Dopo che era stato inizialmente programmato per il 26 giugno, esce oggi al cinema Le Origini del Male, una storia ispirati a veri fatti di cronaca incentrato sullo scontro tra la razionalità della scienza e inspiegabili fenomeni paranormali. La storia è stata scritta da Craig Rosenberg, Oren Moverman e John Pogue che lo ha diretto come regista partendo dalla sceneggiatura di Tom De Ville. Tra gli interpreti, Jared Harris, Sam Claflin e Olivia Cooke. A produrlo è stata la Hammer Films.
Il film narra la storia vera di un gruppo di studenti di Oxford guidati dal Professor Coupland, di cui non si hanno più notizie dal 1974, quando tentarono un esperimento per curare Jane Harper, una ragazza affetta da un male inspiegabile, continuamente abbandonata da tutte le famiglie che l’avevano accolta. Le videoriprese amatoriali che avevano girato sono state nascoste per anni: oggi, a quarant’anni di distanza, finalmente sappiamo ciò che scoprirono. Per la prima volta al cinema il pubblico potrà assistere a un‘esperienza cinematografica oltre ogni immaginazione che li condurrà a una verità sconvolgente. Da questo episodio di cronaca, che finalmente ha una spiegazione, prende spunto un esperimento condotto da un gruppo di parapsicologi canadesi noto come The Philip Experiment.
Lo scopo dell’esperimento era quello di entrare in contatto con un fantasma. Per farlo, i ricercatori dovevano creare l’identità spirituale e renderla il più reale possibile. Così si riunirono e cominciarono ad inventare un background concreto: diedero un nome allo spirito (Philip) e ricrearono i dettagli della sua intera vita e delle azioni che avevano portato alla sua tragica morte. Dopo aver creato l’atmosfera adatta, che ricordava il periodo storico in cui era vissuto Philip, le sedute cominciarono. Dopo un paio di settimane, Philip entrò in contatto con i ricercatori. Le sue manifestazioni non erano in forma fisica, ma il fantasma segnalava la sua presenza alzando il tavolo e facendolo scivolare da destra a sinistra. Ma dal momento che Philip era solo un’identità inventata, a chi apparteneva lo spirito che si era manifestato durante l’esperimento?
È questa la domanda che rivolge al pubblico il regista John Pogue che ha studiato psicologia sperimentale ai tempi del college. Pogue è rimasto attratto dall’epoca in cui si svolge la storia, gli anni ’70, l’età dell’oro per quanto riguarda quelle ricerche sul paranormale che hanno portato ad alcuni esperimenti che hanno dato risultati ancora oggi inspiegabili. Quando i finanziamenti vennero sospesi e i programmi di ricerca continuarono a svolgersi in modo non ufficiale: “Negli anni ’60 e ’70 diverse università, compresa Princeton, avevano iniziato a creare dei dipartimenti di parapsicologia” osserva. “Il nostro film si svolge nel 1974, nel momento in cui l’attenzione per i fenomeni paranormali era al massimo livello. Ho pensato che fosse un’ottima base di partenza per un film horror perché contiene un inquietante elemento di realtà”.
Un realismo rafforzato dall’effetto ‘found footage’ in stile vintage che mostra la storia dal punto di vista di un giovane filmmaker locale assunto per documentare l’esperimento (Sam Claflin di Hunger Games: la ragazza di fuoco), e che è diventato l’approccio scelto da Pogue per il film: “Volevamo realizzare qualcosa che si iscrivesse nella tradizione dell’horror psicologico e d’atmosfera incentrato su un personaggio”, racconta il regista. Le scene di paura sono state girate con la “tecnica tradizionale della vecchia scuola, perché abbiamo cercato di portare il pubblico fino al punto in cui non può sentirsi più sicuro di cosa stia realmente accadendo”, spiega. “All’inizio vedi solo qualcosa di sfuggita, non cogli l’insieme…”.
L’ispirazione per lo sceneggiatore Tom De Ville arriva da “un esperimento condotto a Toronto alla metà degli anni ’70” spiega. “I ricercatori stavano lavorando all’idea che i ‘poltergeist’ potessero essere originati da un’energia emotiva particolarmente intensa e, per dimostrarlo, si erano decisi a tentare di creare un essere soprannaturale sfruttando la loro stessa energia emotiva”. Noto come Esperimento Phillip, il test era stato condotto sotto la guida del dottor A.R.G. Owen, un professore inglese, matematico e genetista, che aveva scritto diversi articoli sui fenomeni paranormali e la telecinesi. Per l’esperimento un piccolo team aveva deciso di dar vita ad un fantasma chiamato Phillip –del quale avevano delineato le fattezze, attribuendogli alcune caratteristiche particolari –e poi avevano cercato di evocarlo usando la concentrazione collettiva e la forza emotiva. All’inizio non era successo niente, ma poi una serie di avvenimenti inquietanti –rumore di colpi e tavoli che si muovevano –avevano convinto il team che un qualche tipo di attività paranormale si stava verificando. Avevano perfino girato un filmino per documentare parte dell’esperimento.
A guidare il team di ricerca che conduce gli esperimenti su Jane Harper c’è il professor Coupland, uno scienziato brillante ma ossessionato dall’idea di dimostrare che i fenomeni sovrannaturali hanno sempre una spiegazione logica. A interpretarlo è stato Jared Harris che, riflettendo sul suo personaggio, ha così riflettuto: “Quando metti in scena questo genere di storie, finisci coll’evocare quel primordiale terrore dell’uomo per il soprannaturale, e la cosa interessante è che nel film questo avviene attraverso un personaggio che fa di tutto per smentirne l’esistenza”.
Una delle prime idee di Coupland è quella di assicurarsi che il suo esperimento venga ripreso, motivo per il quale coinvolge Bryan McNeil. Nella parte del ragazzo cameraman è stato scelto Sam Claflin. Il ragazzo, per Pogue “ha qualcosa di Tom Cruise agli inizi, quando conquistava il pubblico qualsiasi cosa facesse o dicesse”. Al centro degli esperimenti, nel ruolo di Jane Harper, la star emergente Olivia Cooke. Per il regista, la Cooke “ha gli occhi più incredibili che abbia mai visto e non vedo l’ora che anche il pubblico la scopra”.
“Le origini del male è un thriller che si basa interamente sul terrore che nasce dalla psiche che è sempre quello che ci spaventa di più”
Simon Oakes – Hammer Films