È legittimo, è pensabile cercare di essere felici, in tempi così complessi, controversi, pieni di paure come quelli che stiamo vivendo? Da questa domanda nasce Indizi di Felicità, il nuovo film di Walter Veltroni che verrà presentato in anteprima in diretta via satellite nei cinema italiani in collegamento dall’Anteo SpazioCinema di Milano il 22 maggio alle 20.30 dal regista assieme a Ilaria D’Amico e Antonio Albanese per confrontarsi, prima della proiezione, sul tema chiave del film e domandarsi che cosa significhi oggi la parola felicità. Il film sarà poi nei cinema anche il 23 e 24 maggio distribuito da Nexo Digital (elenco delle sale su NexoDigital.it).
Indizi di Felicità costruisce delle ipotesi di felicità a partire da persone comuni, dal loro vissuto personale, familiare, professionale: un incontro importante, l’arrivo di una notizia a lungo attesa o un momento di crisi profonda. Perché, anche quando non ce lo si aspetta, la felicità esiste, non è un miraggio, ma una concreta esperienza, vissuta e possibile.
La chiave narrativa del film è quella di un’indagine dal basso sul nostro tempo. Non opinioni dotte sul concetto astratto di felicità, piuttosto indizi, segni di vita vissuta, che il film raccoglie, mettendosi sulle tracce dell’esperienza di felicità. E quest’ultima emerge, semplice e potente, nei racconti di chi l’ha provata, in quel vissuto che dimostra come, da qualche parte, in questo tempo carico di cupezza, la felicità esista.
È possibile essere felici? Esistono esperienze di felicità? Walter Veltroni ha risposto così:
“Da giovani come da vecchi è giusto che noi ci dedichiamo a conoscere la felicità. Per sentirci sempre giovani quando saremo avanti con gli anni in virtù del grato ricordo della felicità avuta in passato, e da giovani, irrobustiti in essa, per prepararci a non temere l’avvenire. Cerchiamo di conoscere allora le cose che fanno la felicità, perché quando essa c’è tutto abbiamo, altrimenti tutto facciamo per averla”.
Sono le parole della lettera di Epicuro a Meneceo.
“Quali sono le “cose che fanno la felicità”? Non esiste una felicità che comprenda una vita intera. La felicità esiste anche perché esiste il dolore. La felicità non è mai uno stato permanente. È una condizione che non ha tempo. Può essere una giornata, un mese, un istante. Può essere un’esperienza vissuta o un pensiero. Può essere una rinuncia o persino l’eclissi del suo opposto, il dolore”.
“La felicità è relativa, relativa alla condizione sociale, anagrafica, psicologica, umana di ciascuno. La felicità è una farfalla, non uno scoglio. Vola, non sta. Vorrei trovare la felicità vissuta e quella raccontata, quella immaginata e quella perduta. Cercheremo le persone che possano raccontarci esperienze di felicità, quei momenti unici nei quali si è sentita la pienezza delle possibilità della vita. Luoghi, risultati, amori, scoperte, conoscenze, sorprese, passioni, appagamenti estetici”.
Umberto Eco ha scritto:
“La questione è che la felicità, come pienezza assoluta, vorrei dire ebbrezza, il toccare il cielo con un dito, è situazione molto transitoria, episodica e di breve durata: è la gioia per la nascita di un figlio, per l’amato o l’amata che ci rivela di corrispondere al nostro sentimento, magari l’esaltazione per una vincita al lotto, il raggiungimento di un traguardo (l’Oscar, la coppa, il campionato), persino un momento nel corso di una gita in campagna…”.
“Ma nel racconto ricorderemo che “la felicità è reale solo se viene condivisa” come scrisse Chistopher McCandless, il protagonista di Into the Wild. La felicità propria può persino vivere in quella degli altri. Le persone che sono state felici ci racconteranno quella loro esperienza nei luoghi in cui l’hanno vissuta. Luoghi la cui visione sarà importante per la struttura narrativa del film. Come lo saranno anche dei siti abbandonati: monumenti di una felicità vissuta e perduta o semplicemente, possibile”.