Film d’apertura della 70esima Berlinale, giovedì 11 novembre nelle nostre sale arriverà Un Anno Con Salinger, il film diretto da Philippe Falardeau tratto dall’omonimo romanzo di Joanna Rakoff. Protagoniste della pellicola sono Margaret Qualley e Sigourney Weaver.
Il film
New York, anni ’90: dopo aver lasciato gli studi di specializzazione universitaria per diventare scrittrice, Joanna (Margaret Qualley) viene assunta come assistente di Margaret (Sigourney Weaver), l’agente letteraria impassibile e un po’ rétro di J.D. Salinger (Tim Post). Joanna trascorre le sue giornate in un elegante ufficio dalle pareti ricoperte di legno – dove regnano ancora i dittafoni e le macchine da scrivere, e gli agenti si addormentano dopo pranzi innaffiati da Martini – e le sue notti in un appartamento di Brooklyn senza neppure un lavello, con Don, il suo ragazzo anticonformista (Douglas Booth). Il compito principale di Joanna è rispondere con un messaggio formale dell’agenzia, alle migliaia di lettere inviate dagli ammiratori di Salinger. Ma leggendo le parole struggenti che giungono all’autore da tutto il mondo, Joanna diventa sempre più riluttante a rispondere con la lettera impersonale dell’agenzia e d’impulso inizia a personalizzare le risposte. Le sue lettere spiritose e commoventi le permetteranno, attraverso la voce del grande scrittore, di scoprire la propria.
Philippe Falardeau
Lasciamo spazio qui sotto ad un estratto dell’intervista rilasciata dal regista Philippe Falardeau.
La biografia di Joanna Rakoff, Un anno con Salinger, rappresenta il suo primo adattamento di un libro per il cinema. Che cosa l’ha attratta di questa storia?
Stavo curiosando in una libreria, e ho preso in mano la biografia di Joanna, attirato dal titolo e dal fatto che l’autrice fosse una donna. Fino ad allora, avevo realizzato film che avessero principalmente dei protagonisti maschili, e stavo cercando un’idea per un film con un personaggio centrale femminile. Leggendo il libro ho trovato la scrittura di Joanna commovente e al tempo stesso divertente nella descrizione dei dettagli. Potevo immedesimarmi in quel momento, pieno di incertezze, in cui dobbiamo decidere che cosa vogliamo fare della nostra vita, quando non siamo ancora completamente consapevoli dell’intera gamma delle nostre possibilità. Un momento in cui tutto è possibile, ma anche in cui tutto sembra al di là della nostra portata.
Qual è stato il suo approccio nell’adattare questa storia? Com’è riuscito a rimanere fedele alla storia di Joanna e al tempo stesso concedersi la libertà creativa come regista?
Sia il libro che il film non seguono il filo di una trama precisa. In un film è necessario che siano presenti dei momenti di tensione e di slancio. Ho inserito dei fatti e degli accadimenti usandoli come strumenti per trasformare la letteratura in cinema. La letteratura può permettersi di avere molto più contenuto e di sostenere temi con tanti livelli di lettura, senza per questo risultare confusa. Permette anche un accesso diretto alla mente del protagonista. Trasformare un libro in un film di solito significa fare delle scelte, creare personaggi dalle tante sfaccettature e trasformare la loro voce interiore in azioni concrete. All’inizio, ho provato a inventare delle scene; ma, stavo raccontando la vita di una persona reale, e volevo restare fedele alla sua esperienza. Ma bisognava usare la finzione per trasmettere le idee e i sentimenti contenuti nel libro. La Rakoff ha seguito tutto il processo creativo leggendo le mie bozze. Ricordo che una volta ci siamo seduti insieme a Cambridge, dopo che avevo steso la seconda o la terza bozza. Le erano piaciute le mie aggiunte e mi aveva incoraggiato a proseguire. Così ha avuto inizio questa divertente collaborazione: più materiale inventato inserivo nella storia, più mi avvicinavo allo spirito del suo libro. Joanna si è rivelata indispensabile anche nella stesura dei dialoghi. L’inglese è la mia seconda lingua, e lei mi ha aiutato a garantire che il linguaggio fosse quello adatto al periodo e a quella generazione.
La trama del libro affronta temi in contrasto tra di loro. Come è riuscito a rendere queste contraddizioni nella sceneggiatura?
Il libro affronta temi contrastanti – la contrapposizione fra letteratura e business, fra successo e privacy, fra il vecchio e il nuovo, fra l’amore e l’ambizione. È stata una vera sfida cercare di affrontare tutti questi argomenti senza appesantire la trama. Sono riuscito a farlo focalizzandomi sulla figura di Joanna, seguendo da vicino il suo personaggio e lasciando che i vari temi si sviluppassero sullo sfondo. Uno di questi temi che ho sentito molto vicino a me era il perenne dibattito sull’arte rispetto al business. Il film presenta il mondo letterario pieno di sfaccettature, e raffigura il processo creativo e quello commerciale delle arti come due processi che sono entrambi necessari e complementari. Noi tutti vogliamo credere che la letteratura sia qualcosa di separato dal commercio ma in realtà non è così. Il suo lato commerciale è molto importante, e questo spiazza Joanna. All’estremità opposta c’è il ragazzo socialista di Joanna, Don, che afferma: “È scrivere che fa di te uno scrittore. Pubblicare è solo commercio.” Questa filosofia priva di compromessi è ingenua; in fondo, non siamo tutti felici che i nostri autori preferiti vengano pubblicati? Gli artisti devono guadagnarsi da vivere. Ma occorre che si venga a creare un equilibrio fra arte e commercio. Ne sono ben consapevole per quanto concerne la cinematografia, e non senza un po’ di frustrazione. Voglio realizzare film senza compromessi, ma voglio anche trovare qualcuno che li finanzi. E voglio che arrivino agli spettatori.
Del film fanno parte anche i racconti di alcuni ammiratori di Salinger che esprimono le emozioni profonde che avevano provato leggendolo.
Il mondo di Salinger viene ricreato attraverso le tante lettere dei suoi ammiratori ricevute da Joanna. Questo è un esempio di come ho dovuto trasformare in cinema la letteratura, e inventare un mondo parallelo per i suoi fan. L’esperienza di lettura di Salinger, raccontata dai suoi ammiratori, è diventata un argomento narrativo centrale che mi ha permesso di legare insieme le varie parti del film. Posso mettermi personalmente nei panni dei suoi fan. Nei momenti chiave della mia vita, ho scritto a registi o scrittori le cui opere mi avevano toccato profondamente. Hanno tutti risposto alle mie lettere, e questo ha avuto su di me un effetto profondo, non tanto per quello che mi hanno scritto, ma perché si sono presi la briga di dare un riconoscimento alla conversazione che l’arte è in grado di evocare.