Dopo Novecento, un altro capolavoro di Bernardo Bertolucci torna al cinema. Ultimo Tango a Parigi (1972), il film italiano più visto di tutti i tempi (con 15.623.773 spettatori) sarà nelle sale il 21, 22, 23 maggio restaurato da CSC-Cineteca Nazionale in collaborazione con Grimaldi Film Productions e Metro-Goldwyn-Mayer Studios, distribuito da CSCP Distribution. Considerato oggi un classico del cinema erotico Ultimo Tango a Parigi fu candidato a due premi Oscar a Bernardo Bertolucci e a Marlon Brando, Nastro d’Argento per la miglior regia – ha segnato un’intera generazione ed è oggi considerato un vero film cult.
Il film
Dopo il suicidio della moglie Rosa, il quarantacinquenne Paul (Marlon Brando), un americano trapiantato a Parigi, sembra avere smarrito ogni ragione di vita. Vagando senza meta per la città, incontra la ventenne Jeanne (Maria Schneider) in un appartamento in affitto, che i due casualmente si trovano a visitare insieme: scatta un’attrazione passionale, e i due sconosciuti hanno un amplesso nell’appartamento vuoto, che prendono come pied-à-terre e tra loro nasce una relazione di sensi nel corso della quale, ignorando tutto dell’altro partner, persino il nome, esplorano a fondo le rispettive sessualità. Jeanne si innamorerà di Paul che però non la corrisponde e la lascia. Fino a quando, capendo invece di provare per lei un sentimento, l’inseguirà sino a una sala da ballo in cui è in corso una gara di tango. Un momento antecedente il tragico finale.
Provocazione, scandalo, successo
Considerato una vera e propria provocazione, in grado di precorrere i tempi, Ultimo Tango a Parigi colpì profondamente gli spettatori, generando entusiasmo ma anche sconcerto e accesi dibattiti con furiose polemiche che portarono alla sua “condanna al rogo”. Il regista subì una sentenza per “offesa al pudore”, con perdita dei diritti civili per cinque anni. Solo nel 1987 il film fu riabilitato e, superate le accuse di oscenità, venne messa in risalto la drammaticità esistenziale, celata dietro l’erotismo esplicito.
Nonostante le numerose vicende censorie, il film ebbe un enorme successo di pubblico (si piazzò secondo negli incassi della stagione 1972-1973) diventando nel tempo il più grande incasso di sempre per il cinema italiano con circa 87 miliardi di lire, record detenuto fino al 1997 con l’uscita nelle sale de La Vita è Bella di Roberto Benigni. Al 2016 il film di Bertolucci risulta essere il film italiano di maggior successo della storia in Italia per numero di biglietti staccati con ben 15.623.773 spettatori paganti. Nel 2002 l’American Film Institute lo ha inserito al 48º posto della lista dei “100 migliori film sentimentali di tutti i tempi”.
La censura
Il 30 dicembre 1972 il film fu sequestrato per “esasperato pansessualismo fine a se stesso”, e successivamente cominciò un iter giudiziario che portò il 2 febbraio 1973 a una sentenza d’assoluzione in primo grado; il film venne dissequestrato e proiettato nelle sale italiane e internazionali. Una prima condanna s’ebbe nel secondo processo d’appello (il primo, sempre con sentenza di condanna nel giugno del 1973, era stato annullato per un vizio di forma) il 20 novembre 1974, e il 29 gennaio 1976 la sentenza della Cassazione, condannò la pellicola alla distruzione; nella sentenza lo sceneggiatore Franco Arcalli, il produttore Alberto Grimaldi, il regista Bernardo Bertolucci e Marlon Brando vennero condannati a due mesi di prigione con la condizionale (pena poi sospesa).
Furono salvate fortunosamente alcune copie che oggi sono conservate presso la Cineteca Nazionale, da conservare come “corpo del reato”. Per il regista ci fu una sentenza definitiva per offesa al comune senso del pudore, reato per il quale fu privato dei diritti politici per cinque anni e fu condannato a quattro mesi di detenzione (pena poi sospesa). Nell’ottobre del 1982 la pellicola fu proiettata a Roma durante una rassegna cinematografica dal titolo “Ladri di cinema”. La proiezione costò agli organizzatori una denuncia, ma alla fine andarono assolti.
La riabilitazione
Con il trascorrere del tempo e l’evolversi dei criteri di giudizio, le scene considerate inaccettabili persero peso nelle valutazioni della critica e del pubblico, mentre emerse e assunse importanza il valore artistico e umano dell’opera. Nel 1987, a distanza di undici anni dalla condanna della Cassazione, la censura riabilitò Ultimo Tango a Parigi, permettendone la distribuzione nelle sale (Bertolucci stesso ne aveva conservato clandestinamente una copia) e in seguito anche il passaggio in TV.
Il restauro
La versione restaurata di Ultimo Tango a Parigi arriverà nelle sale in 158 copie, un numero che è di per sé un primato e un evento, poiché mai prima d’ora era stata programmata una simile uscita per un film d’antan restaurato. Di queste copie una percentuale sarà programmata in lingua originale. Dunque sentiremo Marlon Brando parlare con la sua voce in inglese e Maria Schneider in francese. Bertolucci – che ha accompagnato l’anteprima del film al Bifest nel teatro Petruzzelli con un pubblico entusiasta e acclamante e poi a Milano nella sala Prada – ha espresso chiaramente la necessità e la bellezza di una fruizione in lingua originale. Il restauro del suono, curato da Federico Savina consente di cogliere tutte le sfumature delle voci, i giochi di parole e il suono emozionante e coinvolgente del sax di Gato Barbieri. Il restauro dell’immagine, attraverso un lungo processo iniziato con la scansione a 4k, torna a far risplendere le immagini sullo schermo, grazie al lavoro certosino del tre volte premio Oscar Vittorio Storaro. Il film restaurato dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, ritornerà in sala con CSCP Distribution.
L’Ultimo Tango di Marlon
Nel personaggio di Paul, un americano vedovo e depresso a Parigi, c’è dentro tutto Marlon Brando. Senza metodo, solo nuda anima e nudo corpo. Ancora affascinante e carico di erotismo. Il bullo-duro-invincibile si sgretola come il suo personaggio, senza più difese. Bertolucci tirò fuori la sua parte più intima a tal punto che l’attore per anni si riempì di rancore nei confronti del regista italiano, colpevole di averlo messo troppo a nudo. Anche lui a scoppio ritardato con il film concluso e montato, proprio come la Schneider che mai perdonò la famosa scena del burro (la scena fuori copione che la portarono a stare male per anni).
In Ultimo Tango a Parigi, non vediamo il personaggio ma l’uomo Marlon Brando. Solo e disorientato, come un barbone che girovaga nel nulla. Lo sguardo cupo, con gli occhi che fissano il vuoto e due labbra che non ne vogliono più sapere di sorridere. Un signore dai capelli grigi lontano dallo star system, un uomo che fotte e se ne fotte, adombrato dai tormenti di una vita. Un appartamento sfitto e una ragazza ventenne con cui fare sesso diventano il luogo e il mezzo con cui dare un senso all’esistenza. Quando scoprirà di essere davvero innamorato, si leverà la maschera e si darà un nome, ma sarà ormai troppo, tragicamente, tardi. Il suo ultimo cameralook nel film è di grande intensità: appiccica il chewing gum sul balcone e cade a terra. Come se volesse dire allo spettatore “non me ne vado davvero”.