Dopo una calorosa accoglienza alla 68ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia del 2011, dove si è aggiudicato il premio Queer Lion, conquistando pubblico e critica, arriva oggi nelle sale italiane Wilde Salomé, adattamento cinematografico della più controversa opera di Oscar Wilde, una libera sperimentazione tra cinema e teatro scritta, diretta e interpretata da Al Pacino. Nel cast, tra gli altri, Jessica Chastain, Kevin Anderson, Roxanne Hart, Estelle Parsons, Barry Navidi, Joe Roseto, e con la partecipazione straordinaria di Merlin Holland (unico nipote di Oscar Wilde), Bono (che al film regala anche il brano Salomé, eseguito proprio dagli U2), Gore Vidal, Tom Stoppard, Tony Kushner.
Salomé è il più controverso lavoro di Oscar Wilde. Questa brillante storia di lussuria, avidità e vendetta, racconta la leggenda del Re Erode, del suo folle e perverso desiderio per la giovane figliastra Salomé, innamorata, a sua volta, di Giovanni Battista. Attraverso una libera sperimentazione tra cinema e teatro, Al Pacino filma e racconta un’ossessione personale: con Wilde Salomé riprende i preparativi, le prove e la messa in scena di questa affascinante e controversa opera teatrale, e parallelamente cerca di costruire un quadro completo del noto scrittore irlandese, sia come persona che come artista. Per farlo, si reca nel deserto del Mojave, in Irlanda e nel Regno Unito, facendosi aiutare da alcune guest star come Gore Vidal e Bono Vox, pronti a discutere di Wilde e della sua opera più scandalosa.
Al Pacino porta al cinema la propria versione teatrale di questa controversa opera, e a tal proposito dichiara: «Wilde Salomé è un esperimento, è il mio tentativo di fondere l’opera teatrale e il cinema. I due linguaggi possono quasi stridere, essere in contrasto tra loro, la mia speranza è di averli amalgamati al meglio. Fare in modo che questo ibrido funzioni è stato il mio obiettivo: unire tutta la qualità fotografica del cinema a quell’essenza dell’acting che è propria del teatro».
Pacino descrive le difficoltà e i problemi derivati dalla doppia sfida di mettere in scena il dramma a Los Angeles e di partecipare alla scoperta di una nuova stella, Jessica Chastain, nel ruolo di Salomé. Tenta anche, con grande impegno, di comprendere il bisogno, la necessità di Oscar Wilde, di esprimere qualcosa di assolutamente diverso rispetto a quanto scritto fino a quel momento; soprattutto, cerca di portare sul grande schermo un insolito e sorprendente viaggio dentro il cuore e l’anima del grande capolavoro dello scrittore britannico.
A vent’anni da “ooking for Richard, Al Pacino prende nuovamente per mano lo spettatore, accompagnandolo in un viaggio di ricerca, questa volta non solo per scoprire tutte le sfaccettature dell’opera e del suo personaggio principale, l’obiettivo è andare oltre, incontrare Wilde e allo stesso tempo mostrare sé stesso. A tal proposito Pacino afferma: «Salomé è un lavoro che conosco molto bene. So di non poterla affrontare soltanto come un dramma teatrale, non catturerebbe del tutto ciò che penso dell’opera, per questo ho voluto farne un film. Ho pensato a un progetto in cui s’intrecciano la vita di Wilde, la vita del dramma e la mia vita alle prese con la sua realizzazione».
Vi presentiamo ora di seguito un estratto dell’intervista rilasciata da Al Pacino.
Da dove nasce l’interesse per la Salomé di Oscar Wilde?
