patiño, Pauli Gutiérrez Arcos, Stefano Virgilio Cipressi, Xabier Ortiz De Urbina, Andrés Rico, Raíssa Dourado, Diana María González Colmenero) che – attraverso otto storie diverse da otto paesi del mondo – racconta le contraddizioni sociali che, preesistenti al Covid-19, sono esplose con la pandemia. Gli autori e le autrici del documentario devolveranno il ricavato del film a Emergency Ong Onlus, per contribuire all’impegno e alla missione dell’Associazione nella difesa del diritto alla salute per tutti gli individui.
Il documentario
Tornare All’Anormalità non nega e non discute il tema sanitario, ma, partendo da questo, racconta le disuguaglianze economiche, le ingiustizie sociali, l’aumento della violenza domestica, il diritto alla salute negato. Problemi esacerbati dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria, ma insiti in un sistema che ci accomuna tutti, nessuno escluso, da un estremo all’altro della Terra. Partendo dall’Ecuador, il documentario racconta il dramma dei morti di Covid, abbandonati in strada e di chi non ha potuto dare ai propri familiari una degna sepoltura. In Colombia Rosa e Fredy vivono in uno dei quartieri più poveri di Medellín; non temono il Covid, perché per loro la morte, la paura, il chiudersi in casa sono una realtà già conosciuta. E ancora, una riflessione sulla necessità di stare in movimento ci porta in viaggio per il mondo, a partire da un luogo tristemente privilegiato: la Cina nei primi giorni della pandemia.
Attraversando l’Italia, il documentario dà voce agli operai delle fabbriche, costretti a esporsi al contagio durante il lockdown; dalla Spagna racconta la fine dell’idea di cura in famiglia per gli anziani e il business delle case di riposo. In Idaho, negli Stati Uniti, incontriamo un fiero sostenitore del possesso di armi appartenente alla destra americana; mentre in Brasile gli indigeni vengono accusati da Bolsonaro di essere loro stessi gli autori degli incendi della Foresta Amazzonica. Infine dal Messico, segnato dalla ferita sempre più profonda del femminicidio: un elenco di nomi, di date e di luoghi che raccontano il dolore di donne e bambine uccise durante il lockdown.
Gli autori raccontano…
“C’è un panorama apocalittico, una visione macabra, una follia diffusa, che si stende come un velo sul nostro pianeta. Si trova sotto infinite vetrine e insegne luminose. Da più parti grida strazianti, diritti negati da argomenti difficili da sostenere, dignità soffocate. La nostra memoria del mondo non è più una memoria, è un caleidoscopio di dati, numeri, notizie, immagini, eventi tanto importanti che ogni secondo ce n’è uno. Scivoliamo sui fatti come il mouse sulle bacheche dei social. Ecco un’emozione vera, ma subito dopo un piatto di pasta mangiato da chissà chi, chissà dove. Ecco un qualcosa su cui riflettere, ma subito dopo la foto da invidiare, il meme da postare. Un mondo che brilla di star, di gente che ne influenza altra, di vistose, lussureggianti, impareggiabili ricchezze ed ignobili diseguaglianze. Ma stiamo sereni perché dopo la pandemia, cascasse il mondo, che casca eccome, si torna alla normalità. Se ci si è salvati dal virus, poi si salvi chi può da tutto il resto. Ecco il motivo del film, non negare e non discutere il tema sanitario, ma anzi indagare come una pandemia può spegnere qualche insegna luminosa, guardare meglio dentro le vetrine per vedere se il prezzo è giusto“.