Basato sull’articolo “Game Brain” scritto da Jeanne Marie Laskas, pubblicato da GQ. Scritto e diretto da Peter Landesman arriva domani al cinema Zona d’Ombra, un thriller drammatico con protagonista Will Smith.
Il film racconta la storia di Bennet Omalu (Will Smith), il neuropatologo che cercò in ogni modo di portare all’attenzione pubblica una sua importante scoperta: una malattia degenerativa del cervello che colpiva i giocatori di football vittime di ripetuti colpi subiti alla testa. Durante la sua ostinata ricerca, il medico tentò di smantellare lo status quo dell’ambiente sportivo che, per interessi politici ed economici, metteva consapevolmente a repentaglio la salute degli atleti.
“Sono sempre dalla parte delle gole profonde, di quelli che rivelano Ia verità, della gente che si scontra con il sistema, insomma, le storie di Davide contro Golia – dice Peter Landesman – l’idea che quest’uomo possa dire la verità, la nostra verità, la verità su di noi, su una cosa che amiamo, è poetica e sorprendente. Tutto quello che voleva fare era essere americano, dire la verità e lavorare bene”.
“Al centro di questo film c’è un uomo che rivela la verità su uno sport con cui non ha alcuna relazione, ma deve far conoscere queste informazioni dolorose a un gruppo di persone da cui lui desidera essere accettato”, aggiunge Will Smith. Proprio come il dottor Omalu, un immigrato dalla Nigeria, che voleva diventare americano, e la cui scoperta provoca una vera e propria sollevazione contro di lui e il tentativo di danneggiare la sua reputazione in tutti i modi.
“Dal mio punto di vista, in questo percorso non penso al football: mi concentro su Bennet, sul dolore e il trionfo della storia di un immigrato che arriva in America, soffre quello che ha dovuto soffrire lui e alla fine ottiene soddisfazione, tutti riconoscono che quello che ha detto è vero”, continua Smith. “Guardo a questo film come alla fine di un capitolo per Bennet, un uomo nato durante un raid aereo in Nigeria, sua madre venne colpita da una granata mentre lo stava partorendo. Partire da quel momento, passare attraverso tutte le sofferenze del far conoscere questa storia al pubblico americano e poi vedere questa stessa storia raccontata in un film di Hollywood credo sia un bell’esempio di eroismo”.
Per lo scrittore e regista Peter Landesman, il film parla di cose che vanno molto al di là del football: “Il football professionista è più di uno sport. Più di un business. È una istituzione nazionale. La posta in gioco è enorme – a livello culturale, sociale ed economico. E come ogni enorme business, ci sono forti interessi che spingono perché vada avanti, a ogni costo. Quando il dottor Omalu compie una scoperta che minaccia non solo il solito business, ma la struttura stessa del gioco – i colpi, la violenza – questi interessi cominciano a muoversi e a farsi sentire. Ma il dottor Omalu era concentrato solo sulla verità e lo spirito di chi era morto, quindi era determinato a far conoscere i fatti. Spero che il film faccia la stessa cosa. La posta in gioco non poteva essere più alta”.
Dopo aver individuato i traumi cerebrali cronici negli sportivi, il dottor Omalu ha pubblicato le sue scoperte e si aspettava una discussione seria su come rendere più sicuro il modo di praticare lo sport. E invece si è ritrovato, insieme alla sua famiglia, al centro di un attacco violento e di una campagna di discredito da parte di alcuni dei maggiori e più potenti ambienti sportivi: “anche se sono passati ormai dodici anni, ancora non riesco a credere quanto sono stato coraggioso e audace in quella ricerca – dice Bennet Omalu – per dodici anni sono stato attaccato e ferito. Quel documento era molto idealista, ma non c’è nulla che non sia stato confermato da ricercatori indipendenti. Non l’ho fatto per me, ma per i giocatori”.
La storia del dottor Omalu è stata raccontata ampiamente in un articolo di Jeanne Marie Laskas pubblicato dalla rivista GQ: “lei ha parlato di me come di un essere umano. Ricordo infatti che allora tutti i media parlavano di me in modo negativo – ero l’alieno che lavorava per distruggere lo stile di vita americano. Quell’articolo ha determinato una svolta, improvvisamente la gente ha iniziato ad aprire la mente e il cuore a ciò che dicevo”. Il dottor Omalu esegue il suo lavoro con profondo rispetto per la dignità di colui che è morto. “Sono cattolico”, dice, “e la mia fede insegna che quando un corpo muore, lo spirito, l’anima iniziano una vita eterna. Io credo che lo spirito sia sempre con noi, come lo spirito di Dio è con noi. Quindi parlo con i miei pazienti, non verbalmente, ma nel mio cuore”.
“È amore e luce, salvare delle vite e migliorare la vita degli altri”.
Bennet Omalu