Quindici anni fa, in Inghilterra, ho assistito alla produzione di Steve Berkoff. È stata la cosa più straordinaria, potente, bella, mai vista in tanti anni. Mi ha colpito moltissimo. La cosa buffa, è che non sapevo fosse stato Oscar Wilde a scriverla… non era il Wilde che conoscevo, famoso per alcune delle più grandi commedie mai realizzate. Interpretai l’opera con Robert Ackerman a New York, al Circle in the Square, con grandiose scenografie, ricchi costumi e trucchi di scena, fu un’esperienza davvero creativa. Nel 2003 la rappresentai ancora a Broadway, con Marisa Tomei, lei è stata grande, ballò magnificamente, ma anche dopo questa rappresentazione non riuscivo a fare a meno di pensarci, volevo conoscere meglio Oscar Wilde. Quando iniziai questo progetto non avevo un piano, avevo una passione, e non sapevo esattamente cosa farci con tutta questa passione. Oscar Wilde è un genio, ma è anche un uomo che si è emarginato, dal resto del mondo e dal suo tempo, messo a dura prova dalla vita. Perché mai mi sono andato a identificare con questo autore non lo so, ma l’ho fatto. Qualcosa mi ha fatto riconoscere in lui, credo sia che rischiò tutto per saltare nell’ignoto…
Può dirci qualcosa riguardo Erode, il personaggio che interpreta?
Mi piacciono le sfide e quello di Erode è un ruolo importante: esprime qualcosa che non trovi normalmente in un film. È un ruolo classico, scritto in versi, non è una di quelle parti in cui la gente immagina di vedermi. Negli anni ho provato a interpretare questo tipo di personaggio, l’ho fatto ogni volta che se ne è presentata l’occasione.
Come è stato recitare un dramma, filmare le scene in un teatro di posa e dirigere il documentario del progetto, tutto allo stesso tempo?
Ero ossessionato da questa storia, completamente immerso nella scoperta di Oscar Wilde e in tutto quello che questo dramma ci dice di lui. Così, decisi di filmare ogni cosa che accadeva nella mia vita, come se fosse collegata all’opera e al teatro, provando a mettere in sequenza la rappresentazione scenica. Sono diventato matto per fare tutto questo in un anno e mezzo. In un documentario si fanno le cose d’istinto, ed è proprio così che ho fatto, e mi sono divertito molto. Gli spettatori vedranno una parte di me che non conoscono, vedranno tutto quello che ho voluto mostrare di me, ho cercato di essere il più onesto possibile nei loro confronti. Anche se il progetto teatrale e il documentario sono finiti, Oscar Wilde continua ad affascinarmi, non è un libro chiuso, è ancora qui, nella mia mente. Ecco perché il film finisce come finisce. Un po’ come se facesse parte di un ciclo…
Come si può paragonare Wilde Salomé a Looking for Richard, quali sono le differenze più importanti tra questi due lavori?
Tutti conoscono Shakespeare, tutti ne hanno sentito parlare e conoscono il suo lavoro, tutti hanno un’immagine precisa di chi fosse questo autore. Quando parli di Oscar Wilde, invece, la gente chiede “Oscar chi?”, mentre chi lo conosce non ha una visione completa di tutto quello che gli è successo nella vita…
Cosa vorrebbe che gli spettatori si portassero dietro da questa esperienza?
Se dopo la visione del film il pubblico pensasse: “Dovrei leggere di più Oscar Wilde, è interessante, voglio conoscerlo meglio”, per me sarebbe il più grande successo. Oppure mi piacerebbe che lo spettatore si chiedesse: “Chi è quella ragazza che interpreta Salomé?”. Il suo nome è Jessica Chastain. È stata fantastica, ha rappresentato il suo personaggio semplicemente in modo ideale, quasi celestiale, senza di lei non avrei potuto fare Salomé. Vorrei anche che gli spettatori scoprissero un lato di me inedito, quasi fossero testimoni diretti di tutto quello che abbiamo affrontato per mettere insieme questo progetto; vorrei apprezzassero il viaggio artistico che ho voluto condividere con loro, lo sforzo per cercare di capire la complessità di Wilde e della sua opera. Questa non è una storia raccontata attraverso una tradizionale rappresentazione e non è neanche un semplice documentario, è qualcosa che abbiamo sperimentato. Proprio come gli attori in scena, anche il pubblico dovrà credere in me, affidarsi e credere nel progetto, lasciando che sia io a guidarli in questo viaggio.