Tratto dal romanzo Inganno di Philip Roth, giovedì 28 aprile sarà nelle nostre sale Tromperie – Inganno, il film diretto da Arnaud Desplechin, un adattamento sensuale ed elegante, di sopraffina intelligenza, sull’intreccio tra arte e vita “cruda” e sui misteriosi recessi del desiderio. Il film, che ha come protagonisti Léa Seydoux e Denis Podalydès, è un tributo all’amore che non perde di vista il potere delle parole e la sensualità. Perché per Desplechin il cinema è radiografia esistenziale e sentimentale, un modo di esorcizzare la morte: come dire raccontare per esistere.
Il film
Nella Londra del 1987, il famoso scrittore americano Philip (Denis Podalydès) “esiliato” nella City con la moglie, incontra regolarmente l’amante inglese (Léa Seydoux) – nel suo studio, diventato il loro rifugio e nascondiglio. I due fanno l’amore, litigano e parlano di tutto durante i loro dialoghi tra amanti: di donne, sesso, letteratura, morte, antisemitismo, fedeltà e infedeltà.
Arnaud Desplechin
Lasciamo ora spazio ad un estratto dell’intervista rilasciata da Arnaud Desplechin.
Dietro le sue immagini, Tromperie – Inganno sembra segnare una professione di fede nella finzione in generale e in quella del cinema in particolare…
In effetti, questo film nasce dalla professione di fede. Credo all’intreccio che ci può essere tra arte e vita. Penso che l’arte non valga niente se al suo interno non c’è la vita più cruda, e che la vita non valga niente se non c’è arte per vederne le cose rilevanti. Inoltre, credo nel gioco dello scrittore che sparisce dietro alle sue maschere. Da spettatore, ho sempre intrattenuto un rapporto conflittuale con il cinema realistico e con tutto ciò che rinchiude la gente in una morsa sociale. Tromperie – Inganno è il concentrato di questa posizione. In questo luogo idilliaco che è lo studio dello scrittore tutti i personaggi rivendicano la loro libertà: si rifiutano di essere rinchiusi in una casella. Scelgono la libertà.
Questo studio dello scrittore favorisce l’ascolto e la parola libera, un po’ alla maniera di uno studio di psicanalista…
Lo studio è il cuore del film. C’era una difficoltà: come mettere in scena i frammenti dei dialoghi che Roth ha raccolto senza che lo spettatore si annoi? Come fare in modo che questo testo, che sembra circolare, diventi un racconto, si infiammi e che ogni parola ritrovi la propria forza? Tutto questo necessitava ldi a creazione una messa in scena, e questo impegno mi entusiasmava. Come lo dice la giovane esiliata ceca, nessun personaggio di Tromperie – Inganno si trova al suo posto. Né gli esiliati cechi, né l’amante inglese prigioniera di un matrimonio sinistro, né Rosalie nel suo ospedale… L’unico che abbia trovato il suo, è lo scrittore, nel suo studio, quando scrive o quando ascolta… Ma questo posto ha un prezzo: la solitudine e una forma di austerità. Tromperie – Inganno racconta la storia di persone che si trovano fuori luogo; quest’uomo le ascolta e trascrive le loro parole.
Il suo film si svolge negli anni Ottanta, in Inghilterra ed è girato in francese. Inizia in un teatro, e poi fa vedere scenografie naturali che fanno riferimento a diversi paesi. Quasi come se nel dispositivo stesso, qualche cosa ci invitasse a varcare le frontiere…
Questo testo è un elogio dell’esilio. Ci ho ritrovato la mia attrazione per i paesi dell’Est. Sono cresciuto in un’Europa divisa in due, e non voglio dimenticarlo. Viviamo tutti quanti in mondi molto diversi, separati. Ma possiamo a volte scappare e passare da un mondo all’altro! Il mondo attuale è ancora diviso in due, in mille – gli uomini e le donne, ricchi e poveri, ebrei e non-ebrei, le dittature e il mondo liberale… Lo studio dello scrittore rappresenta tutta l’utopia della psicanalisi: poter conquistare se stesso qualsiasi sia il luogo nel quale si abita. Philip si è autoimposto questo esilio. Ne fa l’elogio, mentre gli altri personaggi, che sono esiliati dal loro paese, o da loro stessi, lo vivono con dolore. Amo profondamente l’idea che sia gioioso distinguere. Per potersi parlare, bisogna distinguere. Quel che è incantato ed erotico, è che la parola si costruisce su di una differenza gioiosamente irriducibile. E quel che è interessante, è il movimento che facciamo tra i due mondi, quello in cui viviamo e quello a cui aspiriamo.
Tromperie – Inganno è probabilmente il suo film più sereno e più tenero…
Probabilmente perché si tratta di un’utopia. Come tutte le utopie, in un certo senso, fallisce, perché lo scrittore americano e la sua amante inglese finiscono per separarsi. Ma poi si ritrovano e riconoscono che sono stati gloriosi. Così l’utopia ne esce trionfante: quest’uomo e questa donna sono riusciti a parlarsi e ad ascoltarsi, in maniera estremamente libera. Si sono conosciuti. Tromperie – Inganno è il ritratto di due eroi. Una donna al bordo del precipizio ad inizio film, una donna in lacrime. Léa ha recitato tutto il film in equilibrio. E ha parlato con un uomo più maturo che, come me, pensa solo alla morte che verrà. Ciò malgrado, sono riusciti insieme a creare frammenti di felicità. Ovviamente, sono mortali, ed è terrificante. Ma il fatto di essere mortali ci offre un regalo infinito: il desiderio. Questo è un film tormentato dalla morte eppure, è un’utopia attraversata dal desiderio.